biennale arte 2013

il palazzo enciclopedico

 

55. ma esposizione internazionale d'arte

1.6-24.11

 

Episteme vs. Aletheia
premessa

 

di Gabriele FRANCIONI

Stretta tra l’incudine di Documenta 2012 e il martello delle grandi fiere autunnali, la Biennale Arte 2013 di Massimiliano Gioni segna un preciso e per certi versi epocale momento di discontinuità rispetto alle edizioni del recente passato.
Riconnettendosi come fece il “Common Ground” di David Chipperfield al mondo reale, quello irreversibilmente mutato dalla crisi iniziata da un lustro e suscitando l’immagine del Curatore quale sismografo sensibile più intento a mostrare la propria utopica iper-Collezione mentale che a far sfoggio di un potere organizzativo illimitato, Gioni definisce una specie di museo ecumenico aperto sia agli artisti non professionisti, ai periferici e agli amateurs, sia alla dimensione ultrasensibile dell’immaginazione, del sogno e della realtà psichica. Così facendo, si pone all’opposto della routine consolidata di mostre e superesposizioni costruite solo sulle art-stars e sulla spendibilità di artworks rintracciabili in decine di grandi gallerie, dodici mesi all’anno.
Non ha alcun senso attaccare il direttore per un uso alternativo del potere concessogli dalla posizione ricoperta: la storia dell’arte e quella delle Biennali devono bypassare i bisogni contingenti di una critica annoiata e incapace di svincolarsi dalla convinzione di appartenere a sistemi metalinguistici che si parlano addosso e che, ormai da tempo,hanno asserito l’alterità dal mondo as we know it di enclaves ricchissime, ma alternative e opposte a ciò che per noi è lo Spirito del Tempo. Sembra impossibile doversi ripetere, dal 2009, sull’ importanza dell’ approccio a questa dissociazione tra bisogni di pochi ed esigenze espressive di molti. Non basta ascoltare, o far risuonare, il mantra del “valore dell’oggetto d’arte definito solo dalla sua valutazione di mercato”, dall’ ondivago prezzo d’asta o dalle ancor più imprevedibili e schizofreniche scelte  dei collezionisti. I commentatori dell’arte hanno rinunciato da tempo a un ruolo indipendente e/o realmente creativo e preferiscono evitare totalmente l’analisi dei nuovi e/o sconosciuti esposti in Biennale, limitandosi all’ossessivo scandaglio di questioni di metodo.
Berlinde De Bruyckere, Stefanos Tsivopoulos, Camille Hendrot, Ragnar Kjartansson, Richard Mosse, Edson Chagas, Nicola Costantino, Mladen Miljanovic, Kaspars Podnieks, Rashad Alakbarov, Vadim Zakharov, Petrit Halilaj e Sarah Sze  –uscendo dal padiglione internazionale- non devono solo farsi strada tra nomi ingombranti quali Ai Wei Wei, necessarissima presenza iconica e manifesto vivente di libertà espressiva, ma non sempre innovativo (Padiglione tedesco), o Jeremy Deller, ma sono anche costretti a  sperare nella curiosità di qualche isolato storico dell’arte capace di uscire da consolidate dinamiche di do ut des.
L’unico problema di metodo, semmai, è la durata della permanenza in laguna degli inviati di grandi testate internazionali e nazionali: tre giorni, al netto delle distrazioni, sono troppo pochi per giudicare una mostra infinita, arricchita da un contorno tentatore d’inevitabili eventi collaterali o privati (come non passare a visitare la riproposizione di “When Attitudes Become Form”, tanto per fare un esempio?). Tutti sanno che gli universi autoreferenziali viaggiano su yacht e si materializzano solo alle esclusivissime feste dei palazzi sul Canal Grande e molti tra gli esterni al sistema ambiscono ad entrarvi e ad essere “in” (mentre altri devono rimanere out). Questo non basta, è un agire troppo periferico e tristemente elitario, tipico di un’ élite cui Gioni appartiene ai massimi livelli, se non al top assoluto inteso come vertice intellettuale,ma dalla quale si stacca coraggiosamente nel momento in cui pensa e produce “Il Palazzo Enciclopedico” e i rivoli di discorso che ne conseguono o ne dovrebbero conseguire. Grande merito, quindi, al Direttore, ma è inevitabile, per il prossimo futuro, cercare di trattenere in città questa schiera di analisti svogliati, viziati e vetusti per almeno 5/7 giorni e costringerla obbligatoriamente a visitare tutti i padiglioni di Giardini, Arsenale e Centro Storico. La scoperta di nuovi talenti, nascosti in un piccolo spazio in fondo a calli e campielli quasi inaccessibili, non può che suscitare sorpresa e infinito piacere intellettuale; la lettura delle recensioni mainstream, invece, produce solo un vago, ma intenso senso di rigett
o.
15/6/2013

 

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il palazzo enciclopedico
01 giugno > 24 novembre 2013