che

l'argentino

di Steven Soderbergh

con Benicio Del Toro, Catalina Sandino Moreno

di Anna MANFREDINI

 

26/30

 

Il Che secondo Steven Soderbergh è soprattutto “un uomo nato con una volontà di ferro” che trova un sosia ai limiti dello scambio di persona nel sempre superbo Benicio del Toro (che in questo caso veste anche i panni del produttore). Alla fine dei conti, questo resterà pur sempre il film per eccellenza dell’attore portoricano, un po’ della serie Ben Kingsley con Ghandhi, se non fosse che Del Toro ha già avuto e continuerà ad avere una carriera più che brillante. Che CHE - L’Argentino non sia la fiaba semplice di come un dottore argentino appena trentenne sia finito sulle t-shirt degli adolescenti di tutto il mondo in nome di Cuba, lo si può facilmente immaginare  scorrendo la filmografia di uno dei registi più interessanti del panorama cinematografico mondiale. Soderbergh ama sfidare la cinepresa più della storia in sé e per sé.  Ernesto Che Guevara non è altro che un pretesto per mettersi alla prova, e uscirne decisamente vincitore.

La prima parte di questa impresa si chiama appunto CHE - L’Argentino (il secondo e ultimo capitolo va sotto il nome di CHE - Guerriglia e uscirà il primo Maggio sempre sotto la BIM distribuzione) e racconta l’ascesa del Che, dal primo incontro all’Havana nel ’55 con Fidel Castro, interpretato dall’impertinentemente bravo Demiàn Bichir, fino alla vittoria definitiva su Batista nel 1959.

Nel mezzo Soderbergh decide di raccontare cosa significhi combattere una guerra che un giorno sarà ricordata come leggenda: significa passare da dieci a ottanta combattenti ai propri ordini, estrarre proiettili a compagni feriti e auscultare civili che non hanno mai visto un medico in vita loro , scoprirsi leader ma accettare di essere incomprensibilmente declassati in nome della rivoluzione. E vedere morire ogni giorno i propri compagni, lasciarli bruciare in un campo, giustiziarli senza pensarci troppo su a causa dei loro crimini spacciati per rivoluzione.

Il tutto è narrato senza l’ombra di un giudizio, senza il minimo sentimentalismo, perché alla fine il Che era un idealista che aveva da pensare alla revolucion più che a Catalina Sandino Moreno. Nessuno dice se i pensieri espressi dal Che durante il suo soggiorno negli Stati Uniti per l’intervento all’’ONU del ‘64, trait d’union dell’intera opera, siano condivisibili o meno, se ciò che è stato fatto sia stato giusto o sbagliato: sicuramente non si tratta un film sulla non violenza. Ma la rivoluzione secondo il Che è guidata da grandi sentimenti d’amore, e questo lo si coglie da scene come quella in cui si ferma a parlare in cucina a New York con la domestica cubana, con la più grande dolcezza e umiltà,  dalle scene in cui combatte assieme ai suoi compagni con rabbia e passione, dai frammenti di intervista in cui racconta gli ideali nel nome dei quali si è battuto.

Su una cosa in particolare Soderbergh ha più che ragione:  il film non sarebbe stato lo stesso senza la RED (“Girare con la RED è come ascoltare i Beatles per la prima volta”), cinepresa digitale ad alta prestazione, che pesa solo quattro chili e mezzo e gli ha permesso di seguire il Che come se fosse lui stesso un compagno pronto a dare la vita per Cuba.

Girato quasi interamente solo con luce naturale, si riesce a sentire sulla pelle il sole imperterrito della Sierra Maestra, si sentono i muscoli stanchi dal camminare, se ci si impegna un po’ si può sentire l’aroma del sigaro del Che nella sala.

Forse l’interpretazione di Del Toro non meritava il premio per la Miglior Interpretazione Maschile al Festival di Cannes 2008, anche se nessun altro avrebbe potuto essere più credibile di lui nei panni del Che, forse quattro ore di biografia sono tante, anche se sapientemente suddivise in due capitoli, forse non sarà il film di Soderbergh che sbancherà di più il botteghino , ma sarà sicuramente nella triade di quelli per cui passerà alla storia.

 

28:03:2009

Che: Part One
Regia di Steven Soderbergh
Stati Uniti 2008, 130'
DUI: 10aprile 2009
BIM

Biografico