(fuoricampo di) anna

di Alberto Grifi, Massimo Sarchielli

con Anna, Massimo Sarchielli

e con Vincenzo Mazza, Stefano Cattarossi

  di Gabriele FRANCIONI

 

30/30

 

“Non si fanno capolavori: si è dei capolavori!” (Carmelo Bene).

 

Che si tratti di un festival sottilmente, anche se inconsapevolmente, segnato dal pensiero di Gilles Deleuze e Carmelo Bene lo confermano indizi sparsi, ma chiaramente rintracciabili.

Dalla presenza virtuale del genio salentino attraverso HERMITAGE, alla SALOMé di Oscar Wilde (versione Pacino) cui il registattore s’ispirò per il film e la riduzione teatrale, sino ad Alberto Grifi, che girò un video andato perduto in occasione dell’unica rappresentazione di “Cristo ‘63”, e alla “giornata germanica” con Pfaffenbichler e Karmakar. Grifi conobbe la 15enne Anna, tossicodipendente incinta, nel 1972 e l’accolse in casa per girarle qualcosa “addosso” - un video che l’avrebbe dovuta vedere recitare su sceneggiatura  “precostituita”- ma presto si convinse a “non fare il cinema col cinema” e lasciò che il corpo della ragazza diventasse (come sempre in Bene) il centro di tutto, l’Immediato da consumare senza filtro che non fosse un videoregistratore portatile open reel da un quarto di pollice, (pare) il primissimo arrivato in Italia in quel periodo. Riversato in pellicola, (FUORICAMPO DI) ANNA - cioè un estratto dalle 4 ore originarie - ha tutta la struggente qualità mortale della vita che se ne va nell’attimo in cui la fissi per sempre e la si strisci sulla sequenza fotogrammatica del girato. Anna è il capolavoro cui alludeva Bene e parla all’infinito, ricreando vita gettandosi nei fiumi del logos. Istrionica, a suo modo, come può esserlo  una mente sveglia ma abituatasi ad essere periferica rispetto al mondo, quindi riattivata da due amichevoli co-narratori. Anna è risvegliata da Grifi e Sarchilli, che sono gli sparring partner di un pugile ritenuto suonato, ma assolutamente vigile. L’autore de LA VERIFICA INCERTA (il MOVIE ORGY italiano, due anni prima di Dante) parla nella lunga introduzione, che è la sintesi  fulminante dei portati ideologici e umani - la condivisione su tutti - di un decennio e del modo di  comunicarli all’Altro. Anni di piombo? No, anni d’oro e d’argento, ricchi di umanità ceduta senza guardare il tassametro del do ut des, discussi, analizzati e poi meravigliosamente vissuti. I traumi di Anna diventano lieve materia d’ascolto/visione, anche grazie al controcanto fiorentino di Sarchilli. Noi sediamo comodamente, anzi ci sdraiamo dentro il film, corpo contro corpo, prendiamo posizione vicino alla piccola ragazza-capolavoro o, alternativamente, ci sostituiamo a Grifi. Una volta arrivati “dentro”  Anna, il tempo si ferma ed è il corpo-film, non solo il corpo parlante, a decidere di esserci anche nel nostro presente. è come se trascinasse il 1972 e il 1973 dentro all’oggi esangue, facendoli tracimare in un tempo che non conosce il potere della visione. ANNA è principalmente un saggio sulla “visione” intesa come partecipazione alla trasformazione del cinema in altro da sé (testo scritto o parlato). Non esistono i FATTI, ma solo se ben raccontati, ovvero come li racconta Anna. Questo non-cinema meraviglioso torna all’Immediato, conquista zone di leggiadria e leggerezza, anche se in ballo c’è l’autopunizione, l’autolesionismo di una ragazza che si taglia e tenta il suicidio. Come lei, anche il non-cinema si spella, si spellicola, si sfa. ANNA è l’opposto di un documento, di un trattato, di un’inchiesta, di un documentario. è e basta.

 

09:09:2011