Al termine del Palazzo Enciclopedico alle Corderie, concepite come
intelligente successione di spazi bianchi e finalmente non violentate dalle
dimensioni extra-large di opere che entravano in competizione con la vastità
della location, la trance misterica indotta nella nostra mente da centinaia
di saperi fattisi forme concrete diventa definitivo inciampo meditativo
nell’incontro con il loop ipnotico di minimalistici tubi deposti a terra da
Walter De Maria: siamo pronti per la Palingenesi, ora che il palazzo della
vecchia arte è stato distrutto e, dopo una fine, attendiamo rinascite
radicali
La perfetta casualità del dio artistico accosta la “Genesi” dello spazio
riservato alla Santa Sede alla “Eva” di quello argentino e il nuovo Pietro
(argentino) al bellissimo lavoro di Nicola Costantino.
Non poteva morire che a 33 anni, Evita Peron, controverso/a e multiforme
messia dei diseredati, cui il popolo dedicò quattordici giorni di lutto e
pianto. Costantino, da sempre trasformista e in divenire, sembra evolvere
verso forme espressive che oltrepassino i feti di animali di “Human
Furriers” (2000) e i saponi fatti col proprio grasso corporeo, scegliendo il
proprio “lato più anni ‘70”, quindi installativo e video. Nicola predispone
una sequenza di ambienti-stanze definita dalla diaframmaticità di
video-proiezioni in cui è lei stessa a indossare i panni di Eva: giovane,
attrice, trionfatrice, malata e morente. Ogni camera è un allestimento a sé,
ogni vestito espone la ferrea volontà evolutiva di una donna che si
costruiva come un’opera d’arte, fino alla consunzione minimalista di un
corpo di soli 30 chili, fattosi installazione nella continuità metallica tra
l’imbracatura che la sosteneva e l’auto presidenziale che la trasportava
durante il corteo per la rielezione del marito, cui giunse in fase
terminale. L’invenzione geniale è proprio l’imbracatura, qui posta su un
carrellino motorizzato che la fa muovere tra gli spazi, quasi fosse persona,
oggetto surrealista macabro e vitale allo stesso tempo. “Eva-Argentina/Una
metafora contemporanea” presenta momentii narrativi - “Eva-Sogni”,
“Eva-Specchio”, “Eva-Forza”, “Eva-Pioggia” - che stratificano, in un gioco di
specchi borgesiani, le fasi di una singola esistenza messa in parallelo alla
storia di un grande popolo. Siamo circondati da Eve-firstlady ed
Eve-martirizzate,sino al simposio del video finale, in cui queste
s’incontrano e si sovrappongono: la Storia è una freccia, ma anche un
cortocircuito di eventi ritornanti uguali. Stupendi la pittoricissima
fotografia dei video (Sogni/Specchio) e l’arredo regale delle stanze;
perfetta la Eva su ruote (Forza); drammatica e di pura emozione la tavola
mortuaria sulla quale - un po’ come le caramelle di Felix Gonzalez Torres -
Peron è raccolta nelle lacrime sciolte da cubetti di ghiaccio sovra
illuminati deposti sulla fredda lama rettangolare. Forte impatto visivo per
un’opera che ricorda come l’accumulo sia anche di dati storici, l’enciclopedia sia fatta di memoria e il collezionismo (volendo anche quello
di Evita, che moltiplicò se stessa in vita e si auto-collezionò) mai fine a
se stesso, quanto volto a una conoscenza completa, se non definitiva. La
piramide di ice-cubes, “Lluva”, racconta gli Ultimi, i Desaparecidos, i
martiri della crisi del 2001.
02/6/2013 |