biennale musica 2012 +extreme
simone beneventi PERCUSSIONI
John Cage
(1912-1992) Teatro alle Tese 07/10, h 20.30
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Il concerto si apre con Simone Beneventi - che sceglie d’indossare come portafortuna un abito bianco donatogli tempo fa dall'attore John Malkovich - alle prese con One4 di John Cage. Questo pezzo fa parte dei cosiddetti "Number Pieces", che fanno rifermento al numero degli esecutori (da uno a sedici, fino alle composizioni per intere orchestre senza conduttore). In questa partitura, nelle battute (sei per la mano sinistra, otto per la destra) vengono indicati solamente gli strumenti da suonare, identificati con un numero, e la durata in minuti e secondi. L'esecutore è libero di scegliere qualsiasi oggetto percussivo: punti e linee nel tempo che si esplicano in suoni isolati o suoni tenuti. Cage è autore di riferimento per i percussionisti, suo infatti è 27'10.554" For a Percussionist (primo pezzo in assoluto concepito per percussione sola). Beneventi ha cercato di ottenere dei timbri nuovi e interessanti (trovando negli oggetti di metallo o di ceramica la miglior risonanza) rispetto alla percussione più comune: evitando perciò di ricadere nelle più tipiche tecniche con le bacchette del ribattuto, del tremolo o del rullo per ottenere suoni lunghi. Così ci racconta: "Ho usato delle biglie che anziché essere lisce avevano la superficie ruvida e quindi ruotando all'interno di oggetti riuscivano a metterli in vibrazione non solo per il suono della rotazione ma, essendo per l'appunto ruvidi, creavano questa sorta di fitto tremolo, ancora più vicino all'idea del suono lungo della percussione tradizionale, di ribattuto". Il percussionista ha quindi creato un suo percorso rimanendo all'interno dello spartito originale (ad esempio alcuni strumenti vanno suonati più di una volta) e cercando di cambiare tecnica (l'opera gong suonato attraverso la biglia o con dei colpi o semplicemente con le dita): ne risulta un set unitario che sfrutta solo strumenti a rotazione e contenitori: un water drum, una coppia di castagnette di metallo (fingercymbal a macchinetta), un icebell (+ biglia), un contenitore da caffè (percosso all'imboccatura, tipo udu-drums), una tazza di ceramica (+ biglia), un tamborim (+ biglia), un insalatiera di metallo (+ biglia), un barattolo del caffè (+ biglia), un opera gong, una tanica di benzina e un waldteufel. I movimenti lenti, la teatralità dei gesti rendono questa esecuzione sentita e convincente. Si prosegue con una serie di brani eseguiti dalla friulana FVG Mitteleuropa Orchestra diretta da Pierre-André Valade. Si parte con Initial di Bettina Skrzypcazk, brano caratterizzato dai suoni dissonanti dei microintervalli e da un ritmo incalzante seguito da cluster sonori più dolci fino al veloce finale caratterizzato dal suono della tromba. Vi è un intenso uso dei tamburi: la percussionista però appare più volte spaesata, l'ensemble corposo ma poco legato. Poi è la volta di Fachwerk (parola tedesca traducibile con “graticcio” che richiama il lavoro dell’artigianato ma anche una tecnica costruttiva degli edifici dove nella struttura di assi a vista decorazione venivano a essere la stessa cosa) di Sofia Gubaidulina. È un brano caratterizzato dal suono del bayan (la fisarmonica cromatica a bottoni della tradizione russa molto usato dalla compositrice nei suoi pezzi) del solista Germano Scurti che va ad intrecciarsi ai suoni liquidi degli archi che passano da ampi glissati a intesi crescendo. Grande spazio per i suoi rapiti momenti solistici che assumono, talvolta, tratti quasi improvvisativi. Nel primo troviamo note lunghe, dissonanze, vibrati (mani battute sullo strumento). Nel secondo la prevalenza di note a fondo registro grave. Nel terzo l’andamento si fa lento e lirico. La sensazione di risoluzione che si trascina inespressa per diverse battute culmina in un vivo e vorticoso finale. Per il penultimo brano ritorna la musica di John Cage con il Concerto for Piano and Orchestra. Il brano è caratterizzato da 13 parti indipendenti per l'orchestra e da 63 fogli per la parte del solista: per entrambi il compositore newyorchese lascia libertà di scelta e interpretazione. Non ci sono indicazioni di tempo o di tonalità e il solista può eseguire la sua parte "ad una velocità qualsiasi, un qualsiasi numero di fogli, secondo un ordine altrettanto indeterminato, totalmente o parzialmente 'a piacere'". Pierre-André Valade rimane sulla falsariga del ballerino Merce Cunningham (che diresse la prima esecuzione del 1958) segnando i cambi di tempo con un movimento delle braccia sopra la testa a imitazione delle lancette di un orologio. Ne risulta però una esecuzione piatta con poca fantasia. Le violiniste quando non suonano si limitano a battere i piedi. Il piano non è preparato (come amava Cage), il pianista James Clapperton poco inventivo e coinvolgente. È andata persa tutta la teatralità del pezzo e se n’è travisato lo spirito. Gli ampi sorrisi del direttore che ostenta il foglio di conduzione dove è disegnato un orologio rosso non risultano una captatio benevolentiae ma indispongono ancora di più. A fine serata serpeggia il malumore tra il pubblico. Il pianista e compositore veneziano Giovanni Mancuso sbotta: "Si può trasformare l'ironia e l'infinita immaginazione di John Cage in 25 minuti di timbratura di grigi cartellini con lo sfottò da orchestrale e un'ottusità pianistica che neanche Hanon...? Certo che si può. E la lezione costava 20 euro." Si conclude con AOïR (titolo che riprende un verbo che nel dialetto della Piccardia significa “sentire”) - pezzo in prima esecuzione assoluta scritto da José Luis Campana. Cinque movimenti piuttosto brevi e non molto avvincenti. Il brano è stato commissionato dallo Stato francese e “commissione” è la parola che descrive meglio la FVG Mitteleuropa Orchestra: una musica che non emoziona e non diverte. Nelle intenzioni di Campana l’orchestra avrebbe dovuto risultare “un’enorme formazione in lotta gli uni contro gli altri” ma ricorda di più il grigio lavoro di un impiegato statale. |
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