AMOUR D'ENFANCE
di Yves Caumont
con Michèle Gary, Mathieu Almaric, Fabrice Cals, Lauryl Brossier, Bernard Blancan e Roger Souza.



"Con questo film intendevo trattare la questione dell'esodo dalle campagne e dei radicali mutamenti che hanno interessato lo stile di vita dei contadini…" Con queste parole Yves Caumont commenta AMOUR D'ENFANCE, il suo primo lungometraggio, in concorso per il Torino Film Festival.
Il dramma è incombente: Paul è tornato per assistere suo padre, malato terminale, negli ultimi giorni della sua vita. La morte del genitore però, scivola lentamente in sottofondo, di fronte ai cambiamenti ed alle nuove situazioni con cui il giovane si deve confrontare. La ragazza di cui era innamorato, Brigitte, si è sposata e non vive più nel paese. Sua sorella Odile invece, è cresciuta, e Paul rimane colpito dal suo fascino. Il suo amico Thierry, fidanzato con Odile, maneggia abilmente una macchina fotografica automatica, dimostrando una familiarità con la tecnologia che sorprende un impacciato Paul. Jean Marie, un altro ragazzo del luogo acquista tutti i terreni dei dintorni.
Paul è dapprima disorientato da questi cambiamenti; poi, lentamente riscopre il suo legame con la terra, si prende cura dei campi al posto del padre. Ma non riesce a ritrovare completamente le sue radici: troppa distanza lo separa da questa nuova realtà agricola che si evolve in modo lento ma inesorabile. Il suo "amour d'enfance" ormai è perduto per sempre.
Quest'opera prima del regista francese Yves Caumont è un buon film, che tratta un tema sicuramente non originale servendosi però di una bella fotografia, di inquadrature naturalistiche notevoli ed una certa eleganza e ricercatezza stilistica. Il ritmo rispecchia quello della vita in campagna: le situazioni maturano e si evolvono lentamente, quasi senza bruschi cambiamenti. La morte stessa del padre malato avviene in un contesto indubbiamente drammatico, ma raccontato senza eccessi, con la consapevolezza dell'inesorabile. I lunghi movimenti di camera, le panoramiche sui campi, i piani lunghi che seguono lo spostamento dei protagonisti, ben si adattano al ritmo del racconto.
Tuttavia, come spesso accade in un certo cinema francese, in alcune inquadrature l'eleganza pare diventare autocompiacimento, l'indugiare della camera sul personaggio o sul paesaggio sembra guidato più da una ricerca eccessiva di un naturalismo spettacolare che da esigenze narrative.

Enrico PIRRUCCIO
24 - 11 - 01