biennale danza 2012

 

compagnia virgilio sieni

de anima

Teatro Piccolo Arsenale 8-10/6 h 22

 

di Gabriele FRANCIONI

scheda / voto: 30/Lode

è l’anima, per Aristotele e Virgilio Sieni, che definisce la danza: non in quanto causa autonoma del movimento, perché altrimenti sarebbe fatta di materia propria e, come tale, potrebbe uscire dal corpo. Essa è, invece, semplicemente l’ATTO che dà o restituisce FORMA alla MATERIA, che per l’essere umano è il corpo stesso. Causa formale, quindi, gestita consapevolmente dall’uomo in una prospettiva, laicissima e immanente, in cui non v’è alcun rimando all’idea platonica e ad iperuraniche armonie. Il mondo è esso stesso un mega-corpo dotato di anima universale, che Sieni riesce a individuare e collocare, anche senza synopsis o collegamenti espliciti, addirittura nell’inconscio/memoria collettivi di Jung.

Ecco allora la magnifica coerenza di una ricerca filosofica rivolta all’essenza del movimento come memoria e ricordo: l’inconscio collettivo - ad esempio dei dormienti di Sogno (che passerà a Santarcangelo), ma anche condiviso dall’anziano padre di Osso (Biennale Teatro 2011) - continuamente ricorda o sogna gesti-posture-tic, poi restituiti coreograficamente con o senza il filtro della tecnica.

Che si sia vecchi di 80 anni, clown, giardinieri (Quattro cenacoli fiorentini) o ballerini professionisti, come nel caso specifico di DE ANIMA, si è tutti materia/corpo collegato a quell’anima universale, destinato, nella quotidianità o nella danza studiata, a riprendere forma grazie all’atto.

I danzatori, giovanissimi, escono dalla quotidianità posizionata nel retroscena, da cui fanno spesso capolino mostrando solo il capo e nella quale sono buffoni, clown o, come suggerisce lo stesso coreografo fiorentino, simili ai “pezzenti di Jean Genet”.

Entrano nello spazio aperto e vuoto di una scena intesa come spazio teorico, perfetto per connettersi con l’anima universale e, quindi, ricevere l’atto che trasforma i loro corpi in forme (danzanti).

La ricerca di Sieni porta, quindi, il gesto-atto coreografico ad essere disossato e scavato fino a mostrare solo l’essenza. Assistiamo all’enunciazione di passi in sequenza veloce e di micro e macro volute descritte dalle braccia, spesso in forma di frequenti e rapidissime carezze nel vuoto. L’incrocio di balletto e contemporanea non sta nella contaminazione coreografica, ma nell’investigazione di un’origine comune del movimento. Ciò che vediamo viene colto dal pubblico, composto da neonati percettivi, quasi in una morphé primigenia, che impedisce l’attribuzione nominale ai passi, qui sempre rinascenti a ogni nuova enunciazione.  

I danzatori vestono costumi attillatissimi disegnati e colorati seguendo il cromatismo spento, freddo (o caldo ma pastellato: i rossi/arancioni mai visti prima, riverberati nelle scelte delle luci) del Picasso  bohèmienne e in transizione tra periodo blu - l’Arlecchino pensoso, ad esempio- e rosa.

Acrobati, clown senza maschera, ballerine, figure che rimandano alla precarietà esistenziale, come i personaggi del circo Medrano, popolano la Montmartre astratta del Teatro Piccolo Arsenale, in cui ogni emozione è abortita, perché non può diventare sentimento, ma rimanere nel campo dell’esplorazione mentale. Apollinaire, Jacob, Braque o Modigliani sembrano anch’essi  fare capolino, poi sostituiti dal Tiepolo dei Capricci e dai suoi daimona tragicamente soli e silenti.

Sieni dirige un’orchestra perfettamente accordata - la piccola ensemble si produce in una performance strabiliante per distratta esattezza e sognante perfezione: in assoluto uno degli eventi più importanti nella storia della Biennale Danza - ma dove viene prediletta l’incompiutezza delle prese e la concezione sghemba delle figure.

Si susseguono rallentamenti e accelerazioni, rilassamenti e articolati intrecci incerti tra i corpi.

Tristi saltimbanchi ragionano sulla propria transitorietà reclinando il capo, ma appartengono di diritto a una prospettiva vitale che vuole solo sottrarre importanza e rilevanza all’individualità virtuosistica nel momento in cui viene prediletto lo scandaglio del Movimento nella lettura collettivo-junghiana elaborata dall’artista toscano.

In quest’ottica la presenza in scena di figure-ombra, di arlecchini in nero impegnati a pedinare i ballerini, non convoca in alcun modo altre dimensioni d’investigazione oltre a quelle già individuate, ma serve solo a togliere colore o a immaginare un grigio-cubista complessivo ottenuto mescolando il nero alle altre cromie: azioni utili a definire una base concettuale neutra, uno sfondo, sul quale lavorare solo col movimento.

Non a caso,in prossimità del finale e dopo una lunga banda sonora bachiana destinata a fornire linee di contrappunto su cui appoggiare la coreografia, ascolteremo i Rolling Stones di PAINT IT BLACK.

DE ANIMA si divide in molteplici quadri (dieci) di breve durata, puntualmente chiusi sulla dominante cromatica fornita dai costumi dei ballerini, raddoppiata dalle luci e ribadita dalla presenza statica dei performer, uno alla volta, sul fronte scena.

L’ulteriore spezzettatura dell’individualità del singolo viene messa in atto scomponendo e dividendo il disegno di singoli costumi per “x” danzatori, cui ne viene assegnato solo un pezzo: possiamo avere un motivo a rombi (o un verde pastello) che fascia le gambe del ballerino “A” e, durante lo  stesso quadro, il busto della danzatrice “B”, marionette decomposte di cui seguiamo la continua frammentazione cinetica, ma riunite in un meraviglioso corpo condiviso e complesso a sei teste.

 

COMPAGNIA VIRGILIO SIENI (Italia): De anima (prima assoluta) regia, coreografia, scene, costumi Virgilio Sieni, interpretazione e collaborazione alla coreografia Ramona Caia, Giulia Mureddu, Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Andrea Rampazzo, Davide Valrosso, musica Johann Sebastian Bach, luci Davide Cavandoli, produzione Compagnia Virgilio Sieni, la Biennale di Venezia

SITO UFFICIALE

 

biennale danza 2012

awakenings
08 giugno > 24 giugno 2012