63.mo festival del film
Locarno, 04 / 14 agosto 2010

 

di Chiara TOGNOLI

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Han jia

Regia: Li Hongoi

Cina/2010

Concorso internazionale

In una piccola città del nord della Cina tutto sembra immobile eccetto i sentimenti. Il paese è come cristallizzato nel gelo invernale e la delicatezza, i ritmi lenti della cultura orientale stridono ironicamente col tumulto della vita interiore delle persone, dal bimbo che non va d’accordo col nonno e si ingegna per “diventare orfano”, al giovane che viene lasciato dalla fidanzata. Le lunghe inquadrature, spesso a campo lungo o medio, sono quadri che raccontano le relazioni umane nelle diverse stagioni della vita, dall’infanzia alla vecchiaia. Emergono amori, amicizie, soprusi, noia. Il racconto si snoda attraverso le azioni quotidiane con un tatto che suscita immediatamente simpatia per i personaggi i quali, anche nelle situazioni più controverse, mantengono un impeccabile self control generando così il meccanismo dell’umorismo.

Dopo i dialoghi misurati e le lunghe pause si scatena sui titoli di coda  un catartico pezzo della rock band di Shangai “Top Floor Circus”.

Vincitore del Pardo d’oro 2010.

La petite chambre

Regia: Stephanie Chuat, Veronique Reimond

Svizzera, Lussemburgo/2010

Concorso internazionale

 Il cocciuto Edmond non si vuole rassegnare ad entrare in ospizio nonostante una brutta caduta e l figlio in partenza per l’America. Passerà gli ultimi giorni della sua vita in compagnia di Rose, l’infermiera a domicilio che, altrettanto testarda, lo ospita a casa sua all’insaputa di tutti. Nel film si intrecciano le problematiche relative alle due fasi cruciali della vita, la nascita e la morte. Mentre infatti Edomand si sta preparando al tramonto della propria esistenza, Rose è alle prese con il fantasma di un figlio perso in gravidanza. Due momenti drammatici della vita con cui i protagonisti si trovano a lottare a fatica, alla ricerca di una verità impossibile da trovare. Il film non da’ risposte ma pone molte domande sulla vita, la morte, il rapporto di coppia, la relazione padre-figlio, tematiche accompagnate da un’angosica di sottofondo che non abbandona lo spettatore nemmeno nel lieto fine, come a dire che il dramma della vita non si ferma.

Sommervögel

Regia: Paul Riniker

Switzerland/2010

Piazza Grande

Curiosa scelta per la chiusura del Festival il film del regista di documentari televisivi Paul Riniker, qui alla sua prima opera di fiction, La storia è quella di un amore difficile tra due emarginati, Res, appena uscito di prigione, e Greta che la famiglia ha sempre trattato come una ritardata. La vicenda si svolge in un campeggio gestito da un’amica comune dei due protagonisti. Pur presentandosi come una commedia il film non riesce a suscitare empatia, impregnato com’è di luoghi comuni sulla condizione di due personaggi fuori dal comune: il falso stupro, la società che non accetta un amore “diverso” e non poteva mancare l’amica del campeggio lesbica che si innamora felicemente della sorella di Greta. Il tema di un amore tra due persone ai margini rischia di rivoltarsi contro se stesso come dichiarazione dell’impossibilità per i protagonisti di relazionarsi con le persone “normali”.

Das lezte schweigen

Regia: Baran bo Odar

Germania/2010

Piazza Grande

Vent’anni dopo la drammatica scomparsa di una ragazzina di undici anni trovata morta in un lago sembra che la storia si ripeta, nello stesso luogo e con le stesse modalità. Il commissario che lavorò alle indagini senza risultato vent’anni prima si rimette all’opera determinato a far luce sul mistero con l’aiuto di un giovane collega. Il film si avvale di tutte le situazioni classiche del thriller: l’omicidio, la ricerca delle prove e delle testimoniaze, un paesino in cui la gente mormora ma nessuno sa.

