MA QUALE SETA? PIUTTOSTO PAGLIA!.
Che disastro!
A volte faccio fatica a comprendere le decisioni di alcune produzioni.
Mettendo da parte amicizie e favoritismi vari, davvero non capisco come sia
potuto accadere un incidente del genere. Il film
Seta, tratto dall’omonimo
romanzo di Alessandro Baricco (suo anche “Novecento” da cui è tratto
La leggenda del pianista sull’oceano
di Tornatore), sembrerebbe contare su una seria e notevole produzione; con
attori di spicco come il mono-espressivo Michael Pitt e l’insufficiente
Keira Nighetley (noi italiani penalizzati ulteriormente da un pessimo
doppiaggio), location sparse per il mondo, una sceneggiatura tutto sommato
dettagliata e ricca di sfumature, per questo motivo rimango ad occhi
sgranati quando irrompono i violini gracchianti di Ryuichi Sakamoto
(vincitore di un premio oscar con
L’ultimo Imperatore di Bertolucci, e chiamato in causa da registi del
calibro di Pedro Almodovar, Oliver Stone e Brian De Palma). Stavolta il
compositore nipponico sbaglia tutto, commentando un film già
irrimediabilmente lento con musiche da coma pilotato, sonorità troppo
pesanti nei pochi momenti di risveglio del film, e troppo povere nei momenti
delicati mentre partono le scommesse tra gli spettatori a chi si addormenta
per primo. Strumentazione tuttavia azzeccata, archi e pianoforte trattato
con un effetto però troppo obsoleto. Tanto suggestiva l’idea d’impianto,con
un obbligato del piano che fa da contrappunto alle mezze frasi degli archi,
quanto in attenta la realizzazione, effetti diversi tra gli strumenti,
impasti improbabili, poca escursione sulle possibilità espressive tipica
degli archi, un passaggio alla Howard di qua e uno alla Hans Zimmer di là.
Temi troppo deboli per salvare la mediocrità del film, un film basato su una
storia che più che ambientata nell’800, sembra scritta nell’800.
Curiosa la scelta di cambiare brano, anziché modularlo, su di un’unica
scena, creando squilibrio temporale e soprattutto un’incoerenza da alzarsi
ed andarsene. Errore da dilettante. Neanche nei commenti delle scene
ambientate nel suo paese natale, Sakamoto riesce ad uscirne indenne, facendo
entrare lo spettatore in un tunnel sonoro sempre uguale. Le sequenze
armoniche per descrivere i paesaggi francesi e i villaggi giapponesi sono le
stesse, stessi anche strumenti per commentare il lungo viaggio e infine
troppo sbrigativo il tema di congiunzione tra realtà europea e quella
orientale.
In conclusione un film apatico, girato senza convinzione, un montaggio lento
e un’interpretazione degli attori davvero preoccupante (l’unica nota
positiva va ad Alfred Molina che interpreta l’uomo d’affare Baldabiou). Un
film inutile.
08:11:2007 |