DER
SHONE TAG racconta la giornata, forse con un velo di tragica ironia definita
come "un bel giorno", di Deniz, una vntunenne berlinese qualunque che
aspira alla carriera di attrice, ma che al momento lavora come doppiatrice.
La giornata si svolge nella dinamica di una triste banalità quotidiana:
una vita qualunque in un posto qualunue. Deniz dopo il lavoro incontra
il suo ragazzo, Jan, con il quale è in rottura, un ragazzo che appare
dalla personalità debole e dallo spirito poco più che miserabile; un'ultimo
litigio motivato dal logorio del rapporto più che da circostanze significativamente
compromettenti è l'occasione per lasciarsi. Deniz partecipa ad un provino
per un ruolo da attrice protagonista: l'esaminatore le chiede di raccontarle
qualcosa. Lei improvvisa una storia personale che non ha nulla di interessante.
La storia finisce, Deniz è congedata e l'esito della prova rimane incompiuto.
Tornando a casa conosce Diego alla stazione della metropolitana. Tra loro
nasce un piacevole dialogo che si spegne quando Diego rivela di essere
legato ad una ragazza che l'indomani sarebbe tornata da lui dopo un anno
in America.
Deniz incontra anche sua sorella che dice di essere incinta; vorrebbe
liberarsi del bambino per evitare che la maternità compromettesse la sua
carriera professionale appena iniziata.
Una quotidianità fatta di rapporti inspiegabilmente difficili, di insoddisfazioni
professionali e di scenografie familiari piatte e irritanti. L'atmosfera
ha un tono basso, noioso, ripetitivo. Solarità o melodramma sono rigorosamente
banditi. Deniz si sposta da un luogo all'altro con un passo moderatamente
veloce, che viene riproposto in modo quasi ossessivo nel racconto; la
caratterizzazione ambientale è trascurata e le scenografie, seppure dignitosamente
decorate e colorate sono il luogo della normalità: non arricchiscono la
composizione dell'immagine, non danno enfasi alla storia, non suggeriscono
significati altri.
Un film veramente minimale dove l'espoliazione del dramma non genera una
reazione d'impatto come nei film di Kaurismaki o Bresson, ma sintonizza
la narrazione sulla frequenza di un annullamento della finzione. La realtà
viene presentata nella sua forma più vera e tradisce la tristezza di rapporti
umani lontani dall'idealità romantica. Verso il finale un dialogo, decisamente
troppo didascalico, tra Deniz ed una insegnante conosciuta in un bar ,
tenta di riflettere sull'amore e sui rapporti umani. L'amore ideale è
un concetto tipocamente romantico; prima i rapporti erano motivati soltanto
dal bisogno di sicurezza. Oggi ci sono troppi contatti, troppi imput relazionali,
troppe possibilità d'incontro, che rendono il sogno una necessità e l'insoddisfazione
una condanna.
Voto: 23/30
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