Il clichè aperto da Twin Peaks del paesino di provincia teatro di orrori continua ad essere oggetto di rappresentazione soprattutto per un certo genere di “giallo” che si preoccupa di indagare il lato oscuro che cova tra la “normalità” del cittadino medio. Lo dimostrano esempi come “La ragazza del lago” o “Come Dio comanda” in cui gli innocenti sono vittima della frustrazione degenerata di nemici vitteme a loro volta della società.

Uomini contro

Regia: Francesco Rosi

Italia, Jugoslavia/1970

Piazza Grande

Emozionante proiezione notturna in Piazza Grande del capolavoro di Francesco Rosi restaurato dal Centro Sperimentale di Cinematografia. La proiezione è stata preceduta dall’assegnazione del Pardo alla Carriera a Francesco Rosi accompagnato da Sergio Toffetti. Toffetti ha esposto la travagliata vicenda del restauro del film di cui si sono persi i negativi. Grazie alle tecniche digitali il film è potuto tornare comunque al suo splendore restituendoci una fetta dolorosa della nostra Storia.  Liberamente tratto dal romanzo di Emilio Lussu “Un anno sull’altipiano” racconta un anno di vita della Brigata Sassari sull’altipiano di Asiago alla disperata conquista di “un pezzo di terra”. Un susseguirsi di comandi folli del Generale Leone che mandò al massacro centinaia di uomini in missioni suicide, induce due coraggiosi tenenti ad apporsi al comando per salvare i proprio uomini. Durante la presentazione il regista spiega come il film sia sempre stato oggetto di blocchi e censure. “Venni denunciato per vilipendio all’esercito ma sono stato assolto in istruttoria. Il film venne boicottato, per ammissione esplicita di chi lo fece: fu tolto dai cinema in cui passava con la scusa che arrivavano telefonate minatorie”.

Gadkii utenok

Regia: Garri Bardine

Russia/2010

Piazza Grande

Film russo di animazione è stato presentato dal nuovo direttore del Festival di Locarno Olivier Père come un capolavoro in prima mondiale a Locarno. In effetti di capolavoro si tratta, sia dal punto di vista tecnico che per la raffinatezza del suono e della musica. Il regista riprende la fiaba di Andersen del Brutto Anatroccolo e la ripropone in chiave russa tutta giocata sulla famosa aria di Prokofiew. La storia viene narrata in modo drammatico anche grazie all’uso di colori sobri e freddi e ad un calibrato gioco di suoni. La triste storia del paperotto finisce con un happy end con sollievo dei bimbi numerosi in piazza. Senza nulla togliere all’eccellente gusto e sensibilità  tecnica dell’opera ci si domanda dove possa portare un progetto dal timbro marcatamente classico in un periodo storico di rivoluzione digitale non solo a livello visivo ma anche sonoro. Molto simpatica la figura del lombrico perseguitato che regala qualche sorriso.

Monsters 

Regia : Gareth Edwards

Gran Bretagna/2010

Piazza Grande

 Opera prima di un giovane regista inglese che è insieme sceneggiatore, direttore della fotografia e supervisore agli effetti speciali, il film si fa notere per l’originalità con cui affronta il genere della fantascienza, a fronte di un budget ridotto a vantaggio di una sceneggiatura dedicata allo sviluppo psicologico dei personaggi. A seguito di un approdo alieno in territorio messicano gli USA dichiarano la fascia di terra tra Messico e Stati Uniti Zona Infetta a causa della massiccia presenza aliena che si sta riproducendo a ritmi incalzanti. Un fotografo dovrà accompagnare in salvo la giovane figlia del suo capo attraverso un viaggio da incubo in cui fatiscenza umana e aliena si mescolano tra l’esuberanza di una natura ancora selvaggia. I tentacolari alieni risultano lo specchio dell’umana esistenza e i due protagonisti ne avranno la certezza nella splendida scena dell’incontro amoroso tra due creature aliene. Numerose le citazioni ai grandi classici, prima fra tutte l’incipit in cui i militari USA in trasferta canticchiano allegramente “La cavalcata delle Valchirie” alla Apocalypse Now prima di essere massacrati dai tentacoloni alieni. Una fotografia dal tono realistico dona al film un carattere concreto, quasi da documentario, una scelta interessante che rende la presenza aliena inquietantemente più vicina.

