CYPHER
di Vincenzo Natali
Con: Jeremy Northam, Lucy Liu

di Riccardo FASSONE


Terminato nel 2002, ma sbarcato in Italia solo ora, Cypher, secondo lungometraggio del regista canadese Vincenzo Natali, richiama in parte l'estetica asettica e vagamente razionalista del debutto The Cube, ma non ne ricalca il minimalismo a livello di sceneggiatura. Diretto con mano ferma e graziato da intuizioni visive notevoli, The Cube sarebbe stato un mediometraggio meraviglioso, ma l'eccessiva tendenza involutiva della sceneggiatura ed il finale dilatato e confuso ne avevano fatto un lungometraggio poco più che discreto. Alle prese con una storia più sostanziosa e complessa (addirittura troppo, forse), Natali ha la possibilità di dare fondo al proprio talento per rendere giustizia a personaggi interessanti e tematiche che, seppur piuttosto sfruttate, si prestano a molteplici interpretazioni. La vicenda vede Morgan Sullivan, ligio family man, assumere una nuova identità per prendere parte di un progetto di spionaggio industriale al servizio della Digicorp, azienda leader nelle comunicazioni informatiche. La storia del nostro Sullivan, ottimamente interpretato da Jeremy Northam, viene srotolata con mano sicura da Natali, che evita, almeno nei primi quarantacinque minuti, di dare allo spettatore troppe certezze sul reale ruolo del protagonista nella vicenda, lasciando spazio a momenti esteticamente appaganti (come il notevole campo lungo sulla sede della Digicorp) e ad una caratterizzazione degli ambienti piuttosto convincente. Con l'infittirsi delle trame e lo svelamento dell'identità di Rita, alias Lucy Liu, la piacevole atmosfera sospesa di cui è pervasa la prima tranche di pellicola lascia spazio a situazioni a metà tra lo spionistico ed il cyberpunk, che certamente alzano il tenore cinetico del film, ma mettono da parte certe considerazioni degne di nota sulla spersonalizzazione del protagonista accennate nella prima metà del film. La natura fantascientifica dell'opera permette una certa dose di aleatorietà nella spiegazione delle relazioni di causa/effetto previste dalla trama, ma in questo frangente Natali calca troppo la mano, lasciando lo spettatore privo di appigli nel bel mezzo di una sceneggiatura complessa, nella quale le dinamiche di relazione tra i personaggi cambiano con estrema rapidità. Pur glissando su qualche dovuta spiegazione, il regista si occupa con particolare zelo del protagonista, dirigendolo ottimamente anche quando è intrappolato in un turbinio di identità e ricordi, o pseudo-tali, sottomesso ad una volontà immanente e, quasi si trovasse in una condizione affine a quella dello spettatore, costretto ad attendere il dispiegamento degli eventi. All'atto di ribellione di Sullivan di fronte a questa passività coatta corrisponde la risoluzione della pellicola, in un finale che, come già accaduto con The Cube, non risolve ogni dubbio ma ipotizza una spiegazione alla problematica relativa all'identità avanzata nella prima parte del film. Volendo perdonare al regista qualche difficoltà nel risolvere la parte centrale della storia, oggettivamente piuttosto intricata, Cypher segna un passo avanti rispetto a The Cube, confermando la solidità di Natali dietro alla macchina da presa anche a fronte di un soggetto che, per ramificazioni di sceneggiatura e complessità dei personaggi, poteva risultare poco adatto alla poetica del canadese.
 

Voto: 26/30

02.06.2004

 


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