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Interessante
la generazione di Anne Fontaine. A 5 anni di distanza dal film che le
valse un premio speciale della giuria a Venezia, Nettoyage a sec, la regista
torna ad affrontare il tema dell'intruso e del mondo capovolto che ne
consegue. Senza condiscendere agli scontati umori delle persone sopraffatte
dagli incontri improvvisi, lo sguardo della Fontaine materializza quel
raro prodigio che è l'insondabile dell'animo umano, tanto più incisivo
ai fini della realizzazione filmica se trattato con infinita sobrietà
e verticalità. Il protagonista è un gerontologo affermato a cui la vita
dice nella giusta direzione. Premiato per i risultati nel settore, organizza
per l'occasione mondana un gran suaré nel grande parco antistante la villa.
L'arrivo del padre, che padre lo è solo per naturale ascendenza, scompone
il mosaico delle relazioni interpersonali riuscendo a colpire il punto
nevralgico senza parlare. In una distanza dal figlio che ha del crudele,
l'uomo ripara in modo poco convenzionale sotto il "tetto" della nuora,
l'imperdibile per definizione Natacha Regnier della Vita sognata degli
Angeli di Zonca. Parafrasando la parola tetto ci risulta una vita separata,
un mondo strumentalizzato e succube di un altro più forte all'apparenza,
pronto a sgretolarsi con l'arrivo dei vecchi rancori dovuti all'abbandono.
La bellissima moglie sorge e tramonta con il sole, al riparo da ogni iniziativa
personale, servizievole muta e compiacente come conviene alla bambole
di porcellana. Riaccesi i ruoli sotto la spinta di questo terzo intervento,
ogni singolo personaggio, fratello compreso -il più incline a risolvere
il dossier edipico con il padre-, si spoglia della maschera e rigetta
conformismi e lacrime a lungo trattenute. La visceralità pregnante che
lega lo spettatore al film con un cordone ombelicale difficilmente recidibile,
si espande osmoticamente sotto la commedia dell'apparenza, la stessa che
ci veste di ambizioni e poi scompare lasciandoci al nudo. |
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Sandra SALVATO |
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