Pulsar

Regia: Alex Stockman

Belgio/2010

Concorso Cineasti del Presente

Una storia d’amore che affronta due importanti temi: la lontananza e l’ambiguità nell’uso dei sistemi di comunicazione digitali. Samuel vive e lavora a Bruxelles, la sua ragazza è a New York per uno stage e i due comunicano attraverso la web cam e il cellulare.  Ben presto il computer di Samuel sembra essere preso di mira da un fantomatico hacker dando il via ad una paranoia che porta il ragazzo a soluzioni estreme. L’ansia che creano i nuovi mezzi di comunicazione è un tema di scottante attualità che il regista belga affronta creando un corto circuito tra mezzi analogici e digitali. Al termine del film lo stesso regista afferma di aver fortemente voluto girare in 35 millimetri per creare uno scontro visivo con la tematica delle tecnologie digitali. Lo stesso protagonista è un appassionato ascoltatore di vinili. La morale, dunque, è che la tecnologia spesso non aiuta a vivere in modo più sereno e il film auspica un sano ritorno alla natura.

Mandoo

Regia:Ebrahim Saeedi

Iraq/2010

Concorso Cineasti del Presente

Il film è ambientato in Iraq nel 2004 e la protagonista è un giovane medico che dopo gli sconvolgimenti politici del 1979 si era rifugiata ancora bambina in Svezia con i genitori. Sheelan torna in Iraq per ritrovare lo zio e il cugino e convincerli a trasferirsi in Svezia ma il cugino ha preso una decisione: partire per la terra natale, l’Iran e riportarvi il padre che ha perso l’uso della parola in seguito ad un ictus. Sheelan decide di seguire i parenti in questo lungo e difficile viaggio.

Il regista opera una scelta estrema affidando il punto di vista agli occhi dello zio immobilizzato dalla malattia e muto. I suoi occhi sono quelli della macchina da presa come già fece con lo stesso criterio Julian Schnabel in “Lo scafandro e la farfalla”. Questi occhi a volte stanchi, a volte annebbiati dal pianto ma comunque lucidi ci mostrano la strada che scorre lungo il viaggio in territorio martoriato dalla guerra. La figura del giovane medico che viene continuamente definita dalla sua stessa famiglia come “straniera” è un personaggio forte alla ricerca delle proprie radici, una donna che ha trovato la sintesi perfetta tra l’acquisizione dei diritti civili e dell’istruzione grazie al’occidente ma che non ha perso i valori e i pregi della propria cultura di origine.

Ivory  tower

Regia: Adam Traynor

Canada, Francia/2010

Concorso Cineasti del Presente

La storia è la classica disfida tra due fratelli. Entrambi campioni di scacchi e rivali nella vita e in amore, si sfidano in una fatidica partita per affermare i proprio ideali. Una bella sorpresa questo film canadese fresco e ricco di idee formali, a partire dall’uso del linguaggio del musical e del videoclip mescolato ad una lirica quasi naif che lo rende irresistibile. La sotria è arricchita dall’ esilarante trovata del fratello maggiore che rivendica un uso degli scacchi non antagonistico e si inventa il Jazz Chess, un modo di giocare non finalizzato alla vittoria ma solo al piacere del gioco. Magistrale si rivela l’interpretazione dei due protagonisti, Chilly Gonzales e Tiga. La vera protagonista del film è la musica, realizzata dallo stesso Gonzales che è anche musicista e compositore.

Programma "Jean Marie Straub"

Fuori Concorso

La 63esima edizione del Festival di Locarno dedica una retrospettiva a Jean Marie Straub che, insieme alla compagna di vita e di lavoro  Danièle Huillet, fu fautore di un cinema di sperimentazione puntato alla ricerca dello stretto rapporto con la realtà e ad un incessante studio sulla forma e il linguaggio uniti ad un profondo impegno politico.

