IL SEME DELLA FOLLIA

John Carpenter, 1995

 

di Silvio PIOLI


Sutter Cane è scomparso proprio all’indomani dell’uscita del suo ultimo libro. In tutto il mondo impazza l’attesa per il suo lavoro tanto che nelle librerie si verificano scontri e incidenti tra i lettori che sembrano in preda a una crisi di astinenza. Alcuni studiosi sostengono che i romanzi del più letto scrittore del secolo provocano disturbi psichici accompagnati da aggressività e i recenti avvenimenti sembrerebbero confermarlo. L’editore Styles (Charlton Eston) decide di assumere John Trent (Sam Neil), un bravissimo investigatore assicurativo specializzato in truffe, per rintracciare Cane che sembra sparito nel nulla. Trent, da buono scopritore di frodi, sospetta subito si tratti di una manovra pubblicitaria ma si troverà coinvolto suo malgrado in una vicenda ai limiti dell’inverosimile che lo porterà alla follia o forse, cosa ancora peggiore, ad essere l’unico cosciente della distruzione a cui il mondo va incontro.
In questa pellicola Carpenter si conferma uno dei più grandi maestri del genere riuscendo a combinare un intreccio incalzante a un montaggio efficace che spiazza e convince allo stesso tempo. Forse in questo senso il regista calca troppo la mano, tanto che a volte si fatica a seguire la vicenda senza rimanerne un tantino smarriti. Lo spettatore, al pari del protagonista, si vede cadere ogni certezza da sotto i piedi. L’immaginazione si sovrappone al reale creando uno stato fin troppo ambiguo tra i due piani. Di sicuro c’è che l’intenzione del regista è fin da subito quella di metterci a conoscenza che le cose in cui crediamo, la realtà, forse non è più tanto assoluta e che le cose stanno cambiando e non in meglio. La prima scena vede infatti l’investigatore Trent rinchiuso in un manicomio in cui tutti temono si tratti di “uno di loro”. Il film abbonda di mostri che sembrano usciti direttamente dalla penna di Lovecraft, segno evidente che lo scrittore di Providence continua ad influenzare l’horror cinematografico (e non solo, visto che si tratta della trasposizione di un romanzo di Stephen King ) a distanza di un secolo. Le trasformazioni fisiche, le appendici tentacolari e l’invasione di tembili entità dalle remote ed impenetrabili estremità dell’universo, sono tutti che Lovecraft aveva a più riprese trattato nei suoi racconti.
Hobb’s End, la cittadina dove i protagonisti troveranno lo scrittore intento a risvegliare oscure forze del male racchiude in sé gli elementi classici dell’horror psicologico: strani personaggi che vagano in bicicletta in piena notte proprio in mezzo alla strada; ragazzini che rincorrono un cane e sui quali la macchina si sofferma sottolineando con uno slow motion privo di audio; strade che sembrano portare sempre al luogo di partenza.
Se è vero che Carpenter in questo come negli altri suoi lavori si affida principalmente all’aspetto visivo per trasmettere il senso di angoscia che pervade la pellicola fin dall’inizio, non va di certo dimenticato il ruolo che giocano gli attori. Jurgen Prochnow è perfettamente a proprio agio nei panni dell’enigmatico ed affascinante Sutter Cane e Sam Neil è addirittura fantastico nell’incarnare il progressivo mutamento del proprio personaggio verso la totale perdita di senno.
Niente lieto fine quindi, ma anzi una memorabile scena finale in cui l’ormai squilibrato Trent scoppia in una risata isterica nel vedere il proprio personaggio al cinema impersonificare quello che lui aveva pensato essere generato solo dalla propria mente.
 

IN THE MOUTH OF MADNESS

Regia: John Carpenter
Anno: 1995
Nazione: USA
Genere: Horror