BLOODY SUNDAY
di Paul Greengrass
con James Nesbitt e Tim Pigott-Smith



Un film asciutto, secco e crudele come le pallottole sparate dai parà inglesi sulla folla dei manifestanti di Derry, duro come un pugno rabbioso nello stomaco, spietato e doloroso come la domenica di sangue del 13 gennaio 1972, quella domenica in cui i diritti civili sono stati recisi dalle raffiche dei colpi dell'esercito scagliato come pachiderma su una folla inerme lasciata a gemere di lacrime e sangue. Paul Greengrass riprende, con la scientificità del documentarista e servendosi dei canoni inquieti del "DOGMA" per disciogliere la barriera della cinepresa e mostrare senza artifizi la realtà ad uno spettatore chiamato a partecipare, il giorno del massacro.. Le ore della preparazione, la marcia, la carneficina, la reazione, la rabbia e l'onore. Si è da più parti detto come l'episodio abbia aperto la ferita più profonda e virulenta nella storia dell'occupazione inglese in Irlanda e che unico vincitore di una giornata in cui la morte ha rastrellato solo le vittime dell'innocenza, sia stata la frangia estrema ed armata dell'IRA le cui fila sono state ingrossate da chi lì c'era, da chi ha visto ed ha gettato la spugna di fronte alla furia bruta di un potere ebbro di se stesso, abbandonando la speranza di essere visibile attraverso la protesta pacifica, la marcia per i diritti civili e la strategia della resistenza passiva.. Il montaggio alternato sceglie di mostrare, in quadro di contestualità, il repentino sbocco di ogni azione in una reazione inesorabile, il nesso consequenziale necessario fra causa ed effetto, senza soluzione di continuità, senza dispersione di energia o attenzione in rivoli minori di narrazione, senza preziosismi e leziosità.. Null'altro che l'essenza dura come un sasso di un'immagine che si commenta da sé e non ha bisogno, per acquistare in spessore, di accompagnamento musicale o effetti sonori e speciali godendo della grande forza d'impatto di una tragica verità impressa come marchio di fuoco nella memoria della comunità. Unico accompagnamento: ossessivi ed inquietanti telefoni che squillano a vuoto nelle scene in interni; le voci della massa, le staffilate di colpi, le urla negli esterni.. il cuore di chi osserva che, inorridito, accelera i battiti al sussurro "com'è stato possibile?" per tutta la seconda parte della pellicola. Tre i piani di lettura proposti, tre gli sguardi attraverso cui vivere la vicenda, tre le verità narrate: quella di Ivan Cooper, deputato protestante attivista per i diritti civili; Gerry Donaghy, un diciassettenne idealista pronto alla lotta ed alla contestazione; il comandante delle truppe d'intervento, sospeso tra dovere ed emergenza. Senza giudizi, senza processi postumi, senza speranza di giustizia.. Il film decide di mostrare e tacere.. Ciò che rimane è l'atrocità della morte al di là dell'interpretazione di responsabilità o colpevolezza.. tredici corpi inermi abbandonati sul selciato, la brutalità schietta e senza indugi di una tragedia che non sarebbe mai dovuta accadere.


Voto: 25/30

Elisa SCHIANCHI
08 - 05 - 02


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