Indubbiamente più interessante che bello,
I guardiani della notte è
comunque un ottimo esempio di come riproporre classici archetipi (confinanti
con schemi logori) sotto una luce inusuale ed affascinante. La pellicola
rilegge il tema dell’epica lotta tra il Bene e il Male mettendo in scena la
tregua millenaria tra le forze della Luce e quelle dell’Oscurità. Questa
tregua, vuole la profezia, sarà sciolta con la nascita un ‘eletto’. Il
bambino dovrà scegliere a quale fazione accostarsi e con la sua decisione
romperà l’equilibrio del conflitto. In una Mosca dall’atmosfera tecnologica
e alienata, in mezzo a cittadini ignari di tutto, riprende il millenario
conflitto.
Più che l’intreccio o i personaggi, ciò che più colpisce è l’estrema
visionarietà di certe sequenze, e l’ostinata (a volte, forzata) caparbietà
con la quale il regista ed i produttori non hanno rinunciato a stratificare
la pellicola di seconde letture che, metaforicamente, alludono a contesti
politici e sociali.
Il regista (già responsabile, tra l’altro, dell’avventuroso
Gladiatrix, prodotto dal
celebre Roger Corman) confeziona, in Russia, il caso cinematografico
dell’anno: la pellicola frantuma il record di qualsiasi pellicola
precedentemente prodotta nella ex repubblica sovietica, arrivando a
incassare sedici milioni di dollari e rappresentando il primo caso di horror
fantasy. In cantiere, com’è naturale, c’è il terzo ed ultimo episodio
Dusk Watch, mentre la Fox
International ha già acquistato i diritti del secondo capitolo
Day Watch, che verrà
ampiamente distribuito in tutto il mondo. Oltre alla capacità di
rappresentare un prodotto realizzato con un basso budget (raccolto peraltro
tra più di quaranta piccole società) capace di essere competitivo sul
mercato, I guardiani della notte
cattura l’attenzione (e quindi anche gli incassi) proponendo concetti
familiari in una chiave non banale, mettendo in evidenza l’esistenza di un
pubblico pronto a recepire vicende narrate con schemi non lineari,
azzardati, insomma con meccanismi che la Hollywood odierna rifugge sempre
più. Sintomatici dovrebbero apparire i numerosi remake orientali che la
Mecca del cinema statunitense sta sfornando: invece che distribuire,
preferisce fagocitare e ri-confezionare gli horror che fanno tanto tendenza,
rendendoli però più commestibili (quindi privandoli di qualsiasi ambiguità
che una certa cultura porta con sé) al pubblico occidentale. Molti registi
orientali, inoltre, trasmigrano verso gli Stati Uniti indubbiamente
invogliati dai compensi. Speriamo di non dover subire, quindi, l’ulteriore
remake de I guardiani della notte,
rischiando così di doversi chiedere sempre più spesso se ciò che viviamo (al
cinema) sia il frutto dell’ennesimo artificiale dejà vu.
Voto: 25/30
04:11:2005 |