biennale danza 2012

il sentiero del corpo che si biforca

 

presentazione di biennale danza 012

Ca' Giustinian, Venezia, 27 aprile 2012

 

 

di Gabriele FRANCIONI

Programma Biennale Danza 

01: Glocal (Conceptual) Dance

La visione olistica di Ismael Ivo e Paolo Baratta

 

L’approccio olistico di Paolo Baratta e Ismael Ivo alla materia di loro competenza (arti visive, performative, cinema e architettura per il Presidente; solo danza per il Direttore) è ormai diventato il tratto caratteristico della Biennale del terzo millennio e di gran lunga un exemplum per chi fa cultura oggi nel mondo.

La definizione di olistico vuole che il termine si attribuisca al modo scientifico di studiare i fenomeni e i sistemi complessi con un approccio interdisciplinare e globale, in antitesi con la metodologia tradizionale analitica, che si propone di studiare separatamente le varie componenti dei fenomeni.

L’inclusione del Tutto Artistico nella complessa e sinergica attività di organizzazione ed “esposizione” di un progetto culturale (permanente, potremmo dire “infinito”), parte da lontano, cioè da quel 1999, prima presidenza Baratta, nel quale si diede vita al settore “D.M.T” - Danza, Musica, Teatro - scindendo le ultime due componenti, unite nel 1973 sotto la direzione di Luca Ronconi.

 

Ismael Ivo / OPEN DOORS

 

La scissione, allargando però gli orizzonti alla Danza, pose il germe di un cambiamento radicale di quello che nel ’73 era stato definito “Ente Autonomo dello Stato”, prima di diventare “Società di Cultura” (1998), quindi “Fondazione” (2004).
Baratta e Ivo sono stati e sono, con ancor maggior vigore e rigore dal 2008, i principali attori di questa estensione nello spazio - lo spazio astratto dei territori tematici di ciascun settore - e nel tempo (con la definizione e sviluppo di Laboratori e College, quindi, di fatto, delle tanto evocate attività permanenti) delle attività della Fondazione Biennale di Venezia.
Il loro olismo, quindi l’irrinunciabile globalità e interdisciplinarietà del fare cultura dopo l’anno 2000, non ha ostacoli che non stiano nei limiti oggettivi dei budget di partenza, superati peraltro, come ha ripetutamente sottolineato Ismael Ivo durante la presentazione alla stampa dell’edizione 2012 di Biennale Danza, da una gestione “creativa” del suo settore, capace di inventarsi iniziative generate dalla mente vulcanica del coreografo brasiliano (“Choreographic Collision”, “Moving the City”, “Marathon of the Unexpected” e ora anche “Golden Age”!) rivolte verso fruitori sempre più direttamente coinvolti nel processo di azione/condivisione dell’Arte.
Ciò che connota l’operato di Baratta e Ivo è una peculiarità raramente rintracciabile nella gestione di enti e sotto-enti culturali in Italia: annunciano di voler fare molte cose e, puntualmente, le realizzano tutte, conducendole per mano ben oltre gli scopi prefissati. La loro interdisciplinarietà, quindi, è tangibile, oggettiva, non velleitaria o riempitiva (o solo di moda), come spesso accade.
Non ci capita spesso di veder realizzato quello che desideravamo, come operatori culturali.

 

William Forsythe

 

“I can’t get no satisfaction” potrebbe essere il motto di chi vive costantemente immerso nel farsi dell’Arte, ma con Baratta e Ivo dobbiamo ammettere che i nostri sogni si avverano: Trisha Brown, William Forsythe, Virgilio Sieni, addirittura la splendida Sylvie Guillem (con brevi coreografie, tra gli altri, di Jirì Kiliàn, Wim Vandekeybus e dello stesso Forsythe), Pina Bausch che rivive nel lavoro di Cristiana Morganti, il citato Vandekeybus, Erna Omasdottir - altro link con Biennale Teatro: ha lavorato a lungo con Jan Fabre - il Balé Teatro Castro Alves, con Badi Assad che suonerà dal vivo e tantissimo altro, tra cui la “Biblioteca del corpo” dello stesso Ivo, tappa finale del percorso degli OPEN DOORS 2012, in cui ciascun ballerino dei workshop farà del suo corpo un libro e i corpi saranno raccolti come libri.

