BEST
di Mary McGuckian
con John Lynch e Ian Bannen



George Best inizia a giocare nel Manchester United all'età di 15 anni. Due anni dopo, nel 1964, entra nella prima squadra e aiuta il Manchester a vincere il campionato. Nella stagione 1967/68 segna 28 gol in 41 partite. Nel 1968 Best viene decretato Calciatore dell'Anno; aveva 21 anni. Lascia la squadra a 27 anni, dopo aver segnato 178 gol ed aver conquistato tutti i più alti onori del calcio. Esce dal mondo dello sport circondato da un alone di alcolismo, gioco d'azzardo e autodistruzione.
E' meglio dirlo subito: nel filone dei film con protagonisti talenti-sprecati-chissàperchè, BEST non dice nulla di nuovo, e ciò che mostra lo fa in maniera abbastanza confusa e superficiale. Peccato, perché il voler raccontare la carriera del "più grande giocatore del mondo" (parole di Pelè) poteva essere un'azzeccata scelta non solo dal punto di vista narrativo, ma anche da quello commerciale. Risulterebbe forse banale associare ancora una volta la figura di un personaggio tanto talentuoso quanto autodistruttivo a musicisti, genii matematici e scrittori, mentre profumava di originalità il progetto di Mary McGuckian (che ha scritto, prodotto e diretto il film) e dell'attore John Lynch (che ha steso anche la sceneggiatura ed interpretato George Best). Tutto invece si risolve, nella prima parte, in un susseguirsi di ellissi temporali attraverso le quali vediamo un Best ragazzino partire da un campetto parrocchiale ed arrivare a segnare i primi gol che lo resero famoso; nella seconda parte, le azioni calcistiche si alternano, in maniera ripetitiva (ed anche un po' noiosa), alle sue notti brave, tra bottiglie scolate fino all'ultima goccia, fiches perdute al casinò e rapporti disastrosi con le donne che incontrava. Aggiungiamo inoltre dialoghi di una retoricità disarmante ("Oggi l'uomo ha posato il piede sulla luna!" dice Best alla sua ragazza, "George, perché non porti anche me sulla luna?" chiede inevitabilmente la donna, "Ti ci porterò!" conclude lui con tono sicuro e sognante) e sequenze sfuggenti ed irrisolte (il massimo dell'imbarazzo arriva quando la regista tenta di citare Scorsese in una scena ambientata in un casinò, con tanto di bionda che lancia in aria una fiche e la canzone "The house of the rising sun" che risuona a ricordarci, però, tempi e film migliori), ed abbiamo così la combinazione che può rovinare un progetto interessante. Non serve a molto neanche l'impegno che Lynch (attore apprezzato in lavori di John Sayles, Derek Jarman, Jim Sheridan e Pen Densahm) investe nell'interpretare un personaggio così controverso ed ambiguo.
Gli sceneggiatori ed i registi sembrano non voler capire che non basta avere tra le mani una biografia di un uomo più o meno famoso e discusso per confezionare un film affascinante, profondo. Pochi autori sono riusciti ad entrare nelle disarmonie psicologiche di personalità complesse e, al contempo, ri-costruire personaggi che trasmettano allo spettatore tutti i loro conflitti. Pensiamo a BIRD di Clint Eastwood (che, in verità, non mantiene tutte le promesse, ma in un film così, l'ambizione del progetto aveva insito in sé un qualche fallimento), o anche all'italiano MORTE DI UN MATEMATICO NAPOLETANO di Mario Martone. I protagonisti non affidano ai dialoghi i loro disagi, e le atmosfere di questi film si fondono con le vicende narrate; si compone così un tutt'uno organico che rende i personaggi sì ambigui, positivamente 'incomprensibili', ma allo stesso tempo, talmente vicini e completi da essere appunto reali. A BEST tutto questo manca. Sicuramente più interessante può risultare guardare il documentario su George Best del 1994, e dal quale Lynch e McGuckian hanno avuto l'idea per il loro film. D'altra parte non è più bello anche il documentario QUANDO ERAVAMO RE di ALÌ di Michael Mann?

Voto: 20/30

Paolo FAZZINI
03 - 05 - 02


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