“Se li prendi da piccoli le possibilità sono infinite”.
Basandosi su questo semplice, lineare concetto, lo spietato
malavitoso Bart (Bob Hoskins) è riuscito ad “allevare” il suo personale
ed efficientissimo cane da guardia Danny. E fin qui non ci sarebbe nulla
di strano, se non fosse che Danny è un essere umano (Jet Li): segregato
in una cella sin da bambino così da non subire le influenze del mondo
esterno, addestrato come un vero e proprio cane da combattimento, Danny
viene portato in giro dal suo padrone (nel vero senso del termine) solo
quando questi ha un problema con qualche debitore inadempiente.
Con addosso il collare, si comporta come un cagnolone un po’ ottuso, con
lo sguardo perso nel vuoto; ma basta che Bart glielo sfili e Danny si
trasforma in un una macchina da guerra. Pensate alle potenzialità di un
pitbull esperto di arti marziali…
Ma ecco che un giorno – proprio quando il suo padrone si era reso conto
di poter sfruttare la sua bestia negli incontri di lotta clandestina -
un incidente non propriamente incidentale lascia Danny in balìa della
città. O meglio, di un anziano accordatore di pianoforti cieco (Morgan
Freeman), da lui già incrociato in precedenza, che decide di soccorrerlo
e di portarlo nella casa dove vive insieme alla figliastra diciottenne
Victoria (Kerry Condon), bruttina ma di buon cuore come il patrigno Sam.
I due decidono di “adottare” il cucciolo smarrito e di rieducarlo con
una cura a base di affetto e pianoforte. Danny sembrerebbe finalmente
aver trovato la famiglia che non si ricorda di avere mai avuto, ma il
suo padrone è duro a morire (e a quanto pare in questo film gli
incidenti d’auto non ammazzano proprio nessuno) e soprattutto è poco
disposto a rinunciare alla creatura che con tanta cura ha allevato.
Sotto l’egìda di Luc Besson, che ha firmato la sceneggiatura di DANNY
THE DOG, Louis Leterrier è riuscito a confezionare un film
stilisticamente ineccepibile, visivamente accattivante, di sicuro un
netto passo avanti rispetto al suo precedente THE TRANSPORTER. Elemento
chiave del film, non solo da un punto di vista narrativo, è la musica:
la colonna sonora dei Massive Attack contribuisce in maniera
determinante a costruire l’atmosfera a volte cupa e violenta della
vicenda, lasciando però trasparire nei momenti giusti quello spiraglio
di dolcezza che potrebbe salvare Danny dal suo destino di schiavitù
psicologica.
La sceneggiatura, a dire il vero, non sempre regge, e i combattimenti
mozzafiato rischiano con il procedere del film di farsi eccessivi;
tuttavia Besson e Leterrier riescono nell’intento di “mettere lo
spettatore in fase” con le vicissitudini di questo personaggio innocente
come solo un animale può esserlo, il che porta in conclusione a
soprassedere sulle pecche di scrittura e a lasciarsi coinvolgere dalla
narrazione. E dopotutto, non è proprio questa la finalità di un buon
racconto cinematografico?
Voto: 27/30
17:06:2005 |