TEATRO LA FENICE PRESENTA...
 

concerto di capodanno

dirige Sir John Eliot Gardiner

Gran Teatro della Fenice

Venezia 31 dicembre 2009

 

di Gabriele FRANCIONI

 

 

Collegamenti:

- Teatro la Fenice

Dopo averlo amato e studiato ai tempi del "Don Giovanni" con Ildebrando D' Arcangelo, in tournée italiana nel 1995, osserviamo due diversi aspetti della ratio interpretativa del filologo Gardiner, che sfodera una lucidità strepitosa nella lettura della Sinfonia n. 7 di Dvorak (primo tempo) e qualche incertezza nei territori del belcantismo italico (secondo tempo), per un programma già un po' frammentato in partenza.

Il Maestro britannico, divenuto "Sir" grazie a vent' anni di ricerca analitica su partiture tra Barocco e Settecento (lo splendido "Orfeo" monteverdiano, il rivoluzionario "Zauberflote" di Mozart), è abituato a scavare nei meandri della strumentazione per stravolgerla, riconducendola

alla scrittura originaria dei compositori, ma qui il repertorio è temporalmente molto più vicino a noi e "basta" limitarsi alle indicazioni dinamiche, di coloritura etc.

 

Non è affatto poco: il secondo movimento della Settima dvorakiana è straordinario proprio grazie all' attenta lettura dinamica, dall' inizio sino al finale e a quell' indescrivibile glissando rallentato e con un indescrivibile abbassamento di altezza del suono.

A noi è piaciuto più questo del primo, per quanto noto (quello) per la meravigliosa linea melodica.

Molto chiaro e attento Gardiner anche nelle accelerazioni del terzo movimento, seguito dall' orchestra e in particolare dagli archi, concentrati e assai espressivi (dalla nostra postazione possiamo osservare direttore e orchestrali da vicino: una collaborazione fatta di cenni del viso e piccoli gesti, segno di una preparazione molto attenta).

 

I (quasi del tutto) trascurabili limiti interpretativi della sezione verdiana, rossiniana e donizettiana, invece, dipendono soprattutto da una chiara e prevedibile strutturazione del programma finalizzata alla diretta televisiva e all' occasione celebrativa.

 

Non che Gardiner non sia a suo agio rispetto a un repertorio simile, che negli ultimi dieci-docici anni ha avuto modo di studiare e percorrere ampiamente,  ma sono forse le durate limitatissime degli estratti scelti a non giovare alla compattezza dell' insieme.

 

Eccoci quindi in diretta-tv, dopo l' intervallo.

 

 

Dall’ "Ouverture" del Signor Bruschino di Rossini, al “Si ridesti il Leon di Castiglia”, coro tratto dall' Ernani di Verdi, sino a “Una furtiva lagrima” da l’ Elisir d’amore di Donizetti, con Francesco Meli giovanissimo e talentuoso tenore -applauditissimo dal pubblico, anche più della Antonacci, che a breve farà mostra di sè sul palco della Fenice- è un continuum di emozioni frenate e interrotte sul nascere.

Nascosto, il primo omaggio a Venezia: il libretto dell' Ernani è del muranese Francesco Maria Piave.

 

L' "Habanera" e  la "Chanson bohème" dalla Carmen di Bizet permettono alla bellissima cantante emiliana di ribadire le caratteristiche che la rendono unica nel panorama lirico italiano: presenza scenica figlia del grande pathos interpretativo, peraltro mai volgare o eccessivo, unita a un timbro vocale particolare e riconoscibilissimo.

Reduci da recenti collaborazioni, Gardiner e Antonacci procedono in accordo perfetto, in particolar modo nei sensuali e avvolgenti 2/4 cubani della danza che si presta alla lettura caliente della soprano.

 

 “De’ miei bollenti spiriti” da La traviata riporta sulla scena Mieli, forse troppo desideroso di riconquistare l' attenzione del pubblico e quindi talvolta troppo su dei forti che dovrebbero essere piani.

 

Notevole, anche se, come accennato, troppo breve anche l’“Intermezzo” da I quattro Rusteghi di Ermanno Wolf-Ferrari per potersi soffermare con più calma sulla piacevolezza di un brano e relativa interpretazione.

Altro doveroso e non scontato omaggio veneziano.

 

La "Canzone del velo” dal Don Carlos -ancora Verdi- continua la spezzettatura televisiva del programma (alla fine si conteranno dodici frammenti in un' ora di secondo tempo trasmesso in diretta), ma almeno ci ripropone una Antonacci sempre più sicura di sè.

 

Andiamo verso la conclusione, con l' eterno inno virtuale italico di Verdi, che ci permette di assestarci sulla grazia del "largo", poi ci prende e sospinge ottimisticamente verso il nuovo anno (magari con qualche nesso "politico", che non guasta in tempi così cupi).

“Va’ pensiero", dal Nabucco, è reso da Gardiner con la tranquilla maestosità che gli si addice, ed è bello perdersi in questo mare poliritmico -per così dire- così leggero da non permetterci di accorgersi di strutture complesse.

 

"Libiamo nei lieti calici” da La traviata, bissato e, quindi, appena un po' approssimativo, con l' urgenza delle feste che incombe, chiude un Concerto di Capodanno decisamente superiore all' edizione- Prètre, dove Gardiner (e Antonacci e Mieli e l' Orchestra) si sono avvicinati alla generica idea di perfezione concessa da un' occasione troppo particolare e "vincolata" per essere sublime.

TEATRO LA FENICE PRESENTA...
 

concerto di capodanno

dirige Sir John Eliot Gardiner

Gran Teatro della Fenice

Venezia 31 dicembre 2009