THE DEPARTED

di Martin Scortese
Con Jack Nicholson, L. Di Caprio

film, regia, sceneggiatura

non originale e montaggio

di Marco GROSOLI


Come ormai tutti sanno, si tratta del remake “compresso” del ciclo hongkonghese di Infernal Affairs, passato attraverso tre capitoli dritto nel cuore di moltissimi appassionati di cinema asiatico (e non).
Ogni raffronto col bilancino in mano di matrice e copia è più che mai inutile e da evitare, in questo caso. Diciamocelo: ci troviamo davanti a una storia prettamente occidentale, ossessivamente cattolica, e di rimando, perciò, molto molto irlandese. Una simmetria schiacciante tra Damon, criminale di ghiaccio brillantemente infiltrato nella polizia, e Di Caprio, poliziotto “impuro” infiltratosi egregiamente nelle file della malavita; simmetria riverberata anche ai piani alti, tra il megaboss Jack Nicholson in perenne cerca di figli putativi e un Martin Sheen capo della polizia e “padre” per eccellenza. Colpa e coscienza, ordine e trasgressione, si abbracciano inestricabilmente.
Altro errore da evitare: raffrontare The Departed alle scatenate girandole di Goodfellas e Casinò. Certamente, il barocchismo sfrenato e compiaciuto dello stile del film viene dritto da quelle opere, ma ha una ragion d'essere diversa. Non si tratta più di correre fianco a fianco con il diavolo e con la sua accattivante voce over alla cui retorica il film vendeva l'anima. Si tratta invece di materializzare nello stile il compiacimento “amorale” di vedere vanificata la sottile linea di demarcazione tra “bene e male” (per semplificare), e danzare con la macchina da presa sull'orlo di questo abisso tendendosi all'estremo, cioè fino al capovolgimento finale.
Ovvero: laddove ci si aspetterebbe lo scontro epico tra Damon e Di Caprio, bene vs male, Di Caprio muore per una pallottola vagante, il pathos si sfiata fino ad azzerarsi e lascia spazio a una glaciale ragnatela di eventi, un freddissimo regolamento di conti entro cui lo stesso Damon nell'ultima scena finirà triturato. Una rivoluzione copernicana dell'assetto del film (preparata poco prima dall'anticipazione significativa che è la morte in sordina di Nicholson, cui Damon non concede un briciolo di afflato patetico, ma lo schiaccia praticamente come uno scarafaggio) che corrisponde nientemeno che all'avvicendarsi fatale di Morale ed Etica (già centrale per esempio in Gangs of New York). La Morale, che è tradizionalmente un principio soggettivo, si incarna appieno nello scatenato impazzare della soggettività registica a briglia sciolta, “amorale” solo apparentemente, perché si basa appunto sulle ceneri dell'asse bene/male comunque imprescindibile; al culmine di questa prassi, irrompe di colpo l'Etica, che è un principio oggettivo di regolamento sociale, sovrapponibile in pieno col freddo gioco di dare/avere delle vendette che chiudono silenziosamente il film.
Scorsese insomma ci illude che l'amoralità sia quella gioiosa girandola che si beffa del Bene e del Male fino quasi alla fine del film, solo per buttarci addosso il contrario vero della morale (che in sé e per sé è squisitamente “cattolica”), che è il freddo regno deterministico dell'etica. E lega le due cose in modo talmente stretto che non ci è dato di poter scegliere dove meglio stare (Damon o Di Caprio? Etica o Morale?): l'identificazione diventa impossibile, la soggettività deraglia, e per questo verso la fine è direttamente convocato da alcune inequivocabili citazioni (la doccia) Psycho, che è il film dell'identificazione impossibile per eccellenza.

 

Voto: 30/30

02:12:2006

The Departed
Regia: Martin Scorsese
USA 2006, durata 149'
Data uscita in Italia: 27:10:2006
Genere: Drammatico