L'articolo è
stato pubblicato la prima volta nella sezione "Dal Set" nel Febbraio 2005, e
poi ri-proposto in Venezia 2005, così come appare qui (N.d.R)
All the invisible children è un film
collettivo: sette cortometraggi, sette bambini provenienti da paesi e realtà
differenti ai quali la vita ha rubato l’infanzia. Emir Kusturica, John Woo,
Jordan Scott che dirigerà insieme al padre Ridley, Katia Lung, Mehdi Charef
e Stefano Veneruso, questi i nomi dei registi coinvolti.
Un progetto impegnativo ed ambizioso la cui uscita nelle sale è prevista per
novembre 2005. Il progetto, i cui proventi verranno devoluti all’Unicef e al
World Food Program, coinvolge registi provenienti da luoghi lontani e
diversi che attraverso un unico linguaggio unificatore, il Cinema, in modo
diverso racconteranno le loro realtà difficili. Ma non è tutto, ci sarà un
altro grande regista americano che collaborerà con un suo corto al progetto:
il nome, che per ora resta segreto, verrà reso noto solo al momento del
lancio del film, così come il partner straniero che con Elisa firmerà la
canzone tema del corto di Stefano Veneruso.
Dopo due anni di preparazione e di lavoro intenso il film ha preso il via a
luglio, prodotto dalla Mkfilm, da Stefano Veneruso, Chiara Tilesi e da Maria
Grazia Cucinotta che ha presentato il progetto all’ultimo festival di
Cannes.
CIRO
Piove in Piazza Plebiscito, i gabbiani sorvolano il set, una Napoli
insolita, decine e decine tra addetti e comparse circondano la zona dove di
lì a poco inizieranno le riprese.
Vittorio Storaro dialoga con gli operatori.
Stefano Veneruso, leggermente proteso verso il basso, parla e sorride con un
bambino dai lineamenti decisamente mediterranei, ha gli occhi neri e
profondi, il bambino è attento, sorride a sua volta, annuisce, c’è
complicità tra i due. Capisco, è “Ciro”.
Un gruppo di ragazzi con abiti dai colori sgargianti è alle prese con bidoni
di diverse dimensioni, li spostano, li sollevano, li rispostano. Sono un po’
lontani dal resto del gruppo, infreddoliti iniziano a tamburellare con poco
vigore, quasi come a risparmiare le energie, sanno che la giornata sarà
lunga.
Sono i Bungt Bangt gruppo noto ai napoletani e agli appassionati del genere,
fanno musica suonando con mezzi di fortuna, ecco spigati i bidoni… le
padelle.
Di lì a poco la magica macchina del cinema si metterà in moto, ecco sembrano
tutti pronti, hanno già provato il movimento della steady, gli spostanti
degli attori, alcune comparse sono nelle auto, le altre sono ferme, immobili
con i loro ombrelli aperti, sembra una fotografia, c’è qualcosa di surreale,
una scena di vita quotidiana immobile, come congelata, ecco, le ultime
parole tra Veneruso e “Ciro”, per un attimo guardo il cielo e per un attimo
mi emoziono… non credo che per oggi smetterà di piovere… ma ecco la voce…
pronti… SILENZIO…MOTORE…AZIONE!
Descrivere l’atmosfera di un set è sempre difficile.
Sembra che le parole sminuiscano le emozioni, mettano dei paletti e dei
confini a delle sensazioni intense e diffuse dentro di noi, dentro quelli
che lavorano con noi, nell’aria che si respira sul set.
Descrivere qualcosa significa anche inscriverla, circoscriverla ed è questo
che è davvero difficile, tutto quello che si può scrivere potrebbe essere
indubbiamente vero, potrebbe essere anche interessante e curioso, ma mai
esaustivo.
Certo è che per comprendere un po’ cosa sia davvero l’aria di set si
dovrebbero utilizzare un po’ di riprese, forse un po’ in foto, forse un po’
di nero su bianco, forse allora…
Per descrivere un set allora si potrebbe pensare di farlo nel modo più
figurativo possibile, e quindi per aneddoti, per sensazioni… forse questa
potrebbe essere la soluzione…
L’atmosfera di Ciro era un’atmosfera elettrica.
L’energia che quotidianamente vedevo sprigionarsi derivava da vari fattori:
il grande entusiasmo del regista e l’entusiasmo diffuso dei grandi
professionisti di questo set internazionale.
Il primo operatore steadycam Valentin Mongé, francese, un pupillo di
Vittorio Storaro che lo ha voluto per Ciro come per tutti gli altri suoi
lavori.
Il fotografo di scena, inglese, il premontaggio di un ragazzo americano,
Alex Teslik di Los Angeles, dove la casa di produzione la Mkfilm ha una sua
sede operativa.
Una persona davvero geniale che tra le ultime esperienze lavorative annovera
la collaborazione con la Walt Disney per il bellissimo Alla ricerca di Nemo.
Professionalità di altissimo livello straniere come italiane, sul set
c’erano professionisti romani, napoletani e torinesi.
Ogni sera in albergo ci s’incontrava tutti per vedere il pre- montato
giornaliero e quando si poteva anche il lavoro del montatore che a Roma
lavorava su pellicola.
Tutti erano entusiasti dell’espressività e della forza delle immagini,
dell’intensità della recitazione istintiva di Ciro che a soli 10 anni mi ha
dimostrato cosa significhi avere talento.
Un'altra particolarità di questo set è stata l’utilizzazione da parte del
premio oscar Vittorio Storaro di macchine da presa particolari. Non un
elettricista, non un proiettore, tutto è stato girato solo con luci
naturali. Ci sarà poi tutto un lavoro di post produzione per definire la
fotografia, sarà chiaramente Vittorio Storaro, che tra l’altro ha scritto
due volumi bellissimi (editi da Electra) dal titolo: “Scrivere con la luce”,
che scrivendo su questa pellicola darà luci e colori a Napoli, a Ciro e alla
solitudine.
Speriamo che le premesse non siano disattese, e che questi presupposti
facciano di questo bel progetto All
the invisibile children un gran bel film.
Voto: 28/30
09/09/2005
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