D’une Rive à l’autre

rassegna di concerti di Musica da Camera di primavera

 

Sale Apollinee, Gran Teatro della Fenice

Venezia 03 aprile/ 05 giugno 2009

 

di Gabriele FRANCIONI

 

 

Collegamenti:

- SVC

Società Veneziana di Concerti,

Fondazione Gran Teatro La Fenice,

con la collaborazione di

Radio France e Radio 3

(tutti i concerti saranno registrati da Rai Radio 3)

Con il contributo di “Culturesfrance”.

 

Introduzione: Venezia città del mondo

 

Si è sempre detto che Venezia sia la “Porta d’Oriente” per il Centro e Nord-Europa: certo, lo è, ma solo se vista,al solito, dall’ottica privilegiata dell’occhio e della cultura europei.

Da Sud, è a tutti gli effetti una “Porta d’Occidente”.

Da che parte si entra e dove si è effettivamente usciti? Dov’è la Soglia? In realtà è il limitare di una continua “entrata”, il check-point  di illimitati scambi culturali, la sede di un ribaltamento di prospettive che si specchiano in continuazione.

Potremmo arrivare a sostenere che, per fare nostro il titolo della rassegna che presentiamo, è un continuo trascorrere da una (metaforica) riva all’altra di un fiume/ flusso di culture che esiste da 1600 anni e sempre esisterà.

Oggi, alla vigilia del secondo decennio del Nuovo Millennio, come spesso accaduto negli anni ’10 dei secoli “entranti”, i nodi di cambiamenti epocali vengono al pettine, e questa volta come forse mai prima, Venezia, declinante solo per gli stolti, è la perfetta, inarrivabile sintesi di tali scambi e interazioni,  ormai vitali per la sopravvivenza di culture diverse.

Siamo un porto franco, il ché oggi è garanzia di dialogo, reciproco specchiarsi in assenza di tensioni “metropolitane”, che non ci appartengono, a dispetto di ogni mistificatorio e misero reportage giornalistico.

Non siamo neanche la città di vetro e gondole, nebbie e tramonti: siamo il cuore pulsante del lato solare della globalizzazione, il Luogo per eccellenza dove mettere in rappresentazione il Melting pot grazie alla nostra matrice comunicativa ed espressiva: la Cultura.

 

Non ce ne vogliano i Veneziani retrò, ma questa città è realmente di tutti e la sottolineatura della sua natura di Spazio-Evento non ne svilisce l’essenza di assoluta autonomia rispetto a qualunque pretesa contestualizzazione o appartenenza.

Come può il veneziano commerciante che ha appena ceduto la licenza del suo bacaro a cortesissimi cinesi dotati di cash illimitato protestare contro i turisti che utilizzano in massa i vaporetti? Come può il multiproprietario (20, 30 immobili in centro storico, tutti ereditati senza muovere un dito) aprire bocca sulle dinamiche immobiliari o la presenza di studenti - 20mila e noi speriamo aumentino! - quando è capace di ottenere ricavi per 50mila euro al mese, costringendo di fatto i suoi concittadini a umilianti sfratti verso la terraferma terribilis?

Meglio di loro fa il popolo degli Artigiani, conoscitori e amanti della città come gli stranieri che qui investono capitali.

Poi, altra categoria sociale, la benedetta élite degli organizzatori di cultura e dei docenti universitari.

 

Questa nostra Venezia Porto Franco e patrimonio del mondo intero vince ogni giorno la sua battaglia contro l’ignoranza grazie a Enti, Istituti, Fondazioni, Istituzioni, Università che tengono i rapporti con i loro analoghi esteri vogliosi d’investire: dalla Fenice al Malibran, dal Goldoni alle Biennali, dallo IUAV all’Accademia, da Fondazione Buziol alla Bevilacqua La Masa, dal Teatro Fondamenta Nuove a François Pinault, dai Magazzini del Sale al Guggenheim, dalla Querini Stampalia alla Società Arsenale, sino alle migliori Gallerie d’Arte, è un continuo interfacciarsi con l’Altro da sé che viene da fuori, dove anche le comprensibili rivalità si stemperano di fronte a sinergie di successo.

Unica nota stonata, purtroppo, il Carnevale.

Sulla carta, tanti piccoli eventi sparsi per il centro storico, di fatto saltati, mai iniziati, cassati.

Eppure altri (Biennali Teatro, Danza e Musica) sono riusciti a fare molto meglio durante le fatidiche due settimane.

