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Evidentemente
non basterebbe a nessuno chiamarsi Stanley Scorsese o Roman Coppola per
potersi dire regista. Perché il figlio di Francis Ford si porta addosso
proprio questo nome-condanna e, con piglio masochistico, lo gioca al tavolo
di un esordio da cinephile ingenuamente citazionista, zeppo di rimandi
anche troppo espliciti ad un'age d'or del cinema e delle coscienze:
il passaggio dai '60 ai '70, viaggiando tra Roma e Parigi. Registi di fantascienza
in crisi, freschi auteurs tra esistenzialismo e nouvelle vaugue,
cloni di icone dell'epoca [Giannini che rifa' spudoratamente Dino De Laurentis]
non ci aiutano a capire dove voglia arrivare Roman col suo pastiche.
Non rinunciare a niente è il tipico difetto dell'esordiente, ma in questo
caso i suggerimenti paterni, cosi utili alla più accorta Sofia, avrebbero
dovuto condurre a più miti consigli. |
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Gabriele FRANCIONI |
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