da 62ma mostra del cinema di venezia

Goodnight and Good Luck
di George Clooney
 

Con George Clooney, Jeff Daniels, Robert Downey Jr.

e con Patricia Clarkson, David Strathairn
 

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile
Osella per la migliore sceneggiatura
 

di Federica FERRARI

 

Grigio. Good Night and Good luck è un film grigio.
Grigio come la sintesi del bianco e nero della pellicola scelta, grigio come le parole sbiadite dagli anni che separano l’oggi del regista dal ricordo del 1953, grigio come l’approccio di chi sa avere e sostenere una visione del mondo alternativa al dualismo radicale.
 

Grigio è lo stile del montaggio, volutamente retrò, come la tecnica di narrazione, fattuale e rigorosa, in ordine fondamentalmente cronologico, se escludiamo la chiosatura circolare che unisce inizio e fine inscrivendo la dieresi in una struttura circolare.
E grigia è la modalità di approccio al messaggio. Il plot ruota attorno al personaggio di Edward R. Murrow (David Strathairn), figura cult del giornalismo americano agli albori della televisione, e ne segue di pari passo l’accesa dialettica che lo vede protagonista durante l’apice del maccartismo. Murrow, nonostante i preludi della caccia alle streghe del senatore Tom Mc. Carthy (Palmer Williams) non si fa intimidire e anzi ne approfitta per gettare un po’ di benzina sul fuoco…ma la sfida di Good night Good Luck va ben oltre gli intenti di un ‘biopic’, evidentemente osando l’obiettivo di attaccare il bersaglio del potere mediatico della televisione senza cadere vittima degli stessi vizi. Ecco forse una ragione in più di una scelta registica così rigorosa da essere al limite dell’asetticità.

Il grigio dei colori richiama il ricordo di un’epoca che appartiene ai ricordi d’infanzia del regista e attore e va di pari passo con un montaggio retrò. La fotografia riflette i toni di una narrazione senza pathos. Ma tutto questo sembra rispondere a ben precise motivazioni che vanno ben oltre una pura questione di scelta stilistica.
Se da un lato infatti la pellicola e il montaggio insieme all’andamento della narrazione vogliono riportarci nel vivo del 1953, il fatto che il film sia così apparentemente scevro di impatto emotivo sembra aver a che vedere con un più ambizioso obiettivo comunicativo: l’asetticità si contrappone a una retorica che sfrutta la paura, come il grigio è la terza via non inesplorata in chi impone al suo pubblico la rigidità dell’aut aut. Lo stile grigio di Good Night and Good Luck è in polemica con chi per convincere accende gli animi, nel nome di un valore dell’informazione e del rigore dell’argomentazione in un’epoca in cui si sfrutta la paura per schierare le idee. In altri termini è un attacco a un certo tipo di propaganda ben teso ad evitare di assumerne i vizi. E il grigio è anche in polemica con chi impone divisione e esclusione, grigio come la posizione di chi sa avere e mantenere una visione alternativa alla netta divisione del mondo in bianco o nero, di chi di fronte a un discorso manicheo sa esimersi dall’aut-aut, pren
dendo una posizione di mezzo che rischia la condanna di entrambi gli schieramenti, col coraggio di mantenere il proprio punto di vista. Perché “inchiesta” è diverso da persecuzione, come dissenso non significa per forza mancanza di lealtà, come tra il persuadere e il manipolare passa una sottile quanto sostanziale differenza.

In questo senso il grigio perde allora la connotazione di retrò per diventare attuale: se il programma di Murrow vuole mettere in guardia l’opinione pubblica dalle discutibili tecniche investigative di Mc Carthy, Clooney vuole fare riflettere sui rischi della comunicazione mediatica e forse mettere in guardia rispetto a un certo tipo di abuso della comunicazione. Insidiosità della tecnica investigativa va di pari passo con la tendenziosità degli argomenti, in un’epoca che non sembra poi così lontana dalla nostra, quanto al panorama politico americano degli ultimi anni, basti pensare alla decadenza che sembra attraversare la retorica politica contemporanea, in preda al fascino degli artifici pubblicitari e nelle mani della bomba mediatica.

Un film così apparentemente retrò diventa allora stilisticamente tanto più attuale, ora che il realismo è passato di moda, l’oggettivismo non è più una criterio plausibile e anche un genere come il documentario, che per eccellenza sarebbe deputato all’aderenza fattuale perde ogni ambizione al realismo a favore di una rivisitazione che sempre più porta a confondere i limiti tra realtà e rappresentazione. Un film così di primo impatto scevro di impatto emotivo diventa allora intelligentissimo in vista della profondità del messaggio.

Se poi pensiamo alla posizione “dietro le quinte” di Fred Friendly (George Clooney), quasi sempre di spalle, al limite dei criteri classici della fotografia di scena, il grigio sta anche a rappresentare la classe del regista attore che si ritaglia un ruolo allo stesso tempo cardine rispetto al plot (direttore del giornale) ma di minima presenza scenica rispetto alla realizzazione.

Quel grigiore, che forse disturba il fruitore più empatico, alla luce delle implicazioni viste rispetto alle esigenze del messaggio, in seconda analisi va a costituire non solo una possibile chiave di lettura ma anche la classe di livello del film.
 

Voto: 28/30

05/09/2005

 

Tutte le recensioni di Venezia 2005

GOOD NIGHT AND GOOD LUCK
Regia: George Clooney
Anno: 2005
Nazione: Stati Uniti d'America
Data uscita in Italia: 16:09:2005
Genere: Drammatico