 

Parigi a Venezia

“Si pensi che David Greilsammer afferma che suonando Mozart ha sempre voglia di fermarsi e improvvisare!” (Arièle Butaux)

 

Arièle Butaux, responsabile dei concerti di Radio France organizzati ogni giovedì al Petit Palais parigino e conduttrice radiofonica di “Un Mardi Idéal”, è riuscita a traghettare la sua eretica e affascinante idea non solo oltre la Senna, ma al di là del Ponte della libertà, fino alle Sale Apollinee della Fenice, dove il progetto di una musica senza limiti è stato presentato con appassionata verve insieme ad Antonino Polizzi, del Consiglio Direttivo della Società Veneziana di Concerti.

 

La Butaux ha creduto nella possibilità di saldare le esigenze di un pubblico tradizionale, abituato al repertorio classico e in fortissimo calo di presenze negli ultimi anni, a quelle di un’audience ancora non formata (o solo intimidita dal costo dei biglietti), ma curiosissima, riuscendo non solo a “non farsi licenziare da Radio France”, dopo i primi esperimenti di crossover musicale, ma a mettersi in competizione con gli appuntamenti pomeridiani e serali del Museo d’Orsay e del Louvre.

Scelta una collocazione appropriata - “il concerto di mezzogiorno” - ha selezionato le proposte più ardite, i sogni segreti di musicisti di formazione classica, scoprendo una diffusa propensione verso l’anomalia  “etnica” e il desiderio di confrontarsi con grandi strumentisti nella cui arte interpretativa si riassumesse il senso profondo di una tradizione nazionale sconosciuta ai più.

Il vezzo folklorico, per così dire, o la world music, eredità dei decenni che ci stanno alle spalle, lasciavano il posto, per la prima volta,a qualcosa di straordinariamente ardito: non solo accostare un musicista indiano e un interprete schubertiano nel medesimo programma di sala, ma farli suonare insieme.

 

Può un percussionista iraniano tessere le linee certe, ma anche misteriose, del suo contrappunto allogeno, su una partitura bachiana?

 

Evidentemente sì, perché il sogno folle della Butaux diventerà realtà qui a Venezia, in un ciclo di concerti che si terranno dal 3 aprile al 5 giugno, consegnando idealmente il testimone alla Biennale Arte, che in quelle stesse ore esordirà con la “Parada” multietnica di Arto Lindsay in Via Garibaldi (guarda caso un musicista mezzo brasiliano e mezzo americano…).

 

Arièle Butaux ci ha rivelato come i due cicli di 27 concerti stagionali (2007-2009), oltre a ottenere un travolgente e imprevisto successo, hanno innescato un meccanismo di mutuo scambio tra le due tipologie di pubblico, progressivamente apertesi all’altro campo espressivo rispetto a quello dal quale sentivano di provenire.

Con altrettanto contagioso e appassionato trasporto, ha raccontato dello stupore di semplici musicofili o degli stessi interpreti, nel veder accadere “l’assolutamente imprevedibile” sotto i loro occhi, sotto forma di epifania segreta della sintonia - termine quanto mai appropriato - tra contesti antitetici, mondi antipolari, sensibilità contrapposte.

L’espressione “non credevo di poter mai assistere a qualcosa del genere” è stata riportata spesso dalla Butaux nel riferire la meraviglia di attori e spettatori di questa incredibile “comunione” di liberi spiriti, ovviamente arricchitasi di ulteriori e pertinentissimi significati su ciò che dev’essere l’incontro tra Culture in quest’epoca ipertestualmente onnivora e multietnica: l’accettazione dell’Altro, del Diverso da Sé, deve diventare una “trasfigurazione” in cui quasi si assumano i tratti e le peculiarità di ciò che ci sta davanti. è un discorso profondo, che comporta la messa in discussione di barriere culturali sempre più inattuali. Non si tratta tanto di fare confusione tra cultura alta e bassa, ma di capire come queste non siano semplici “occasioni”, meeting isolati, picnic culturali dove per una volta si “mangia” insieme e poi ci si dimentica.

Fate attenzione: Venezia è all’avanguardia mondiale nel ribadire con ostinazione questa necessità di DIVENTARE l’altro e non semplicemente accoglierlo in una “riserva indiana” di temporanea tolleranza.

La straordinaria linea rossa che lega la Biennale Musica di Luca Francesconi, la Danza di Ismael Ivo, il métissage mediterraneocentrico di Scaparro, le ricerche coreo-musicali di Teatro Fondamenta Nuove (ascoltate l’alto sassofonista INDIANO Rudesh Mahantappa), i workshop di Fondazione Buziol o Bevilacqua La Masa, che incrociano IUAV e Biennale Arte impegnate a realizzare l’incredibile PARADA di giugno: questo tratto comune, che ha un’apice imprevista in “D’une rive à l’autre”, ci deve far pensare a un movimento centripeto delle forme culturali, quasi a una contro-deriva di continenti culturali tendenti a una nuova Pangea.