Il Festival ha proposto la proiezione di cinque lavori. “Corneille Brecht”, “Europa 2005” (commissionato dalla rivista di Enrico Ghezzi “Fuori Orario” e RaiTre), “Joachim Gatti”, un film sugli scontri tra polizia e manifestanti dell’8 luglio 2009 a Montreuil, “O somma luce” ultimo lavoro di Straub del 2009 presentato  a Locarno 2010 in prima mondiale, ed infine “Les Avatars de la mort d’Empedocle”. Quest’ultimo è una sorta di backstage della durata di 58 minuti sul set de “La morte di Empedocle” montato qualche anno dopo l’uscita del film per volere dello stesso Straub. Si tratta di un interessante documento sul modo di lavorare del regista nel quale si vedono all’opera, tra gli altri, Danièle Huillet e il direttore della fotografia Renato Berta, bellinzonese con un’imponente carriera quarantennale alle spalle insignito proprio a Locarno lo scorso anno del Primo Premio Cinema Ticino.

Io sono Tony.

Il più grande clarinettista del mondo

Regia: Franco Maresco

Italia/2010

Fuori Concorso

Uno dei film fuori concorso molto attesi a Locarno è la storia di Anthony Joseph Sciacca, in arte Tony Scott, il più grande clarinettista della nostra epoca. I punti nodali affrontati da Maresco sono due. Il primo è la questione umana, ovvero come sia possibile essere un “numero uno” (come il protagonista si definisce sempre nel corso film) e non omologarsi al sistema, ma essere alla continua ricerca di strade musicali ed esistenziali nuove fino a rischiare la propria dignità di uomo. La seconda spinosa questione, è il modo controverso con cui l’Italia accolse l’artista che, trasferitosi a Roma nel 1970, fu protagonista di un lento declino anche a causa di un mondo intellettuale che non lo capiva. La critica alla società, quella italiana in particolare, è amara e non risparmia nessuno, a partire dagli stessi musicisti e all’ignoranza dei media.

Un sopraffino lavoro di indagine, l’uso di materiale di repertorio straordinario e la profonda sensibilità del regista fanno del film non solo un importante documento ma un vero e proprio racconto sulla condizione umana.

In sala Vittorio Sgarbi (Tony Scott era originario di Salemi) che non ha applaudito alla fine del film, ed Enrico Ghezzi, citato nei ringraziamenti.

Zidane, un ritratto del 21esimo secolo

Regia: Philippe Parreno

Francia, Islanda/2006

Programmi speciali

Il Festival di Locarno offre un interessantissimo omaggio all’artista francese Philippe Parreno. Parreno comincia il suo percorso nel 1988 attraverso l’uso di svariati mezzi, disegno, proiezioni, performance, sculture. L’artista mescola non solo mezzi espressivi ma anche i luoghi passando da esposizioni museali (la sua carriera vanta importanti interventi per il Guggheneim di New York e il Centre Pompidou di Parigi) a proiezioni in sala. Lo stesso film “Zidane” ha goduto di una distribuzione in sala a livello mondiale. L’operazione che Parreno riesce ad effettuare in “Zidane” è la totale astrazione dello Zidane-giocatore su un piano più elevato che ce lo fa incontrare come uomo pur trovandoci su un campo da gioco. Parreno riprende un’ intera partita del Real Madrid, la squadra di Zidane, registrando unicamente il giocatore attraverso svariati punti macchina che lo seguono sul campo. L’altro punto di vista è quello della telecronaca televisiva con la voce del telecronista e le immagini riprese da un televisore. L’audio è pensato in modo attentissimo e mescola il rombo del tifo allo stadio ai suoni del corpo del giocatore, il respiro, il fruscio dei vestiti, le poche parole in fase di gioco. L’intervento della musica crea un terzo piano di ascolto che contribuisce ad allontare lo spettatore dalla realtà del gioco per avvicinarlo allo studio delle linee del volto del giocatore. Un lavoro estremamente accurato che genera un nuovo modo di fare cinema, intelligente, calibrato, profondo. Nella pausa tra primo e secondo tempo vengono mostrati drammatici avvenimenti che accaddero nel mondo mentre si giocava la partita.

