Christophe Desjardins

28/30

“Adesso vi farò vedere io”. È questa la silenziosa frase che con molta probabilità Christophe Desjardins si è detto aspettando di salire sul palco. Serio e deciso a dimostrare dai primi passi la sua forte personalità, apre il concerto con la Sequenza VI per viola di Luciano Berio, un brano tecnicamente molto complesso, caratterizzato da frequenti armonie microtonali e da una forte impronta ritmica nell’utilizzo di veloci tremoli. Sarà proprio questa a dimostrarsi il punto di forza dell’esecutore, straordinariamente preciso nell’articolazione ritmica, anche se talvolta a scapito dell’intonazione, ma soprattutto molto raffinato nella cura della dinamica.

Questa sua peculiarità non ha potuto appassionarci nel secondo brano dove una preponderante elettronica di stampo francese ha completamente appiattito il livello di ascolto. Partita I di Philippe Manoury è un lungo brano (45’ n.d.r.) per viola e live electronics che sfrutta le accelerazioni e le pressioni dell’arco sulle corde dello strumento per sincronizzare la partitura strumentale a quella elettronica. Non è sempre chiara quale sia la funzione dialogica di quest’ultima nel corso del brano, posso dire piuttosto che assume un ruolo importante nell’arricchimento del timbro e delle armonie dello strumento solista, molto curate ed eleganti soprattutto nelle prime parti del brano.

La sincronia tra la partitura strumentale e quella elettronica rimane ancora oggi uno dei problemi più difficili nella scrittura e nell’esecuzione di brani elettroacustici. Queste problematiche sono sempre legate ad esigenze compositive e musicali del singolo brano e possiamo dire che questo sistema di analisi gestuale si è dimostrato tanto accurato quanto adeguato.

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