la biennale di venezia

42.festival internazionale del teatro

Venezia 1>11 agosto 2013

 

natura e origine della mente
regia di Romeo Castellucci

di Gabriele FRANCIONI

27/30

Spettatore,il tuo nome non è esatto


Romeo Castellucci appende Silvia Costa a una capriata del soffitto delle Tese dei Soppalchi e attacca Baruch Spinoza alle pareti del nostro cerebrum,che,a suo dire,è il “Palcoscenico Uno” del fare teatro.Il nostro nome non è esatto,poiché la scena è tutta interna al personale vedere attraverso l’occhio della mente:siamo noi il centro dello spettacolo,aperti a un profondo,autoriflessivo incontro interiore da cui far scaturire immagini non (ancora) presenti sulla scena.

Lo spazio è ancora illuminato di luce naturale e il pubblico inizia a girare famelicamente intorno/sotto alla figura femminile che pende dall’alto,cono d’ombra in cui implode e viene risucchiato tutto il testo,che di fatto è assente.La vittima sacrificale ha esattamente la forma di un’interrogazione,un punto di domanda cui lo sguardo torna sempre,ponendo in relazione ad esso ogni variazione nel muoversi girovagando dei corpi performanti.Veniamo circondati e aggirati dai 14 (ma sembrano di più) ragazzi del laboratorio,12 femmine e 2 maschi,freschi di ritiro spirituale e quotidiane meditazioni medicinali fatte leggendo Holderlin e convincendosi,come il poeta,che AGIRE significa PARLARE e da ciò scaturisce LA COSA.Ecco spiegato il lavoro di Castellucci:se l’ immagine è “tutto ciò che è distante da me”,non dobbiamo aspettarci delle facies,ma delle Parole-Cose,precisamente quelle dette/cantate/urlate dagli attori,quasi ne ricercassero la consistenza fisica data dal volume.Fuori dal pericoloso estetismo della frase compiuta,Castellucci libera il verbum:segmenti recitati in varie lingue (slavo/inglese/tedesco/cinese etc) tagliando il pubblico per linee diagonali;improbabili tracce à la gospel (“I’m a good man,I’m a good man”) intonate circolarmente indossando tuniche immacolate;singulti fonetici pronunciati tra lunghe pause stando distesi a terra,gli arti raddoppiati da protesi artificiali,poi lì abbandonate come gambe spezzate senza sangue,prosciugate.

Ogni parola,suggerisce R.C.,può scoppiarti tra le mani e amputarti,prima di farsi Cosa:ecco quello che accade alle Tese dei Soppalchi.Le parole c’inchiodano,possono essere straordinariamente intense e vanno maneggiate con cura e parsimonia.Poche o del tutto assenti,come da progressiva tradizione della Societas.Che ci si trovi al limite estremo del percorso di S.R.Sanzio,forse quel punto di ritorno all’indietro cui Castellucci accennava durante la cerimonia di consegna del Leone d’Oro,è dimostrato dal fatto che,a colpi di prosciugamenti,anche le pregnantissime immagini di ogni precedente lavoro,fanno un passo indietro di fronte alla tonante potenza creativa della Parola.Si spostano,si azzerano e confluiscono verticalmente verso l’esile,angelica figura della Costa (A) e trovano uno spazio –la nostra mente?- posto dietro la sagoma antropomorfa ritagliata nel bianco pannello d’ingresso,che ora ci è interdetto (B).

Non v’è nulla di misterioso nell’ammassarsi finale di corpi nudi dietro quel ritaglio:essi sono ciò che rimane delle Immagini,spoglie,spogliate,spellate dalla atomica di parole precedentemente sganciata in mezzo al pubblico e ai performanti.E sono massimamente distanti da noi,qui addirittura inaccessibili:caution radiation area,sembra voler suggerire il pannello tra noi e tale ammasso di Alterità.

Se non spella,l’intensità della Parola INCHIODA,come inchiodata è l’attrice al soffitto.Come il logos,anche il libro,i libri,Tà Biblìa,che infiniti ne contiene,colpisce e annienta con le parole.Se sganciate in mezzo al pubblico,come durante lo spettacolo di Castellucci,producono la strage cui abbiamo assistito:pezzi di gambe e corpi di spettatori spinti contro le pareti,ivi condotti dagli attori/verba lanciati come frecce verso di essi.Inchiodati/amputati/feriti.Un libro è come una bomba atomica che deflagra e la sua potenza va contenuta,paradossalmente non amplificata:ecco la differenza tra il teatro di S.R.S. (e altri) e quello di Liddell/Lupa/Ostermeier.

Più semplicemente e banalmente,NATURA E ORIGINE DELLA MENTE è anche figlio di “Four Seasons Hotel”,che riecheggia l’ Empedocle di Holderlin,quindi una gemmazione del più recente lavoro castellucciano.

Il cane che miagola all’inizio del tutto è puro e semplice diversivo,atto a confondere i presenti con un’assoluta sconnessione tra immagine dell’animale e il suono prodotto.

Non usciamo dall’inaccessibile ritaglio d’entrata,ma dalla grande porta verso l’acqua.

ore 19.00 - Tese dei Soppalchi
ROMEO CASTELLUCCI / SOCÌETAS RAFFAELLO SANZIO *
Natura e origine della mente
(30’)
ideazione e regia Romeo Castellucci
* Ingresso su invito ritirabile a Ca’ Giustinian, a partire dal 4° giorno antecedente lo spettacolo e fino a esaurimento posti disponibili

con Silvia Costa
e con i partecipanti al laboratorio
tecnica del suono Matteo Braglia
produzione Socìetas Raffaello Sanzio, Théâtre de la Ville-Paris, Festival d’Automne
in collaborazione con la Biennale di Venezia
in replica ore 20.30 e 22.00

SITO UFFICIALE

 

42.festival internazionale del teatro

Venezia 01 / 11 agosto 2013