biennale musica 2012

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Radio-Sinfonieorchester

Stuttgart Des Swr

Teatro alle Tese 12/10, h 20.30

 

di Dario SEVIERI

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La corposa Radio-Sinfonieorchester Stuttgart Des Swr (ovvero, Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda) diretta da Michel Tabachnik ha proposto un eterogeneo repertorio in prima esecuzione assoluta italiana. L’orchestra (fondata nel 1945 ancora sotto l’egida dell’occupazione americana) come molte orchestre radiofoniche tedesche si è guadagnata una certa reputazione eseguendo un repertorio di musica contemporanea.

Si inizia con Okhtor del prematuramente scomparso compositore francese Christophe Bertrand, brano ispirato da un quadro di Mark Rothko che viene infatti omaggiato nel titolo con il cognome letto al contrario. È una composizione che tende a implodere più che a svilupparsi: si apre con suoni liquidi ma al contempo dissonanti; poi l’atmosfera viene rotta dai violenti staccati dei numerosi contrabbassi pizzicati. L’orchestra ha modo di sfoderare tutta la sua potenza tra unisoni ritmici, agili scale, gorgoglio dei fiati in un corposo magma sonoro. Il brano trova un interludio in una serie di crescendo alternati ad accordi dissonanti dal pianoforte di Bendik Båtstrand che dalla dinamica del pianissimo portano al finale. È una scrittura vista da alcuni come e mossa e frammentata e in effetti quando non è spezzata e irrisolta trasuda un virtuosismo esasperato.

È poi la volta del Concerto di Rune Glerup (1981) per pianoforte e orchestra che si apre con velocissime note dissonanti che ricordano un nastro accelerato. Poi dei ripetuti stop and go: da un accordo del piano - a cui risponde uno schiocco di percussione - prende il via all’interno ensemble. Per un attimo il brano appare come sospeso, ma l’atmosfera è rotta da un veloce interscambio tra piano e orchestra che si uniscono per poi ridividersi con la forte e ossessiva presenza delle note lunghe e isolate degli ottoni. Il dualismo tra piano e orchestra viene poi a realizzarsi nella forma di uno scambio tra trilli pianistici e graffiate risposte degli strumenti ad arco: figura che si ripete più e più volte fino a un ennesimo crescendo. E di nuovo il piano in assolo che alterna degli staccati con e senza pedale (prima piano poi fortissimo): una rarefazione quasi puntillistica interrotta da violente scale di note che poi tornano a disperdersi. Riparte l'orchestra con una forza simile a quella iniziale ma sempre più furiosa. Il brano alla fine si spegne su un lungo accordo grave del piano. Tutte queste singole ripetizioni seppur identiche fra loro, non avendo ritorni speculari o circolari come nelle strategie compositive di altri autori, hanno un effetto più debole e perdono la loro identità di “oggetti sonori”. Ne risulta un atmosfera straniante e inquieta.

Si prosegue con Le cri de Mohim di Michel Tabachnik (1942) per soprano, tenore, quattro voci recitanti , orchestra e nastro magnetico ad libitum. È il primo episodio della Legende de Haïsh, scritta dallo stesso autore. Composto nel 1991 per celebrare i 700 anni della Confederazione Elvetica il brano si contraddistingue per un uso dell’orchestra dal ritmo spezzato e un pesante incalzare dei timpani e delle percussioni: ad essa s’inserisce il contrappunto delle voci recitanti di Lore Binon, Marleen Schampert, Henk Pringels e Tristan Faes sfasate fra loro. Dopo un solo di clarino riprende l’orchestra a cui segue un momento di quiete intessuto dal suono dei fiati che dialogano con gli archi. L’intreccio sonoro si arricchisce man mano rimanendo confuso e misterioso. Alla sua entrata, la voce del soprano Hanne Roos è quasi sola. Poi riparte impetuosa l'orchestra a cui si aggiunge il tenore Paul O'Neill e il coro recitante. Diventa quasi una fuga, sempre più spezzata. Hanne Roos ha modo di distinguersi con vocalizzi da soprano d'agilità e degli scioglilingua nel registro più grave. La composizione sembra spegnersi tra le soffuse note dei fiati e trova invece la sua conclusione con il ritorno dell’orchestra. In una recente intervista Pierre Boulez sosteneva che la lirica non ha ancora trovato la strada del rinnovamento e ascoltando questa composizione è difficile smentire l’ottuagenario maestro.

Il finale è lasciato a Le mer, uno dei più celebri brani di Claude Debussy. Considerato da alcuni critici “il miglior poema sinfonico mai scritto da un francese” questo delicato omaggio al mare posto alla fine di un repertorio così spigoloso e dissonante lascia come la sensazione di un voler ribadire le radici classiche dell’orchestra e, con un po’ di malizia, è come se volessero sottolineare che “sanno fare” anche altro oltre a minati sentieri delle più recenti avanguardie. Difatti viene eseguito in maniera innocua e ottiene gli scroscianti applausi di un rassicurato pubblico.

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Radio-Sinfonieorchester

Stuttgart Des Swr
06 > 13 ottobre 2012