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Sakamoto
è una specie di Tsai Ming-Liang giapponese, intento a curare il malessere
di un universo impoetico e suddiviso in categorie umane non comunicanti,
attraverso l'uso di linguaggi cinematografici di varia natura, dalla commedia
all'horror, ma tutti metabolizzati e riprodotti all'interno di un ambito
espressivo completamente nuovo, ove le venature simboliche presenti nel
cinema del regista di Taiwan e i tempi rallentati, sono qui sostituiti
da continue invenzioni narrative di pura poesia visiva [la nebbia del
pesticida in cui si perde il protagonista a spasso nel parco, la carta
igienica srotolata en ralenti sull' asfalto di una strada, il tifo sui
tetti dei palazzi durante una scena di suspence, etc] e da infiniti cambi
di ritmo. La struttura del racconto è straordinariamente complessa, ma
sempre leggera e organizzata attorno a micro-eventi, svolte e dettagli
apparentemente secondari, tesi, al contrario, a presentarci un quadro
che vede l' improvviso inserto illogico all' interno del testo, ribaltato
in necessario scioglimento dei punti apicali della tensione. |
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Gabriele FRANCIONI |
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