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Frisco,
ossia la città di San Francesco costruita dagli hispano-americani che
ospita una delle più grandi e interessanti miscellanee linguistiche e
culturali americane. Qui si perdono le tracce di Chan, un immigrato cinese
la cui ricerca mostra che la vita nel paese delle mille possibilità prende
che anche dei turns più ambigui e complessi, man mano che ci si addentra
nell'io vagante tra mille luci e ombre. Chi ha una doppia vita? Chi è
il vero ricercato dai due tassisti a cui Chan deve dei soldi? Chan è un
genio o solo un mentecatto opportunista? Come fa la figlia a credere che
sia una brava persona? Chi è cinese e chi non lo è più? Dei due personaggi
che lo rincorrono, tra viuzze e blocks rigorosamente in bianco e nero,
uno si dichiara blandamente americano e i suoi "What the fuck about this
identity shit man, I can tell you man that Chan could not cope with America
man, I know that, fuck, I'm…" e l'aspetto da Richard Pryor non fanno che
sottolineare la sua risposta superficiale alla questione esistenziale.
L'altro più anziano e riflessivo, si sottomette quotidianamente ad una
negoziazione identitaria e non si lascia intrappolare da risposte propagandistiche
del colore dei soldi che rende uguali tutti gli uomini. E' un processo
più doloroso e le sue continue interrogazioni mentali accompagnate da
una varietà sonora tendente a preferire il jazz, arrivano al punto di
dire "non importa se arrivo a trovare Chan - who is missing". Wang Wayne,
affascinato dal cinema indipendente, con questo lavoro riesce a dimostrare
subito che è in grado di crearne uno tutto suo, l'inizio della regia e
autonomia cinematografica asiatica in America. E in questo suo primo lungometraggio
mette in scena attori professionisti e non e si distacca da un mieloso
dramma con happy end, perché la ricerca dell'io è un affare di tutti e
non ha mai fine. |
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Daniela KAPPLER |
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