Invisible Boy

Regia: Philippe Parreno

Francia/2010

Programmi speciali

“Invisible Boy” è uno stralcio dell’ultimo film ancora in lavorazione dell’artista Philippe Parreno. La proiezione nella splendida Piazza Grande di questo spezzone di circa 10 minuti rende giustizia ad un lavoro che impatta per l’uso impressionante della musica,  un climax ascendente di un brano, a cui sta lavorando lo stesso regista, totalmente avvolgente, in assoluta sintonia con le immagini delle quali non è solo supporto ma vera e propria anima. Durante la conferenza stampa Parreno spiega come la maggior parte dei suoi lavori nascano da discussioni, Questo film fu ispirato da una conversazione tra il regista e un politico della città di New York che gli stava spiegando come la situazione della comunità cinese di Chinatown a Manhattan fosse spesso di invisibilità. Da cui la storia di un bambino cinese clandestino e quindi “invisibile”. Parreno mescola il linguaggio del documentario e della video arte per raccontare una storia di finzione e lo fa in modo limpido, evitando l’ambigua mescolanza di forme che con la docu-fiction spesso crea un malizioso corto circuito tra finzione e realtà. Il film ancora in lavorazione sarà in uscita nel 2011.

Il canale

Reagia: Bernardo Bertolucci

Italia/1966

Programmi speciali

Il festival propone la versione restaurata di un brano di 11 minuti parte di un documentario che l’ENI commissionò a Bertolucci nel 1966 per raccontare il percorso del petrolio dall’Iran fino all’Europa. Il film è stato restaurato dall’Archivio Nazionale d’Impresa del Centro Sperimentale e racconta in modo inedito per l’epoca squarci di vita accompagnati non dalla consueta voce narrante, ma dai versi di Rimbaud.

Step Brothers

Regia: Adam McKay

Stati Uniti/2008

Tributo a John C. Reilly

Il Festival dedica una sezione all’attore americano John C. Reilly con la proiezione di quattro film tra cui i due lavori di Paul Thomas Anderson “Boogie Nights” e Hard Eight” oltre al film di Jake Kasdan “Walk Hard”.  L’attore vanta una nomination all’Oscar e una al Grammy come attore non protagonista per il film “Chicago” e ha all’attivo oltre 40 titoli a partire dal suo esordio nel 1989 con “Vittime di guerra”. “Step brothers” è una commedia brillante che affronta lo spinoso tema dei quarantenni Peter Pan che non riescono ad abbandonare la famiglia. Se poi due fratellastri si ritrovano a vivere in combutta le cose si mettono davvero male per i genitori ancora nel fior fiore degli anni. Il film è ricco di trovate comiche, situazioni paradossali e irrestibilmente divertenti grazie anche alla bravura e simpatia del protagonista ottimamente accompagnato dal “fratello” Will Ferrell. Il film proprone in versione “matura” tutti i luogi comuni sui ragazzini, daila lotta con i compagni alle gare alla Playstation fino ai furiosi litigi in famiglia. Risate assicurate in sala soprattutto per le vicende legate alla batteria!

The furious force of Rhymes

Regia: Joshua Litle

Francia, Stati Uniti/2010

Settimana della Critica

Lo schema del documentario è molto semplice: attraverso interviste e materiale documentario mostra gli esponenti della musica hip hop, sia musicisti affermati che esordienti, nelle diverse parti del mondo, dal Bronx dove è nato, all’Europa, all’Africa ad Israele e Palestina. La musica hip hop non può prescindere dal mondo della danza, la break dance, e svela una comunione di intenti trasversale a tutto il mondo relativi soprattutto a dolorose questioni di emarginazione e razzismo. Ogni Paese ha la sua guerra da combattere, dal neonazismo in Germania alla lotta delle cantanti africane contro l’infibulazione. L’aspetto incredibile che emerge dal documentario è l’universalità dei messaggi e persino del linguaggio. Nonostante la diversità dei temi le parole usate dai musicisti sono le medesime: libertà, giustizia, uguaglianza, lotta al potere tanto che il film ad un certo punto risulta paradossalmente ripetitivo, forse anche a causa di un montaggio lineare, che non aiuta a mettere a confronto in modo più critico le pur interessanti situazioni incontrate nel corso dell’indagine.

