DECISIONE RAPIDA
di Sergei Bodrov
con V. Mashkov e Jennifer Jason Leigh



Difficile definire la nuova fatica di Sergei Bodrov Jr. che, dopo l'esordio di grande rispetto e sicura ambizione di SORELLE, al Festival di Venezia 2001, si arena come cetaceo in secca su questo pasticcio sconclusionato che non supera, se non nei desideri del regista, il livello di piattezza di una soap di scarsa fattura. Dialoghi scontati e risibili, zeppi di luoghi comuni come il vaso di Pandora lo era dei mali del mondo, intrisi di simboli e metafore presuntuose e saccenti, vengono sposati con immagini artatamente costruite senza alcuna onestà intellettuale né contenuto che le supporti, con la violenza di chi vuole imporre al pubblico la propria personale visione della corruzione e del compromesso, spacciandola per dogma. La festa di capodanno organizzata da Oleg a Malibù è l'occasione per la casta dei russi nuovi pluri milionari, di mondare un passato di delinquenza ed affari sporchi epurandolo col disinfettante di soldi e potere, l'occasione per integrare nella realtà delle ville di Los Angeles un Impero tentacolare che affonda le sue radici nella mafia e trae linfa vitale dalla droga. La famiglia di Oleg ha sempre rinnegato la provenienza illegale della ricchezza del suo rampollo ma non ha mai fatto nulla per allontanarsene o rifiutarne i vantaggi. La mollezza dei sensi e l'assuefazione della morale al tanfo della corruzione che fa dei valori solo beni da commercializzare al pari di qualunque altra cosa sensibile, hanno reso la varia umanità presente al party volgare feccia che gravita nella dissoluzione dei sensi e dei sentimenti, senza energia né speranze, nell'orbita di attrazione dell'unico caposaldo riconosciuto come tale: Oleg. Il giovane, d'altro canto, è stanco della sua vita di lotta ed ipocrisia, di violenza e missione, e vuole operare l'abdicazione del suo potere in favore del fratello minore Alex proprio in occasione della festa che riunisce la famiglia e gli amici. Ma anche il potere, come ogni fardello, ha bisogno di spalle solide ed ampie su cui riposare e quelle di Alex si rivelano, da subito, ben fragili ed inadeguate al difficile incarico delegatogli. Oleg è stanco, vuole sostegno e riposo, non chiede che di appoggiarsi su coloro che ha sempre nutrito e curato; Oleg è in pericolo: sa bene che i suoi soci in affari vogliono eliminarlo perché pesce troppo grosso per rinunciare al gioco; Oleg è saturo di violenza e mondo mercenario, non crede più in nulla, non vuole andare avanti in una vita che è solo riflesso senza corpo né consistenza dell'apparenza dell'essere. La festa non va come previsto: frustrazione ed infelicità emergono strisciando dal subconscio offuscando l'ostentazione di ricchezza e divertimento e rendendo lamentose le note di allegra musica latina suonate dall'orchestra che anima il party. La mattina seguente, tra i postumi della sbornia e gli scarafaggi che banchettano tra gli avanzi abbandonati, il sapore della realtà è acido come un rigurgito e qualsiasi povera cosa sembra migliore e più sana del mondo venduto e comprato che Oleg possiede. Forse è per questo che quando questo boss spietato vede Lisa, la disinfestatrice chiamata a bonificare la casa, proietta su di lei, sulla sua sciattezza e gli occhi tristi di chi non ha nulla perché tutto ha perso compresa la speranza, il suo anelito di candore credendola, con tutta la volontà, il soffio pulito capace di spazzare l'immondizia dalla sua vita. Confidare nella donna sarà l'errore fatale di Oleg ma, dopo un epilogo di involontaria comicità in cui le parole poco hanno a che fare con le spontanee reazioni di chi si trova minacciato da un'arma, l'unica considerazione positiva su Oleg è che lui sapesse perfettamente quale fosse il suo destino e lo avesse scelto consapevole che una sveltina consumata con passione pur con la persona sbagliata valeva comunque la stanchezza di un'esistenza trascinata come un peso.

Voto: 16/30

Elisa SCHIANCHI
19 - 05 - 02


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