biennale musica 2012

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iannix
concerto performance

Teatro alle Tese 09/10, h 20.30

 

di Misha Noise CC

multimedia

La serata doveva essere composta di una prima parte con Alberto Mesirca alla chitarra e di una seconda parte dedicato al concerto-performance IanniX. Per motivi di salute Mesirca non era presente quindi l'evento delle 20.30 al Teatro alle Tese dell'Arsenale è stato incentrato solo sulla performance.

Una piccola digressione è necessaria per la spiegazione del nome. Iannix è un sequencer grafico e open-source, pensato per il controllo di altri software che gesticono e manipolano audio e video. Iannix ha le sue radici nelle idee di Iannis Xenakis (di qui il nome) che nel 1977 pensò e realizzò un prototipo di questo software, chiamato UPIC, per poter controllare tramite una tavoletta grafica parametri di altri programmi. Iannix è stato ampiamente usato per i lavori proposti nella serata.

Perfomance e concerto sono divisi in 3 parti e due zone distinte del teatro. La prima parte, una performance di Marcello Liverani, "Tan-sé", è nella tesa 2, appena entrati al teatro.

8 altoparlanti sono sistemati ai vertici d'un immaginario cubo, 4 a circa un metro d'altezza, appesi alla struttura che sostiene gli altri 4, a circa 5 metri d'altezza.

La performance si basa su video (con la collaborazione di Lien Nollet), proiettato sul pavimento, e luci. All'inizio il pubblico è timido ma viene invitato a entrare nell'area della proiezione, dal momento che non è tutto occupato dalla proiezione ma solo alcune parti vengono illuminate dal video. S'inizia con una citazione in inglese di Fitrjof Capra dal "Tao della fisica" per proseguire con varî altri parti di video che vengono proiettate nello spazio all'interno del cubo sonoro, definite dall'autore come "icone video". Le teste mobili che manovrano le luci cambiano il loro spettro e si muovono nella sala. L'audio viene mosso con grazia intorno all'ascoltatore, anche verso l'alto direzione non sempre comune nelle spazializzazioni.

Finita la performance con una discutibile scelta di muovere le teste mobili in una coreografia di luci verso il soffitto del teatro, le maschere fanno accomodare il pubblico nella Tesa 3. Il primo pezzo è "Influences" di Davide Gagliardi e Victor Nebbiolo Di Castri per viola e elettronica in tempo reale, piú video generativo proiettato dietro al musicista e sulla parte destra del palco, su un altro schermo. Il video di destra segue le evoluzioni sonore della viola, mentre il video situato sul fondo del palco rappresentava onde, apparentemente legate a ciò che il violista stava suonando.

Si ritorna all'elettronica piú pura con "Vision II" di Julian Scordato. Nessun escutore visibile, sullo schermo compare una partitura di Robert Leonard Moran, tratta da "Four Visions" del 1963 alla quale se ne aggiungerà un'altra, che comparirà poco a poco, sempre estratta da Four Visions.

Due computer vengono usati per il pezzo, uno che serve per la gestione della partitura e l'altro per la sintesi e elaborazione sonora. I suoni sono formati a partire da materiale preregistrato facente parte delle sonorità ambientali di Venezia e da sinusoidali e rumore colorato, il tutto filtrato e poi rielaborato dall'interazione stessa dei suoni. Intrattiene visivamente e dà la possibilità all'ascoltatore di poter seguire, di fatto, lo svilupparsi del pezzo e avere una traccia e un riferimento a ciò che sta succedendo.

Mentre il primo spartito è percorso da un cursore che segue i contorni delle figure geometriche che compongono la partitura, pian piano si crea il secondo spartito, sempre composto da elementi simili al primo, con cursori per i vari oggetti che fanno scaturire i suoni o le elaborazioni degli stessi.

