FACTORY GIRL

di George Hickenlooper

con Sienna Miller, Guy Pearce

di Ambra ZEFFIRO

 

26/30

 

Il biopic sembra essere sempre più di moda in America e il regista Gorge Hickenlooper si cimenta nella biografia della musa di Andy Wharol: l’attrice Edie Sedgwick.
La storia è quantomai nota e narra di come la giovane ereditiera californiana sia arrivata a New York, abbia conosciuto Andy Wharol e sia presto diventata un’icona della cultura pop americana.

L’epilogo del film è ovviamente tragico, infatti si chiude con la sua morte prematura, causata da un’overdose di eroina.
Fin qui è tutto vero, fatti realmente accaduti. Il problema sorge nel momento in cui si cerca di capire non solo il personaggio principale ma anche il suo rapporto con Andy Wharol.
Sembra che il regista pensi che l’artista pop trattasse Edie come uno dei suoi barattoli commerciali, senza informarsi a fondo sulla ricerca di Wharol. Viene completamente tralasciata la critica che quest’ultimo fa alla società americana e lascia intendere che la colpa della fine della protagonista sia la superficialità dell’artista.. In realtà Wharol vedeva in lei un’opera d’arte e con lei portava avanti una ricerca della quale conosciamo tutti la valenza. La causa della morte dell’attrice fu la sua fragilità ed incapacità di accettare la fine di un periodo ricco e che le regalò un grande successo (argomento ancora oggi comune ed attuale).
La descrizione dell’attrice, inoltre, mi sembra un po’approssimativa. Alcuni passaggi fondamentali della sua vita, come le molestie subite in infanzia e l’esperienza della clinica psichiatrica, vengono solo accennati per favorire la rappresentazione di un ambiente artistico che si basava sull’uso della droga. Unico accenno all’arte della Factory si ha quando viene intervistato il capostipite del movimento, che spiega il loro modo di fare cinema e di svelarne i meccanismi nascosti.
Per il resto la sceneggiatura racconta le vicende per immagini, fotografie e scene brevissime; anche la scelta delle citazioni mi sembra un po’ scontata e di facile coinvolgimento emotivo.
Inoltre, la descrizione di New York mi arriva in modo poco approfondito. Dov’è tutto il fermento di quegli anni? E le rivoluzioni culturali, artistiche e politiche? La Grande Mela era una coprotagonista di quel periodo, non un contorno sbiadito.
Il quadro che emerge della Factory è essenzialmente negativo, cosa che personalmente non condivido. è vero che c’era la droga ma non era la cosa principale. Si stava facendo la rivoluzione della modernità e si sollevavano questioni che ancora oggi appaiono rilevanti. Questa è la lezione della cultura pop, ma nel film non c’è traccia di tutto ciò.
Wharol viene descritto come una povera marionetta incapace di provare nulla. Dov’è la sua follia creativa, il suo genio, la sua fragilità?
La scelta di uno stile che richiami i documentari di quegli anni, mi appare invece idonea e vincente.
Sembra di vedere un film che sta tra un quadro pop ed un videoclip e la sensazione che lascia è di assistere ad una mostra di Wharol accompagnato da Edie.
Buona è anche la colonna sonora che, insieme ad una sofisticata ricostruzione della tendenza estetica pop, rende il film godibile ma appesantito da troppe descrizioni di abuso di droga.

07:12:2007

Factory Girl
Regia: George Hickenlooper
Stati Uniti 2006, 91'
DUI: 23 novembre 2007

Genere: Drammatico