biennale arte 2013

il palazzo enciclopedico

 

55. ma esposizione internazionale d'arte

1.6-24.11

 

Mladen Miljanovic
IL GIARDINO DELLE DELIZIE

Storia Nazionale/Narrazione celebrativa

 

di Valentina GERVASONI

galleria fotografica performance inaugurazione

Attraverso una sintesi acuta, traccia con vigore i lineamenti di una vita. Quella del popolo bosniaco. Mladen Miljanovic (Zenica, 1981) è l’artista chiamato a celebrare il suo paese alla “Decennale” di Venezia 2013. Così Mladen ironizza sul tanto atteso ritorno bosniaco in laguna, dieci anni dopo la prima partecipazione ufficiale.
Bosnia,
"Il Giardino delle Delizie": apparente contraddizione in termini che disvela la parte più intima di un paese smarrito e dilaniato dai conflitti socio-politici. Transizione e coesistenza per la resa evanescente di una nuova identità culturale, autodefinita per mezzo del costante riverbero di elementi antitetici: individualità e collettività, vita e morte, volere-piacere versus potere-dovere. Contrasti non solo metaforici ma esperibili a partire sia dalle pratiche artistiche - attraverso l’uso e l’unione di tecniche distanti per tradizione, come ad esempio l’incisione e la performance - sia da quelle materiche che accompagnano il visitatore come una costante lungo le tre stanze del padiglione della Bosnia and Herzegovina, sin dall’ingresso nella stanza del pensiero, per poi proseguire in quella del vedere e di un sentire multi sensoriale a concludere. La divisione dello spazio collassa nel continuum stesso dell’immagine data dal ferro, flessibile materiale del costruire, e dal marmo, materiale sempiterno e ieratico del ricordo.

Tutto è relativizzato e allo stesso tempo fortemente fissato nel trittico emblema del Giardino delle Delizie,  una sorta di memoriale tridimensionale capace di celebrare un ritorno alla realtà, benché il suo incipit sia il desiderio. Infatti, come sottolinea il commissario Sarita Vujković, l'idea alla base del progetto si sofferma su gli sfrenati desideri della gente, sulle verità personali e al contempo sull’assurdità collettiva della contemporaneità. Infatti, ciò che l'artista individua è percepito come strumento di un paradosso collettivo, peculiarità corrente di tutta la Bosnia e delle regioni adiacenti. Il visitatore, pertanto, si trova dinanzi un documento visuale che, attraverso il potere delle immagini, permette di ricostruire il cammino di una nazione, collocata simbolicamente all’interno di un giardino, metafora rappresentata in modo splendidamente calzante e trionfalmente kitsch dalla bellezza generata dalla molteplice diversità di flora e fauna. Così, se il celebre trittico di H. Bosch - fonte prima di ispirazione dell’artista bosniaco - rappresenta enigmatiche scene di vita cinquecentesca che dipingono caducità, transitorietà, assurdità piena di speranze, piaceri, aspettative, il trittico di Mladen, che ne conserva l’originario scenario surreale, si riempie di reali incisioni funebri. Mappa iconografica di un intero paese morto che aspetta e invoca una resurrezione.

Mutuati dalla tradizione balcanica che immortala il ricordo del defunto non attraverso l’anonimato di un nome, ma con l’immagine di ciò che è stato e sempre vorrà essere, questi ritratti sono concentrati di desiderio: così - come spiega Mladen osservando i suoi personaggi - una gonna non è mai troppo corta o un pesce troppo grosso per la percezione di sé da restituire in memoria al mondo. Davanti a queste fredde lastre marmoree, monumenti che hanno costruito la storia etno-antropolgica di una civiltà, si stagliano diversi piani temporali. Il presente di una trasformazione sociale, di un’esperienza artistica con il quale l’artista convive e lavora, e il futuro. L’attenzione per il tempo, per la persistenza della memoria diventa oggetto di documentazione comparativa, frame della realtà, necessario strumento antropologico e artistico al contempo.
Il dolore individuale, così come il piacere del singolo, potente e lambito dagli eventi, si dibatte estraneo ai margini dei tempi moderni: il locale diventa globale nella riflessione di Mladen sul sottile confine tra desideri, volontà e libertà. Così, l’artista esige dal suo corpo di resistere - psicologicamente durante i mesi di iter preparatorio e fisicamente durante l’intensa performance d’inaugurazione del padiglione - al carico gravoso delle aspettative e dei desideri che accompagnano il ritorno bosniaco in Biennale: “Dear Friend, what would you love or wish to see in the pavilion of Bosnia and Herzegovina in Venice?” domanda Mladen a trenta dei suoi amici estranei al circuito artistico-culturale, nel tentativo di capire come rappresentare al meglio il suo Paese in questa 55° mostra internazionale d’arte.
Ma accogliere i desideri di ognuno, ascoltare compiutamente le molteplici voci sollevate per l’occasione, significa realizzare un progetto comune veramente valido e rappresentativo? Lo spettatore è anch’esso portato a riflettere in questa direzione da un musicale senso percussivo e persuasivo che pervade il padiglione. Gli strumenti, i musicisti della filarmonica di Banja Luka, le melodie sono combinati tra loro in maniera sempre più massiccia e imprevedibile: dalla flautista in crescendo si assiste all’introduzione alogica dei componenti all'interno dello stesso spazio musicale, in un agglomerato sonoro che genera un hortus conclusus visuale
- in accordo a quanto propone visivamente tale video, A sweet Symphony of Absurdity - ma soprattutto uditivo.
Il piacere di ciascun musicista di suonare il suo componimento preferito soggioga l’armonia complessiva della melodia d’insieme. Tutte le tracce d’identificazione personale di desiderio, di libertà con il materiale musicale e i suoni generati sono rimosse. La libertà -ergo il bene, il piacere
- di ciascuno finisce dove comincia quella altrui.

Le forme artistiche di Mladen sono forme di trasformazione sociale. Subito scatta l’introiezione e la consapevolezza cosciente di un discorso capace di includere, nella sua apparente leggerezza, quei segni necessari per il rinnovamento doveroso che la Bosnia, oggi contenitore autentico e ricettivo, chiede.

foto di Gabriele Francioni

 

sito ufficiale

 

 

biennale arte 2013

il palazzo enciclopedico
01 giugno > 24 novembre 2013