THE GOLDEN BOWL
di James Ivory
con Uma Thurman, Nick Nolte e Anjelica Huston



Amerigo (Northam), principe italiano decaduto, e' innamorato di Charlotte (Thurman) - la quale vive ospitata da ricche famiglie - ma sposa per convenienza Maggie (Beckinsale), il cui padre e' un ricco collezionista americano. La passione del principe per Charlotte viene cosi' tenuta nascosta fino a quando lo suocero (Nolte) la sposa. La situazione precipita lentamente ed inesorabilmente.
James Ivory torna su di un romanzo dello scrittore americano Henry James, a distanza di 16 anni da "I Bostoniani", abbandonando il suo diletto Forster, e lo fa con il solito garbo. Il film mantiene pressoche' lo stesso ritmo misurato per tutta la durata, forse temendo di macchiare di tinte troppo vive un'armonia pacata ma sublime. Lo stile sobrio, di un minimalismo che va oltre la classicita', continua la tradizione delle produzioni Merchant-Ivory e non tradisce lo stile rarefatto ed evanescente a cui e' improntata l'ultima fase letteraria jamesiana. Gli attori danno ottima prova di se', soprattutto Anjelica Huston nei panni della confidente di Maggie.
Regista americano da sempre attratto dalla cultura europea, Ivory sceglie uno scrittore americano che con quel tipo di cultura dovette confrontarsi, in vita, nel suo lavoro di corrispondente artistico. Ecco spiegato l'emergere di quella cultura da "coneisseur" nel personaggio di Adam, nelle opere del suo museo americano in progettazione ed ha il suo coerente controtipo iconologico nelle scelte cromatiche della pellicola, persino simboliche, nelle luci (grazie alla fotografia di Pierce-Roberts), nei costumi, nelle scenografie, con precisi e non casuali rimandi pittorici. Su questi vorrei soffermarmi. Non tanto sulle ragioni della loro scelta nel romanzo, ma su come essi vengono trattati nel film, in modo visivo. In particolare, si distinguono due modi di raffigurare: un primo legato alla cultura rinascimentale, positiva, di Adam e ad una dominante blu-grigia nelle scenografie, un secondo legato al peccato ed alla colpa di Charlotte, con rimandi ai Veneziani del '500, agli Spagnoli del '600 e a Fuessli, come dire la cultura del Sublime inglese e del tardo- settecento di Goya, a partire dalle ascendenze anti-classiche dei veneziani. In piu', echi Jugendstil e l'uso del colore rosso.
Cosi' abbiamo un incipit da pathos operistico, in cui i riverberi luminosi e le nere cortine d'alcova rimandano alle tragedie sheakspeariane dipinte da Fuessli, e alle gia' citate reminescenze. La stessa scena ritorna, ripresa diversamente e con una luce piu' spiccatamente seicentesca, caravaggesca, intorno alla meta' del film. Un affresco seicentesco fa da sfondo alle vicende del castello inglese, ma compare soltanto a sottolineare i momenti di tensione coniugale tra Nolte e la giovane moglie, e ricorda curiosamente gli affreschi nella villa d'Alseno del film "Senso" di Visconti (il cui inizio, ancor piu' curiosamente, e' al teatro d'opera!). Veniamo ai costumi: quando Charlotte appare piu' spregiudicata e provocante (nella sequenza della festa) o trama perfidamente, ha l'abito orlato di rosso vivo. Ancora, al precipitare delle cose nella parte finale, quando gli amanti colpevoli si ritrovano al museo delle cere, una parete rosso fuoco incornicia a tutto schermo il volto di un tetro manichino spaurito. Come non notare, infine, che il dramma sembra prendere una strada troppo scoscesa quando si profila una partenza per acquistare un dipinto di Goya? Oltre a cio', dobbiamo notare i tendaggi Jugendstil nella scena del balletto esotico-erotico, come nelle illustrazioni di Beardsley per la Salome' di Wilde, ma con un colore alla Whistler. E di Whistler e di Boldini ritrattisti ci sono i dosaggi dei colori negli interni. Gli esterni, soprattutto quelli della tenuta italiana di Amerigo, ricordano piuttosto la solarita' di Silvestro Lega a fare da sfondo a Maggie. Mentre la Thurman in giardino, verso il finale, e' ripresa tra colori e tralci viminei Jugend. La coppa d'oro del titolo, invece, reperto bizantino, non puo' che essere legata ad un'idea di decandenza, ed infatti assurge ad oscuro talismano negativo che incrina le coscienze torbide.
Per concludere, il colore e soprattutto la pittura rivestono in questo film un valore altamente simbolico, una sorta di museo famigliare che si accresce di passioni e di speranze, cosi' come di opere da collezionare, e Henry James di collezioni d'arte se ne intendeva. Adam, americano con la passione per la cultura europea, diviene quasi l'alter ego di Ivory, cosi' come rispecchiava la cultura cosmopolita di Henry James. Da vedere.

Voto: 28/30

Roberto RICCO'
23 - 08 - 01


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