Dopo Scordato si torna di nuovo alla musica acustica con "Soffio" di Iván Solano che ci porta in un ambiente oscuro, rappresentato sul video da un paesaggio immaginario che viene appena scrutato da luci artificiali. Il pezzo, per clarinetto basso, è l'unico altro pezzo suonato con strumenti tradizionali. Anche qui si cerca di ampliare il piú possibile le possibilità dello strumento, con la meccanica delle chiavi che dà un'intuizione di schema ritmico e l'uso dell'aspirazione per ottenere timbri diversi dallo strumento.

Nell'alternarsi della serata, abbiamo poi "Neyma" di Stefano Alessandretti e Giovanni Sparano, computer music per due performer, in questo caso gli stessi compositori. I due esecutori stanno in piedi nella penombra ognuno a un lato del palco, mentre lo schermo servirà da traccia video per gli spettatori. Traccia video che, come l'audio, verrà manipolata in tempo reale, perché i performer che apparentemente non hanno nulla con loro usano la cattura dei propri movimenti per interagire col suono e col video. Lo strumento usato per il motion capture è il Kinect della Microsoft, realizzato per videogiocare ma che si è presto adattato a usi diversi, specie nelle performance; Sparano e Alessandretti adattando un attrezzo pensato per altro, non va contro ai principî della musica elettronica, fatta sempre di sperimentatori e "abusatori" di oggetti nati per fare una cosa diversa quando sono stati progettati, e si riallaccia all'uso che Iannis Xenakis aveva in mente per la tavoletta grafica già citata in precedenza. La gestualità dei due esecutori come già ricordato controllava la riproduzione e la spazializzazione dei suoni che anche qui traevano la loro origine dall'ambiente di Venezia; l'animazione video si basava su una dettagliata mappa del centro storico della città, all'inizio irriconoscibile, con  linee manipolate in tre dimensioni dall'audio; man mano che il pezzo si sviluppava, la mappa della città diveniva sempre piú chiara, e le linee di partenza rappresentavano in realtà le zone dove s'erano svolte fisicamente le registrazioni del materiale.

Per l'ultimo pezzo si ritorna nella tesa 2 per una performance interattiva col pubblico, "Still Life" di Cesare Saldicco; viene proiettato sul pavimento all'interno delle quadrilatero delle casse già usate per la prima performace una serie di cerchi blu che funzioneranno come automi cellulari colorandosi di rosso per indicare l'attivazione della cella. Gli automi cellulari sono strutture semplici che si basano su una griglia con regole altrettanto semplici, basate sulle due dimensioni e il tempo, che viene misurato in generazioni. Si parte da una griglia le cui celle possono essere accese o spente; alla prima generazione secondo regole che vengono dichiarate all'inizio le celle adiacenti quelle accese potrebbero accendersi se ci sono le condizioni adatte, spegnendo o meno quelle che hanno dato l'input, e cosí via per tutte le generazioni successive. Da un concetto estremamente semplice si possono ricavare movimenti complessi e un'aria di evoluzione, un qualcosa di vivo che si nasce, vive e muore in continuazione. Il titolo dell'opera strizza l'occhio a "The Game of Life", gioco o meglio passatempo matematico creato da John Conway che fa uso di automi cellulari su una griglia bidimensionale e di regole semplici; il gioco consiste nel disporre sulla griglia le celle nere dopodiché dare il via al programma e assistere all'evoluzione.

Nel nostro caso il pubblico era il generatore degli stati iniziali del gioco, e ovviamente poteva intervenire anche mentre il pezzo stava suonando. Altri sensori individuavano dal basso verso l'alto altri parametri; il tutto si poteva vedere su due monitor che mostravano ciò che vedevano i sensori e come si stava sviluppando la performance, una sorta di complicata notazione in divenire. Tuttavia nonostante il dispiego di sensori non si notava esattamente una correlazione tra quello che il pubblico faceva intervenendo sui sensori (automi cellulari e altro) e quello che si sentiva, anche se ha dato modo a molti di potersi muovere all'interno dei suoni e partecipare essi stessi alla creazione del pezzo.

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06 > 13 ottobre 2012