THE CONTENDER
di Rod Lurie
con Jeff Bridges, Gary Oldman e Christian Slater

THE CONTENDER è un thriller politico avvincente, compatto e ben strutturato in quasi tutte le sue parti. Il film denuncia apertamente i pesanti giochi di potere che animano buona parte della politica americana e lo fa attraverso una struttura filmica precisa, scorrevole ed efficace. Il merito è soprattutto di una sceneggiatura da manuale basata su ricerche accurate: Rod Lurie ha un passato come giornalista di cronaca, nonché temutissimo critico cinematografico per la KABC Radio a Los Angeles. La sua esperienza giornalistica nel mondo dello spettacolo è alla base del libro Once upon a Time in Hollywood, dove Lurie si occupa degli scandali e dei delitti realmente accaduti a Hollywood. Con THE CONTEDER il regista descrive, senza malizia, i retroscena del mondo politico post-clintoniano e ripercorre il complesso processo di valutazione a cui è sottoposto un aspirante vice-presidente negli Stati Uniti. Nelle elezioni indirette il candidato, scelto dal presidente, deve passare attraverso una commissione che ne giudica l'integrità e la competenza: il film è una riflessione su tale modalità di giudizio secondo il motto biblico: " Non giudicare se non vuoi essere giudicato". Il risultato è una pellicola girata essenzialmente in interni (tribunali, uffici, la Casa Bianca) popolati da personaggi eleganti che si rassomigliano tutti nei loro abiti scuri, nei volti puliti ed ammiccanti: uno spaccato interessante sulle dinamiche sotterranee del potere. THE CONTENDER mostra le tappe attraverso cui si costruisce un impeachment a sfondo sessuale ed è un chiaro riferimento al caso Lewinski; Lurie si schiera apertamente a fianco dei Democratici, cosicché nel film la parte dei "cattivi" è incarnata da Rebubblicani e conservatori. Probabilmente sarebbe stato impossibile fare un film del genere senza prendere nettamente posizione, in questo caso il regista porta avanti una campagna a favore delle pari opportunità, dell'aborto e contro la pena di morte: ciascuno è responsabile, ma non colpevole delle sue scelte. In particolare il film mostra come le trasgressioni sessuali di una donna, la protagonista, siano tuttora più colpevolizzate rispetto a quelle di un uomo. Diversamente dagli europei, gli americani danno molto peso all'integrità morale di un personaggio politico la cui immagine mediatica, così come la sua vita privata, vengono sezionate e giudicate da un pubblico moralista ed impressionabile. Si tratta di una società complessa, dalle mille contraddizioni, che spesso si aggrappa ad un capro espiatorio per non cadere nel baratro; probabilmente non è un caso che la direzione del festival abbia voluto proiettare, nella stessa giornata, THE CONTENDER e PARADISE LOST, il bellissimo documentario di Joe Berlinger sulla brutale uccisione di tre bambini in Arkansas.
Per affermare i temi forti e scottanti del film Lurie si è avvalso di un cast di attori eccezionale: Jeff Bridges nei panni di un presidente bonaccione che adora giocare a bowling e mangia sandwiches di squalo a tutte le ore, mettendo a dura prova i nervi del suo cuoco personale. Il repubblicano bacchettone è magistralmente interpretato da un irriconoscibile Gary Oldman, affiancato, per l'occasione, dal sempre affascinante Christian Slater. Lurie confessa di aver costruito il film attorno a Joan Allen, l'attrice protagonista, che alcuni ricorderanno come edulcorata casalinga in PLESANTVILLE; il regista dimostra di nutrire grande fiducia nelle capacità della Allen affermando addirittura che: "E' come se rendesse puro tutto ciò che viene a contatto con lei ". Eppure, a mio parere, è proprio questa ricerca di una purezza a tutti i costi che finisce per spaccare il film in due rendendolo incoerente e buonista. Nella prima parte, infatti, la protagonista afferma stoicamente il suo diritto di non rispondere alle accuse, mettendo in gioco la sua intera carriera politica pur di rimanere fedele a sé stessa: giustificare la sua vita sessuale equivarrebbe a legittimare le accuse. Nel finale, grazie alle macchiavelliche acrobazie politiche del presidente, la donna viene scagionata ed il film potrebbe, anzi dovrebbe finire lì. Ma evidentemente il grande pubblico americano ha bisogno di una conferma catartica dove i buoni si dimostrino veramente tali; soltanto in un'opera di finzione i personaggi possono essere tutti bianchi o tutti neri, la realtà è piena di sfumature. Alla fine, in un edificante colloquio privato con il presidente, la nostra eroina confessa di avere dei trascorsi sessuali irreprensibili e di non aver mai preso parte alle orge studentesche di cui era stata accusata: questa puntualizzazione fa rientrare bruscamente il personaggio nello stereotipo del martire ed il finale precipita nel melodramma. Gli americani avranno tirato un sospiro di sollievo, ma la platea italiana è rimasta delusa ed interdetta dopo un inizio ed uno svolgimento così promettenti: il commento unanime del pubblico, avvalorato dalle voci dello scrittore Carlo Lucarelli (leggi l'intervista su KMX) e dell'attrice Anita Caprioli presenti in sala, è stato: " Che americanata! ". Scrive Lisa Schwarzbaum sull'Entertainment Weekly: " Del thriller politico classico, THE CONTENDER ha tutto, tranne il coraggio di sostenere le idee che vuole esprimere".

Elena SAN PIETRO
03 - 01 - 02


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