biennale arte 2013

il palazzo enciclopedico

 

55. ma esposizione internazionale d'arte

1.6-24.11

 

Corin Sworn, Duncan Campbell, Hayley Tompkins

scozia

Collateral

 

di Gabriele FRANCIONI

Abbiamo deciso d’inserire la Scozia, separata dal contesto dei padiglioni e ufficialmente “evento collaterale”,  tra gli spazi a dominante videoartistica, ma le scelte curatoriali sono in realtà più complesse e coinvolgono anche installazioni, materiali audio e fotografia. 
Il Regno Unito è senza dubbio una delle partecipazioni-guida, se non la presenza principale, alla 55° Bennale veneziana. Questo è lo specchio di un più generale e consapevole ruolo di traino economico-culturale a livello europeo, che ha cominciato a far mostra di sè già nel 2012 con eventi a scala mondiale. Non si può certo dire che Inghilterra, Irlanda, Galles e Scozia siano fuori dalla crisi, ma i fondi per la Cultura sono molto maggiori rispetto al sud del continente o, almeno, gestiti in maniera mirata nelle occasioni più significative.
è palpabile, fin dalle presentazioni e dal materiale-stampa, la ricchezza di mezzi dietro al prodotto culturale, anche se non c’è sfoggio inutile, ma bilanciata armonia di orgoglio nazionale e apertura verso l’Altro.
 “
The Common Guild” è l’ente che supporta i tre artisti con base a Glasgow e che, con incredibile e lungimirante atto di strategia curatoriale, li ripresenterà nel 2014 in mostre indipendenti.
Nelle splendide sale del secondo piano di Palazzo Pisani, incontriamo subito, dalla sinistra, l’articolata installazione (mosaico a terra/ video/ fotografie/ disegno su tende) di Corin Sworn (Londra, 1976):  la giovane artista scozzese è tra i pochissimi che riesca a rendere compresenti, se non fuse tra loro,  le premesse teoriche di Massimiliano Gioni. Giocando con la luce dei piani superiori del palazzo, il vento lasciato passare attraverso le finestre aperte, diaframmate da tende trattate con semplici geometrie andine, Sworn evoca le altezze delle pampas peruviane (oltre i 3500 metri) cui è ispirato il suo lavoro. Il paese di Huasichanca fu meta di un viaggio del padre, che da lì portò oggetti poi accumulati con attenzione e cura in una collezione familiare. La figlia ha poi ripercorso i passi paterni, in un atto esperienziale onirico, quasi una (mini)serie costituita da 2 performance uniche, dove le impressioni visive e il corredo materiale vanno stratificandosi lentamente le une sugli altri. Il mosaico di tessere multicolori, a dominante marrone e con disposizione poligonale, è la terra, il dato oggettivo, la base montana che evoca le fondazione della piccola città sulle Ande, mentre il video e le fotografie sono i ricordi personali, il dato soggettivo. Ecco allora che l’installazione si fa meditativa pur rimanendo esplorazione scientifica. L’accumulo razionale, collezionistico indicato da Gioni, lascia spazio a una trance privata: la sintesi perfetta, l’atto artistico ideale per questo “Palazzo Enciclopedico”. Ancor di più, aprendosi alla magia peruviana, Sworn nega (in ambito prettamente-UK) l’auto riflessività nazionalista di Deller e si avvicina all’atteggiamento dialogante e critico di Richard Mosse.

Duncan Campbell (Dublino, 1972),
collocato sul lato lungo del salone principale, alla destra dell’entrata, invita invece a un intrigante gioco di specchi tra verità ed imitazione, sdoppiando uno straordinario video-documentario di Chris Marker e Alain Resnais del 1953, imperdibile gioiello dell’esposizione (“Les Statues meurent aussi”), in un suo filmato in bianco e nero - “It for Others”, 2013, 16 mm, 50 minuti - visibile nella sala attigua e da fruire in continuità temporale.  Partendo dalle premesse teoriche del rivoluzionario algerino Frantz Fanon contenute nel testo “Black Skin, white mask”, 1952,  Campbell mira altissimo e mette in questione sia le radici del colonialismo, sia la matrice ideologica dei movimenti “black-only” degli anni ’40, vista come altrettanto razzista e discriminatoria.  Da irlandese conscio delle brutali sottolineature tra il Sé e l’Altro, tra Londra e Dublino, Campbell non concepisce l’autoaffermazione di un popolo o di un singolo come avente barriere inattaccabili nel relazionarsi ad altri popoli e altri individui. Posta come questione ontologica, la premessa teorica diventa ragionamento filosofico e produce l’accostamento geniale dei due video: il primo un’ambigua collezione di sguardi sui corpi della black people, ripresa in un’epoca in cui era essa stessa reperto o monile per la teca del pensiero. La banda sonora racconta una sorta di razzismo di default connaturato alla razza bianca, per quanto colta ed evoluta e sdogana interrogativi da brivido sulla superiorità della razza, ma il filmato seguente non sembra creare alternative e fissa la questione sul piano di una sostanziale equipollenza tra universi bianco-centrici e nero-centrici.  Racism is not the discrimination against one group or another on account of their race: it is the belief in the existence of separate races at all”.
è c
hiaro che Campbell si pone fuori da un’ottica anglo-centrica, che, per quanto Londra rappresenti da sempre l’epitome dell’apertura verso le multiversità razziali, è tuttora viva e pulsante e non si distacca dalla (dismessa, certo, ma onnipresente) prospettiva colonialista. “It for the Others” è un’analoga collezione d’immagini che raccontano la/le specificità nazionali (orgoglio produttivo/antropologia/arte) in una forma che fa la parodia di Marker e Resnais e risulta assolutamente effettiva nel generare sconcerto e illusione su dove stiano i confini tra racconto reale e falso.
Più intimista, anche se visivamente potente, l’installazione di Hayley Tompkins (Leighton Buzzard, 1971), secondo la quale gli oggetti di uso comune devono tornare alla purezza originaria dell’atto creativo, contenente quel surplus di “feel”, di sentire, che la riproducibilità tecnica ha tolto alla produzione in serie. Bottiglie di plastica sono ripensate e riposizionate in un universo formale, insieme ad altri oggetti, che rallenta i ritmi della fruizione. Riempite a metà, sostano di fronte a vaschette di colore posizionate a terra, in un contorno installativo complesso, sempre contrassegnato da “quotidianità” (come la camicia fissata alla parete
).
09/6/2013

 

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biennale arte 2013

il palazzo enciclopedico
01 giugno > 24 novembre 2013