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Dalle
pietre polverose dei deserti macedoni al lividore appiccicoso delle periferie
newyorlkesi un rigoglioso rimbalzo di sperimentazioni audio-visive ci
risucchia in una esperienza originale e suggestiva. Manchevski rimescola
generi e classici in un film fascinosamente ambiguo dove l'architettura
composita di una storia tuttosommato già vista altrove, esplode
in iperboliche acrobazie registiche e l'intensità del melodramma
si stende in modo spiazzante tra pathos di genere e devertissement al
limite del demenziale. Ben oltre il presunto virtuosismo estetico degli
action movie alla Woo, alle piroette delle macchine da presa attorno i
corpi e i giochi di fuoco si sposa una alchimia barocca di decorazioni
tecniche e testuali: ralenti abbacinanti, epiche accelerazioni sonore
come è tipico di "Western" elevati, eleganti viraggi
cromatici e soprattutto un plot che procede in modo bizzarro per accumulazioni
e slittamenti narrativi. La banale segmentazione temporale della storia,
che si sviluppa su due piani collegati per fleshback, è articolata
dall'innesto di sequenze prolettiche e ripercorsi storici interni, da
sontuose analogie di montaggio e da un avvicendamento curiosamente arbitrario
dei fatti che si ricompone soltanto in modo anomalo aprendo alla possibilità
di riletture alternative. Un gusto "perverso" allo stravolgimento
del racconto, una rivisitazione "ludica" della grammatica narrativa,
un talento audace per flessuose sperimentazioni testuali lontane dalle
inquietudini ossessive di un Lynch, ma cariche di una forte carica espressiva
e di pennellate drammatiche a tinte forti. Nel marasma delirante di proliferazioni
e vezzi di stile si sviluppano le storie parallele di due personaggi separati
da un gap temporale ed anagrafico ma assimilati da una istanza comune:
l'avventura di una vita condotta ai bordi della civiltà, costretta
da un destino di violenza e sopraffazione e tacitamente tesa alla espiazione
di una colpa. Luke ed Edge, al di là dell'apparente e cinica disinvolutra
della loro vita brava, si scontrano con il vuoto che l'esperienza della
morte inevitabilmente consegna loro e rileggono l'esistenza come un divenire
che diventa eterno soltanto se consacrato da atti d'amore. Un tentativo
di risposta al dilemma che il film si porta addosso: "Dove va la
tua voce quando non ci sei più?". Lontano nella memoria si
perde il passato, il corpo si annulla nella polvere, ma un filo sottile
può legare chi ama all'eterno pulsare del mondo. |
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Mirco
GALIE' |
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_____________________________________ Voto: 27/30 |
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Gabriele
FRANCIONI
30 - 08 - 01 |
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