Un
grigio impiegato immobiliare che non riesce a trovare la casa per una coppia
in via di sfacelo tenta vanamente di approcciare una cattolicissima collega
che gli dà videocassette con cattolicissime trasmissioni televisive che a un
certo punto finiscono e diventano film porno. La medesima cattolicissima
signora fa da badante a un ferocissimo vecchietto a cui fa prendere un colpo
mediante, ovviamente, uno spettacolino a luci rosse.
Come da migliore tradizione dell'ultimo Resnais, tutti questi e altri
personaggi sono inestricabilmente intrecciati da relazioni più o meno
casuali. Il gioco di ultrateatralizzare un plot fino a farne una grafica
astratta di rapporti e di relazioni, come già in altre opere del Maestro si
accompagna all'astrazione scheletrica dello spazio, alla scomposizione
rigida, spigolosa degli elementi in gioco. Questo per dar vita al paradosso
(cattolicissimo) di uno spazio che, come e più di un Inferno rovente, divide
e separa gli esseri umani, ma perversamente li riunisce.
Il film amministra un'autopsia freddissima dello spettacolo, che si spinge
al di là del suo estremo, che sarebbe il Porno in quanto spazializzazione di
ciò che eccede lo spazio, solo per arrivare alle due incredibili scene di
tenerezza finale, in cui la sorella, maturata con la propria uguale e
contraria esperienza negativa, riabbraccia il fratello "porcone" (quello
allupato dalle vhs della collega) dopo averlo odiato quando lo aveva colto
in fragrante. O quando l'ambigua impiegata/badante prende la mano del figlio
del vecchiaccio da cui lo ha "liberato" e si mette a nevicare dentro casa:
quella stesse neve che ha dato corpo alle mille dissolvenze che nel film
marcavano il passaggio da un blocco-scena a un altro. L'agente della
separazione è lo stesso della ricongiunzione, e Resnais, tra i maggiori
teorici del montaggio del dopoguerra, non può che saperlo. La sua regia a
blocchi, fatta fra l'altro anche di nette cesure a livello scenografico,
riesce nel miracolo di fare della tenerezza una questione di spazi e non di
psicologia. E così, l'occhio di Dio che scruta il set dall'alto può
dolcemente planare sulla terra e scoprirsi blocco tra i blocchi, in barba a
Von Trier (o Haneke) che rigettando i blocchi resnaisiani si finge Dio per
giocare a nascondino con gli spettatori una partita che è già scritta in
partenza.
Voto: 28/30
02:09:2006
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