IL CLUB DELLE PROMESSE

di Marie-Anne Chazel
Con: Pierre Palmade, Nathalie Corré, Giovanna Mezzogiorno

di Matteo FERUGLIO

 

Imbarazzante.

Più che una "commedia leggermente drammatica", come recita la frase di lancio, c'è da chiedersi non sia "leggermente drammatico" definirlo "una commedia". Salviamo solo la nostra Giovanna Mezzogiorno, che ha recitato in francese per poi ridoppiarsi (appiattendo la propria recitazione, ahimé) e la splendida modella di colore Esse Lawson. Uscito dopo 60 minuti, pare dalla cartella stampa che il film iniziasse a brillare proprio da lì. Peccato solo che mancassero 30 minuti alla fine.
 

Voto: Che Voto?

 

di Luciana APICELLA


Non sappiamo se sia lecito recensire un film del quale si è persa una mezz’ora abbondante di finale ma l’esasperazione ci ha costretto ad abbandonare la sala prima dei titoli di coda evitando una penosa e imbarazzante conferenza stampa. Non si capisce perché la bella e brava Giovanna Mezzogiorno abbia deciso di imbarcarsi in questa avventura d’oltralpe, le cui premesse peraltro non sembravano catastrofiche. C’era un libro, un soggetto interessante come può essere una storia di amicizia che attraversa l’infanzia e l’adolescenza per mantenersi solida, un patto di fedeltà e sostegno reciproco tra personaggi alle prese coi propri personali fantasmi (l’omosessualità, la paura di amare/essere amati, la voglia di fuga da orizzonti ristretti e provinciali). Un potenziale narrativo notevole, insomma, gettato alle ortiche da una regia incapace, sgangherata, approssimativa, noiosa. Forse le uniche scene accettabili del film sono le primissime: un paesaggio invernale sulla costa della Bretagna, tre bambini che giocano sulla spiaggia, la voce fuori campo di Yann (Pierre Palmade), il protagonista maschile della storia a presentarsi e a presentare la bella Kathy (Giovanna Mezzogiorno) e la paffuta e insicura Tara (Nathalie Corrè). Li ritroviamo, ancora assieme, vent’anni dopo, quando decidono di abbandonare il paese natio, l’aria pura ma soffocante della provincia moralista e bigotta, per andare a respirare un po’ di sano smog parigino. Liberi, ma non troppo: Kathy, forse per reazione alla mamma libertina, una ex sessantottina che sogna di allevare lama nella sua fattoria, è diventata una rigida direttrice di un’agenzia pubblicitaria e tiene alla larga con fare glaciale i bellimbusti seduttori, concedendosi solo sedute onanistiche nella vasca da bagno. Tara non sa fare altro che portare in giro il proprio ingombrante corpo con ostentata disinvoltura e menefreghismo per coprire il dolore e i vuoti che compensa con incursioni nel frigorifero e con amanti ammuffiti e poco avvenenti che le danno l’illusione e la fragile sicurezza di essere amata, nella convinzione radicata che a lei non possa toccare di meglio. Yann è un omosessuale sospeso tra l’amaro disincanto e la tenerezza, dolce e protettivo quanto duro nei confronti delle due amiche di sempre che vede con tristezza sprecare la propria esistenza nel cerchio senza via d’uscita dei loro errori. La vicenda ha una svolta amara quando a Yann viene diagnosticato un linfoma. La tragedia che si abbatte sulla vita dei tre amici li costringerà, anche per il ricatto che Yann fa alle due ragazze, a tentare un mutamento di rotta. Non sappiamo quale sia perché abbiamo abbandonato come si diceva all’inizio la proiezione: dopo un’ora di nulla abbiamo deciso che non era il caso di concedere alcuna chance ad un film cui non sarebbero bastati gli ultimi minuti per riscattarsi. Attorno ai tre protagonisti che si muovono per tutto il tempo in maniera insopportabilmente smaniosa tentando di giocare la carta di una comicità da sit-com americana, alla "Friends" per intenderci - battute veloci, confidenze, scene di ordinaria quotidianità - una ridda di personaggi assolutamente inutili, incapaci di dare vita a un qualsiasi spunto o sviluppo di idea, di vicenda, di riflessione (non si capisce che ruolo possa giocare l’attoruncolo di mezza età casanova che dispensa consigli su come rimorchiare belle donne passando prima per le amiche racchie delle suddette, o il fratello ritardato di Yann, inserti che vorrebbero essere comici ma finiscono solo per essere ridicoli). Quale volesse essere l’effetto finale di questo calderone senza capo né coda, che tenta senza riuscirci di trovare un equilibrio dolceamaro, di sorriso nella tragedia, non ci è dato saperlo. Certo crediamo che di quel "Club delle Promesse" di cui parla il titolo non entrerà, in grazia di questo film almeno, la Chazel. Nel suo curriculum di tutto rispetto vanta la partecipazione a numerosissimi film, con registi di tutto rispetto (uno su tutti, Patrice Lecomte).

Forse per ora meglio sarebbe per lei tornare davanti alla macchina da presa.
 

15:11:2004


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