HARVARD MAN
di James Toback
con Sarah-Michelle Gellar e Eric Stolz

Forse oggi il sistema per sfruttare diverse formule sicure, ma proprio per questo a rischio di noia, è quello di legarne le radici e - in termini più strettamente cinematografici - fondere i generi da cui provengono.
HARVARD MAN, che segna una nuova continuità produttiva nel cinema di James Toback (l'anno scorso, proprio qui a Torino, avevamo visto il suo BLACK & WHITE) è, da questo punto di vista, un lavoro esemplare ed un esempio perfetto. Per commistionare i filoni serve, prima di tutto, un grande lavoro in fase di sceneggiatura: il film è ambientato ad Harvard (college movie: amori, apparenze da conservare, segreti tollerati) e proprio dalla storia tra la più classica delle cheerleader e il capitano della squadra di basket prende il via un apparente intreccio da film gangster. Soldi e ragazze (sintetizzati alla perfezione in una delle inquadrature centrali): elementi - come insegna molto cinema all'AMERICAN PIE o, per altri versi, THE SKULLS - che funzionano sempre, ma che difficilmente, da soli, bastano a fare qualcosa capace di più profondo di PORKY'S. Ma fare i soldi facili non è possibile, causa FBI, anche se tutti hanno un vizio, polizia compresa, e per evitarne le conseguenze anche la legge ha un peso piuttosto relativo. Toback, allora, ha calato nel suo mondo fatto di donne meravigliose (insegnanti e poliziotte incluse) e ricerca di un successo rapido, una vicenda che - come molte altre pellicole di AMERICANA (FAUST di Yuzna, il Ferrara di 'R-XMAS, HEDWIG di Cameron Mitchell) e della retrospettiva ROMERO - si basa in fondo sull'ossessiva ricerca di un vita diversa, migliore, da parte dei protagonisti o, in sintesi, di una seconda identità. Un percorso che poi giunge anche a percorrere strade da commedia pura, nel momento in cui il giovane Alan Jensen sceglie un quanto mai improbabile ricorso a dosi massicce di LSD (altro tema ricorrente, almenop nella versione USA del Torino Film Festival), aprendo la strada ad un uso semplice (economico) e funzionale di un effettistica deformante (alla PAURA E DELIRIO A LAS VEGAS), chiave delle sue soggettive su un mondo che, in fondo, appare non molto più distorto di quanto non sia in realtà.
E' un cinema, questo, che con difficoltà troverà da noi uno spiraglio distributivo (BLACK & WHITE ha trovato, solo da poco, un ritaglio DVD) ma che in fondo, crediamo avrebbe non poche possibilità di raggiungere un certo pubblico, proprio in ragione della capacità cui facevamo cenno di reinventare alcuni capisaldi, senza tuttavia rinunciare ad una certa ricerca testuale e soprattutto visiva.

Voto: 28/30

Andrea DE CANDIDO
18 - 11 - 01


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