 

Non è più la sintesi di un andirivieni di genti che scoprono mondi nuovi, Indie etc: i popoli stanno tendendo verso un “unico luogo”, che ovviamente non è nominabile o rappresentabile (forse è già adesso Internet), ma che viene tracciato -non solo idealmente- da un movimento opposto a quello della ricerca di nuove frontiere fisiche o spaziali. Si riducono gli spazi vitali e le risorse, tutti tendono a un “punto”, a quel centro di cui si diceva: non possiamo, prima o poi, che “fonderci” nell’Altro per poter stare, tutti insieme, in questo “punto” o centro.

 

Il WWWeb c’entra moltissimo: parleremo, lo facciamo già adesso con Arièle Butaux, di ARTE MELTI(N)MEDIALE, più che multimediale. Non c’è solo la compresenza e la collaborazione, ma il diventare (l’) altro.

 

Se non pensate ai raga indiani come a un’altra possibile faccia di Schubert, al Fado portoghese come a un “Brahms mascherato” (sono ovviamente dei paradossi), non potete immaginare la portata a suo modo epocale di questa rassegna.

Pensate, allora, a una medesima ricerca espressiva che si sia sviluppata alle estremità di un pianeta, anche senza possibilità di reciproco contatto e ai concerti della Fenice come alla prima occasione in cui i due poli s’incontrano.

I CONCERTI

 

 

03 APRILE, Sale Apollinee della Fenice, ore 19:

 

Progetto Bach

Johann Sebastian Bach
Suite I BWV 1007
Suite II BWV 1008
Suite III BWV1009
Improvvisazione

Christian-Pierre La Marca violoncello
Madjid Khaladj percussioni iraniane


L’esistenza delle 6 suites per violoncello solo di Bach è un fatto che ha del misterioso. Quando furono veramente scritte, perché e per chi? Non lo sappiamo. Comunque sia, queste pagine, forse le prime che siano state scritte in Germania per violoncello solo, sfruttano le risorse dello strumento in una maniera che ha del miracoloso. Questo progetto originale riposa sull’idea di un reale avvicinamento tra due mondi artistici diversi: l’Oriente e l’Occidente. Ecco perché ho voluto aggiungere alla musica di Bach queste meravigliose percussioni iraniane, che, sottolineandone il ritmo di danza e mettendo assieme due opposte tradizioni musicali, la illuminano di nuova luce. Christian-Pierre La Marca

 

  

04 APRILE, Sale Apollinee della Fenice, ore 19:

Schubert e la musica indiana

Franz Schubert
Sonata n. 15
in la maggiore D664
Primo movimento
Secondo movimento
Improvvisazione raga
Terzo movimento
Improvvisazione raga
Franz Schubert
Melodia ungherese
Improvvisazione tabla
solo
Franz Schubert
Improvviso in fa minore
D935, op. 142 (quarto)
Improvvisazione raga

Shani Diluka pianoforte
Edouard Prabhu tabla
Sahana Banerjee sitar


Contemplazione e grazia sono i valori che questo progetto vuole trasmettere. Tra Schubert e i raga indiani si disvela un mondo ricco di meditazione e di umanità. Esso trascende le due culture e ce le fa vedere sotto una nuova luce nel pieno rispetto delle reciproche tradizioni. Attraverso lo sviluppo di elementi simbolici e strutturali, dialoghiamo e ci muoviamo come anime lungo un viaggio iniziatico alla ricerca della grazia...

Un viaggio attraverso il tempo, attraverso le epoche, attraverso la vita... Shani Diluka e Sahana Banerjee

  

ACQUISTA I BIGLIETTI

 

Sabato 11 aprile 2009
FELICITY LOTT, soprano
JASON CARR, piano jazz
La commedia musicale ed altro

Venerdì 15 maggio 2009
FERENC VIZI, piano
CORNELIA CIOBANU, canto tradizionale rumeno
CYRIL DUPUY, cymbalon
Il viaggio spirituale del “Wanderer” attraverso Schubert e la doina

Sabato 16 maggio 2009
MIGUEL DA SILVA, alto
MISIA, fado
JEAN-CLAUDE PENNETIER, piano
Brahms, l’alto e la voce del fado

Venerdì 5 giugno 2009
RACHA ARODAKY,piano
FADHEL MESSOUADI, liuto
Musica baroca e musica dotta araba
Opere di Scarlatti, Bach, Haendel e improvisazioni sul liuto

 

 

D’une Rive à l’autre

rassegna di concerti di Musica da Camera di primavera

 

Sale Apollinee, Gran Teatro della Fenice

Venezia 03 aprile/ 05 giugno 2009