Space tourist

Regia: Christian Frei

Svizzera/2009

Appellations Suisse 

La sezione Appellations Suisse è dedicata ai film di produzione svizzera meritevoli di riguardo. Quest’opera dimostra quanto sia prolifica e di altissimo livello la produzione documentaristica di questo paese. Il film racconta i viaggi spaziali di ricconi in grado di realizzare un sogno interdetto a molti: un viaggio nello spazio. Attraverso la storia di alcune di queste persone il documentario affronta due risvolti inaspettati: la decadenza della potenza russa che tanto aveva investito nei viaggi spaziali per piattaforme e basi terrestri ormai in totale decadenza, e il fenomeno di “oggetti che piovono dal cielo” nella steppa kazaka raccolti da improbabili avventurieri o dai pastori e dai contadini locali. Quest’ultimo aspetto costituisce forse la parte più straniante e contraddittoria del sogno umano di varcare i confini del proprio mondo. Mentre i turisti spaziali si godono la crociera intergalattica assistiamo al rocambolesco recupero con muli o sgangherati camion di pezzi di razzi sganciati dalle navette spaziali e letteralmente caduti dal cielo. In un paesaggio che in entrambi i casi lascia col fiato sospeso.

Miramare

Regia: Micaela Mueller

Croazia/Svizzera/2009

Appellations Suisse

Il racconto dei giorni di mare di una famiglia sul Mediterraneo con tutte le contraddizioni che porta una terra di confine. Mentre i villeggianti si riposano gli imigrati lottano per sopravvivere, due  bambini vanno in esplorazione fuori dal campeggio. La tecnica di animazione usata da Micaela Mueller (anche regista e sceneggiatrice) si avvale di un tocco delicato che gioca sul fluire delle pennellate sulle cui note scorrono il tempo egli eventi concatenati tra loro da un unico continuum. I colori tenui tratteggiano una realtà non sempre rosea nella quale tutti siamo mescolati proprio come una tavolozza di colori.

Un lavoro notevole per tecnica e spirito poetico che sta avendo ottimi riscontri e che negli ultimi due mesi è stato presentato in ben 14 festival.

Il nuovo sud dell’Italia

Regia: Pino Esposito

Svizzera/2010

Appellations Suisse 

Si tratta di un documentario che racconta come sia cambiato il sud dell’Italia negli aultimi anni a fronte di un fenomeno sempre crescente, quello dell’immigrazione. Attraverso le interviste alla popolazione locale, agli immigrati e ad alcuni responsabili di una cooperativa che si occupa di assistenza al lavoro per gli stranieri, il regista affronta un tema scottante per il nostro Paese che risulta in questo film decisamente spaccato in due tanto è netta la divisione tra nord e sud.  

Attraverso le parole degli intervistati è chiaro come, con la crescita esponenziale del fenomeno dell’immigrazione, la situazione sia precipitata fino ai casi drammatici ed estremi dei lavoratori africani di Rosarno feriti da colpi di pistola sparati senza alcun motivo e costretti a vivere in situazioni disumane per una “paga” di 25 euro al giorno. La responsabilità ricade su una classe politica e su una situazione sociale che non puà più vivere senza il lavoro di queste persone ma si trova incapace di gestire una situazione che rischia di degenerare in fenomeni di razzismo decisamente preoccupanti.

Operation Thunderbolt

Regia: Menahem Golan

Israele/1977

Premi Speciali: Menahem Golan

Il Festival offre un omaggio a Menahem Golan regista e produttore israeliano che si presenta sul palco per ritirare il premio come un arzillo ottantunenne con alle spalle una corposa quanto caleidoscopica lista di film prodotti soprattutto dalla sua sotrica casa di produzione, la Cannaon Films all’apice del successo con il film Over The Top con Sylvester Stallone.

Nel 1976 un gruppo di terroristi arabi e tedeschi dirottano un volo Atene_Parigi alla volta di Tel Aviv. Lo scopo è barattare i passegeri ebrei in cambio di terroristi detenuti in carceri israeliane. Il protagonista è Klaus Kinski nelle vesti del terrorista tedesco all’insegna di un film tutto anni 70: il linguaggio, la fotografia, la scenografia, i costumi, l’uso della musica da film d’azione americano. Un thriller politico assolutamente godibile dove ancora una volta l’organizzazione israeliana dimostra la propria impressionante efficienza.

SITO UFFICIALE

 

63.mo festival del film
Locarno, 04 / 14 agosto 2010