DER SHONE TAG
di Thomas Arslan

DER SHONE TAG racconta la giornata, forse con un velo di tragica ironia definita come "un bel giorno", di Deniz, una vntunenne berlinese qualunque che aspira alla carriera di attrice, ma che al momento lavora come doppiatrice. La giornata si svolge nella dinamica di una triste banalità quotidiana: una vita qualunque in un posto qualunue. Deniz dopo il lavoro incontra il suo ragazzo, Jan, con il quale è in rottura, un ragazzo che appare dalla personalità debole e dallo spirito poco più che miserabile; un'ultimo litigio motivato dal logorio del rapporto più che da circostanze significativamente compromettenti è l'occasione per lasciarsi. Deniz partecipa ad un provino per un ruolo da attrice protagonista: l'esaminatore le chiede di raccontarle qualcosa. Lei improvvisa una storia personale che non ha nulla di interessante. La storia finisce, Deniz è congedata e l'esito della prova rimane incompiuto. Tornando a casa conosce Diego alla stazione della metropolitana. Tra loro nasce un piacevole dialogo che si spegne quando Diego rivela di essere legato ad una ragazza che l'indomani sarebbe tornata da lui dopo un anno in America.
Deniz incontra anche sua sorella che dice di essere incinta; vorrebbe liberarsi del bambino per evitare che la maternità compromettesse la sua carriera professionale appena iniziata.
Una quotidianità fatta di rapporti inspiegabilmente difficili, di insoddisfazioni professionali e di scenografie familiari piatte e irritanti. L'atmosfera ha un tono basso, noioso, ripetitivo. Solarità o melodramma sono rigorosamente banditi. Deniz si sposta da un luogo all'altro con un passo moderatamente veloce, che viene riproposto in modo quasi ossessivo nel racconto; la caratterizzazione ambientale è trascurata e le scenografie, seppure dignitosamente decorate e colorate sono il luogo della normalità: non arricchiscono la composizione dell'immagine, non danno enfasi alla storia, non suggeriscono significati altri.
Un film veramente minimale dove l'espoliazione del dramma non genera una reazione d'impatto come nei film di Kaurismaki o Bresson, ma sintonizza la narrazione sulla frequenza di un annullamento della finzione. La realtà viene presentata nella sua forma più vera e tradisce la tristezza di rapporti umani lontani dall'idealità romantica. Verso il finale un dialogo, decisamente troppo didascalico, tra Deniz ed una insegnante conosciuta in un bar , tenta di riflettere sull'amore e sui rapporti umani. L'amore ideale è un concetto tipocamente romantico; prima i rapporti erano motivati soltanto dal bisogno di sicurezza. Oggi ci sono troppi contatti, troppi imput relazionali, troppe possibilità d'incontro, che rendono il sogno una necessità e l'insoddisfazione una condanna.

Voto: 23/30

Mirco GALIE'
04 - 01 - 02


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