florence korea film fest

11.ma edizione

 

Firenze, 15 / 24 marzo 2013

 

 

recensioni

di Aude VANRIETTE, Manuela MENICI

Il cinema Odeon di Firenze presenta dal 15 al 24 marzo 2013 l’undicesima edizione del KOREA FILM FEST. Una parte del festival è dedicata alla retrospettiva sull’attrice Jeon Do-yeon, volto iconico della cinematografia recente sudcoreana, omaggiata del premio come Miglior Attrice al Festival del Cinema di Cannes nel 2007.

> HAPPY END di Jeong Ji-woo

> SECRET SUNSHINE di Lee Chang-dong

> the contact di Yang Yoon-Hyeon
>
Yellow hair di Kim Yu-min

 

secret sunshine
di Lee Chang-dong

Corea del Sud 2007, 142'

 

Retrospettiva Lee Chang-dong

Manuela Menici

24/30

SECRET SUNSHINE di Lee Chang-dong è il film che le fa vincere il prestigioso premio. è la storia di una giovane madre che, rimasta vedova, decide di trasferirsi da Seoul nella città natale del marito, Milyang che significa appunto “secret sunshine”.
Qui le verrà sequestrato e ucciso il figlio. Il tema della perdita e del vuoto verrà affrontato con la ricerca di Dio, una fede che consola, che riempie, che da felicità.

L’attrice passa da momenti di drammatico dolore a un’estasi quasi mistica.

Giunta all’apice del suo percorso spirituale decide di andare a trovare in carcere l’assassino di suo figlio per potergli dire che lo ha perdonato. Trova un uomo che come lei ha abbracciato la fede, è sereno, le comunica che Dio lo ha assolto. Uscita da questo incontro ha una nuova crisi, non riesce ad accettare il fatto che Dio lo abbia perdonato prima di lei, la sua fede viene meno, quel vuoto è troppo grande.

Tenta il suicidio e quando esce dall’ìospedale sembra che possa far fede solo al suo dolore.

Temi personali e universali si intrecciano. L’amore, la morte, la ricerca e la perdita, il pieno e il vuoto e se si vuole anche l’oriente e l’occidente, si uccide per denaro, si tenta di sopravvivere affidandosi all’assoluto. Un film la cui protagonista è una donna dipinta dall’occhio di un regista che ha saputo costruire un film sugli innumerevoli sentimenti che attraversano la sua vita.

yellow hair
di Kim Yu-min

Corea del Sud 1999, 85'

 

K-Eros

Aude Vanriette

18/30

Una storia enigmatica, dove gli indizi che si percepiscono durante lo svolgimento sono lasciati in sospeso e recuperati alla fine per ricostruire una vicenda dove le donne sono protagoniste e interpreti della volontà di prevaricare e dominare l’uomo.

Gran parte della storia si svolge nell’abitazione delle due ragazze, una specie di rimessa agricola realizzata con teli di plastica il cui interno è arredato come se fosse un appartamento: un pianoforte, una libreria, sono elementi che contrastano con la natura delle due donne totalmente distaccate dalla cultura, da qualsiasi legame o affetto che non sia  l’amore e il sesso che condividono per lo stesso uomo. Il luogo dove i protagonisti si incontrano è un locale notturno, frequentato da un investigatore, il quale osserva in modo distaccato i giovani nella loro trasgressiva relazione. Gli elementi che riveleranno l’enigma sono la presenza dell’investigatore  ancora prima dell’avvento del delitto e i continui flash back che mostrano le due protagoniste su un treno in corsa con l’oggetto/soggetto condiviso nelle loro relazioni violente e possessive.

Sullo sfondo una società anonima e individualista fatta di solitudine, dove l’unica “boccata d’aria” che i protagonisti respirano è sul cavalcavia di un’autostrada.

happy end
di Jeong Ji-woo

Corea del Sud 1999, 99'

 

Omaggio a Jeon Do-yeon

Manuela Menici

23/30

HAPPY END di Jeong Ji-woo vede sempre Jeon Do-yeon come attrice protagonista. Ancora una donna, ancora un titolo che non coincide con la storia.
Una donna che stavolta ha tutto, un marito, una figlia piccola, un ottimo lavoro e un amante che è un suo ex da sempre innamorato di lei, ma non basta. è anche qui una donna combattuta, tra la monotonia di una relazione fatta di quotidianità e la passione travolgente e senza responsabilità di una relazione extraconiugale. Il marito scopre il tradimento, e accecato dalla gelosia la uccide. L’amante finirà in carcere al posto del marito e lui rimarrà solo con la figlia piccola ai piani alti di un palazzo di Seul. Dice così una canzone di De Andrè “ma lei fu presa da sgomento quando lo vide morir contento, morir contento e innamorato quando a lei nulla era restato, non il suo amore, non il suo bene ma solo il sangue secco delle sue vene”. Il marito rimasto solo e impunito si chiude in bagno e brucia delle polaroid che ritraggono la moglie felice e innamorata che ha trovato a casa dell’amante, le brucia, ma anche stavolta la tragedia umana non trova pace. Si ama, si arriva ad uccidere, si crede di ottener vendetta, ma alla fine è il senso di vuoto e di inadeguatezza a prevalere, l’uomo che lotta con le proprie passioni e perde.

THE contact
di Yang Yoon-Hyeon
Corea del Sud 1997, 105'

 

Omaggio a Jeon Do-yeon

Aude Vanriette

21/30

Due storie d’amore parallele che si incontrano, si sfiorano… Una ragazza innamorata del fidanzato della sua coinquilina; un produttore radiofonico che non riesce a dimenticare un amore perduto; tutto ruota intorno a un disco dei Velvet Underground che arriva come un regalo anonimo al produttore e che verrà interpretato come un segno del suo vecchio amore. Sono persone sole, chiuse nei loro microcosmi, dove tutto scorre con lentezza. La comunicazione fra i due protagonisti avviene timidamente attraverso un monitor; i dialoghi, le immagini, aiutano ad addentrarsi nei loro sentimenti. Il brano “Pale blue eyes” è l’anello di congiunzione fra i due protagonisti; entrambi vivono la loro storia d’amore non corrisposta in solitudine, senza accorgersi delle situazioni che gravitano intorno alla propria vita. Solo nel momento in cui entrambi decidono di lasciarsi alle spalle il passato, riescono ad incontrarsi.

SITO UFFICIALE

 

11.florence korea film fest

Firenze, 15 / 24 marzo 2013