FILS DE DEUX MERES O LA COMMEDIA DELL'INNOCENZA 
di Raul Ruiz

Massimo Bontempelli è uno scrittore tra meno frequentati anche dai lettori italiani, spesso perfino sconosciuto. A portarlo sullo schermo ci ha pensato il cileno trapiantato in Francia Raul Ruiz, i cui trascorsi cinematografici lo rendevano, sulla carta, forse il più adatto a tentare una riduzione filmica di quello stile particolarissimo noto come "realismo magico". Ruiz - in lungometraggi come Le tre corone del marinaio (1982), o i recenti TREVITE E UNA SOLA MORTE (1996) e GENEALOGIA DI UN CRIMINE (1997) - ha sempre cercato di oltrepassare l'aspetto piattamente descrittivo alla ricerca di qualcosa, a volte di inquietante, nascosto oltre la superficie delle cose. Un'operazione sempre rischiosa - e a volte infatti non riuscita - che si ripete anche in FILS DE DEUX MERES, OU COMEDIE DE L'INNOCENCE dove, già al livello del titolo, ricompare un numero superiore all'unità, a suggerire una possibile partizione della realtà in gioco. Due sono infatti le madri del piccolo Camille: oltre a quella naturale, un giorno egli afferma di averne un'altra, che in effetti dimostra di conoscere bene e di frequentare con regolarità. Teatro dell'esplorazione ruiziana di mondi paralleli diviene allora il rapporto madre/figlio, dove la prima è troppo impegnata per curarsi del piccolo che, a modo suo, trova il sistema di vendicarsi.
FILS DE DEUX MERES è un lavoro che ricorderemo soprattutto per un'atmosfera sempre ai limiti dell'onirismo, e che Ruiz bene riesce a sostenere nel far vivere ai suoi protagonisti una situazione vicina al paradosso quasi fosse la più comune. Il resto lo fanno gli eleganti ambienti altoborghesi e gli interpreti, Isabelle Huppert su tutti, in quello che è ormai il suo - anche se un po' invadente - ruolo-tipo. Interessante poi è come la rottura di tale incantesimo avvenga grazie ai video amatoriali girati dallo stesso Camille in quanto, per contrasto con quelle raffinate che ritraggono (ma in un certo senso sono) la realtà diegetica, tali immagini appaiono più reali, e dunque portatrici di verità. E in un simile contesto esse assumono anche lo stesso ruolo e significato delle parole che spesso i bambini pronunciano e alle quali, nella vita di tutti i giorni, non sempre, per leggerezza, si dà il giusto peso.

Voto: 26/30

Andrea DE CANDIDO
17 - 08 - 01


::: altre recensioni :::