TEATRO STABILE GOLDONI

SEI BRILLANTI GIORNALISTE NOVECENTO

di Paolo POLI

16 novembre 2006

 

di Gabriele FRANCIONI


SEI BRILLANTI GIORNALISTE NOVECENTO
Spettacolo di e con Paolo Poli

 

Testi di Mura, Paola Masino, Irene Brin, Camilla Cederna, Natalia Aspesi e Elena Gianini Belotti

Paolo Poli

 

Un interessantissimo cortocircuito di segni-suoni-parole è il nuovo spettacolo di Paolo Poli, ispirato ad alcuni testi sceneggiati nel corso del tempo da sei sulfuree giornaliste cresciute ai margini della Cultura Ufficiale - Maria Volpi Nannipieri in arte Mura, Paola Masino, Irene Brin, Camilla Cederna, Natalia Aspesi e Elena Gianini Belotti - intitolato, appunto, "Sei Brillanti Giornaliste Novecento", che espongono, per procura, il pensiero di Poli sulla femminilità e le sue ricche, affascinanti contraddizioni e declinazioni anche maschili.


Camilla Cederna

 

Come afferma l'attore, d'altronde: ""Le ho sempre adorate, io, le donne. In certi momenti sono più intelligenti degli uomini, salvo quando mirano alla famiglia, al nido, al "bentornato", alla salsetta: allora preferisco la solitudine".
L'excursus storico attraversa il XX° Secolo, dagli anni '20 agli '80, con la consumata e perfida ironia di Poli, che sembra addolcire tutto attraverso l'uso, ormai zen, di un'inarrivabile affabulazione cantata e soave, ma in realtà parla di figli strozzati, crudeltà domestiche, cinismo da "lessico famigliare", castrazioni, masturbazione, aborto e omosessualità, questa volta declinata sul versante lesbico.

 

Balthus

 

In un certo senso come Dante, che da sempre ne è costante riferimento letterario e fonte d'ispirazione.
Il tutto sembrerebbe un coacervo di orrori da sociologismo d'accatto, mentre, grazie alle penne appuntite delle autrici e all'ineffabile arte espositiva del geniale fiorentino, assume i toni di un pamphlet leggibile e godibile come il racconto della nonna che analizza lo scorrere del tempo davanti ai suoi occhi.
E scorrono, in 14 scene, altrettanti pannelli e altrettanti motivi musicali: il Novecento è tirato per il collo, dissacrato sulla tela secondo le modalità del sarcasmo e dell'ironia sapida e morbida del capocomico toscano e del coreografo (De Filippis): si citano De Lempicka, Burri, Delvaux, Dalì e Balthus, facendoli accompagnare sulla scena dai balletti di un piccolo gruppo di attori che intonano indifferentemente Trio Lescano, Nilla Pizzi, Rettore, Goggi, Branduardi, Gruppo Italiano e Nannini, quasi si trattasse di motivetti ascoltati dai marziani in transito vicino al nostro pianeta, mentre sono solo la gaudente parata d'inconsapevoli icone-gay della cultura di ogni tempo.

 

il Trio Lescano

 

Il travestitismo da palcoscenico, che abbiamo imparato a conoscere in anni più recenti nella sua variante postmoderna incarnata da Arturo Brachetti, ha in Poli il maestro assoluto e colui che ne ha definito "territorio e confini", quasi si trattasse di un inattaccabile riserva indiana di caratteri, gestualità e, in definitiva, uso del corpo attoriale.


Elena Gianini Belotti

 

Il maestro fiorentino è capace di essere, in sequenza: la singhiozzante lesbica di "Perfidie" (Mura, 1919); un prete in "Fame" (Masino, 1929), impegnato a sollevare l'animo del padre assassino dei propri figli a fin di bene; un'anziana donna immobilizzata e in preda a visioni ("Visite, Irene Brin, 1945); la cotonata signora borghese e protoconsumista di "Lato Debole" (Cederna, 1960), immersa nella lettura dei gossip d'antan dell'era postbellica - la Dama Bianca e Coppi, ad esempio - che riempivano l'immaginario dell'Italia dei primi frigoriferi, delle prime ricchezze e delle nascenti riviste "per signora"; il cardinale rosso di "Lui visto da lei" (Aspesi, anni '70), dove il dialogo serrato con un giornalista preconizza lucidamente i temi dell'oggi (gay conservatori alla Grillini favorevoli al matrimonio più delle liberate coppie-etero ipermoderne) seguendo il filo dell'aborto e della metaforica (auto)castrazione collettiva evocata dal testo; la vecchia Teresa, vedova ottantenne di "Adagio poco mosso" (Gianini Belotti, 1980), vessata dalla "prole" intenta a sottrarle l'appartamento troppo grande ereditato dal marito.

 

Donatella Rettore


"Qui - racconta l'attore - faccio l’anziana Teresa, che occupa una bella casa di sei stanze che i figli le vorrebbero portar via per metterla in un istituto di riposo, mentre lei è attaccata alla sua indipendenza e all’affettuosa memoria del marito, un orribile rompiscatole che la vegliarda ricorda con tenera crudeltà e perfidi cammei domestici".
Poli, in definitiva, compone con sagacia e perfidia un'antologia di comportamenti discutibili e codici morali repressivi ad essi contrapposti, seguendo la rapsodica intonazione alternata di toni melodrammatici e comici, ritmi recitativi cadenzati e improvvise isolate sincopi della parola, al fine di porre l'atto nobile e le comuni debolezze sul piano comune dell'assoluzione amara e disincantata, ma sempre con la sensazione diffusa e allegramente liberatoria che il Vizio e la Licenziosità Allegra siano le armi migliori per combattere le malvagità vere nascoste tra le pieghe del conformismo e del perbenismo.

 

Burri