L’edizione di Biennale Danza di quest anno è filosoficamente intesa in modo da essere così omnicomprensiva da lasciare meravigliati e affascinati.

Secondo step dopo la Biennale Teatro dell’autunno scorso, coinvolge la città (“Moving the City”) e i cittadini di ogni età (si vedano i laboratori per bambini, ma anche la citata “Golden Age”, workshop magari di un giorno solo, ma riservato anche agli over 60).

Sulla scia di Alex Rigola, poi, viene sviluppata l’attenzione verso la stampa, i cui operatori potranno assistere, su prenotazione, a poche ore di laboratori e masterclass  tenuti dai coreografi invitati da Ivo e aperti a danzatori professionisti  e non.

 

Koffi Koko

 

 

02: Gioia del movimento

 

Forse l’innovazione più sorprendente introdotta quest anno è proprio quella dei masterclass denominati “Joy of Movement”:  in pratica, dopo gli approfondimenti di OPEN DOORS riservati ai 25 danzatori che stanno completando “Biblioteca del Corpo”, Ivo è riuscito a convincere i vari Sieni, Vandekeybus, Barreto e Morganti etc a tenere mini-laboratori della durata di 2 giorni aperti sia a ballerini professionisti che a danzatori per hobby, mentre Koffi Koko accoglierà chiunque voglia partecipare.

Durante il periodo di Biennale Danza - 08/ 24 giugno - e a mo’ di ombrello posto a copertura dei mini-workshop, Ivo coordinerà “Choreographic Collision 6”, riservato invece a coreografi e a universitari provenienti da tutta l’Italia, dove cercherà d’insegnare la sua teoria e pratica interdisciplinare, il suo approccio olistico a giovani con formazioni prevedibilmente più circoscritte.

 

Choreographic Collision

 

Marathon of the unexpected”, invece, andrà a costituirsi come piccolo festival nel festival, occasione unica per 20 compagnie emergenti e precedentemente selezionate di mettersi in mostra di fronte a un pubblico diverso da quello cui normalmente sono abituate.

 

Marathon of the unexpected

 

Prima della celebrazione finale di “Awakenings Dance Party”, infine, sorta di rito pagano cui tutti possono partecipare e che probabilmente sarà un cortocircuito dei candomblè coreutici di Maria Thais (Open Doors) e dei favolosi EXIT_X di Biennale Musica, Baratta e Ivo in pratica chiamano a raccolta l’intera popolazione veneziana, fatta di studenti e residenti, per dimostrare che solo nella condivisione di eventi collettivi trasversali rispetto a formazione culturale, estrazione sociale e gusti personali sta la frontiera attuale e più avanzata dell’arte performativa.

 

Virgilio Sieni 

 

 

03: Installazioni concettuali (in movimento)

Focus vox, focus musica e molto altro

 

Gli spettacoli di Biennale Danza 012 vedono una decisa sottolineatura dell’elemento “voce” e parola, intesa sia come canto che come riferimento letterario coreografato, e l’insistenza su un accompagnamento musicale posto sullo stesso livello del movimento.

Si va dal De Anima di Aristotele cui fa riferimento Virgilio Sieni, appena soffermatosi sul De rerum natura di Lucrezio in Kore, a Moving with Pina di Cristiana Morganti, che riporterà temporaneamente in vita la grande artista tedesca anche attraverso una vera e propria narrazione,mentre Ismael Ivo ha annunciato di voler far propri alcuni estratti da una recente composizione di Ivan Fedele (direttore del settore Musica) per il suo Biblioteca del Corpo.

 

Cristiana Morganti

 

La straordinaria Badi Assad, poi, chitarrista che vanta numerose collaborazioni in ambito jazzistico (si veda qui e qui) accompagnerà dal vivo “A quem possa interesar” della compagnia Balé Teatro Castro Alves, in uno degli eventi che già si annunciano tra i più affascinanti di questa edizione glocal (e ipertestuale) di Biennale Danza.

 

Badi Assad

 

A ogni indicazione di senso, infatti, ne seguono immediatamente di analoghe o opposte, di modo che la struttura ramificata dell’insieme finisce con l’assimilare elementi dislocati “sopra”, “sotto” o “a lato” di quello principale.

Non c’è quindi solo l’insieme dei performer che incrocia la città e i suoi abitanti (glocalism), ma anche la danza che induce la musica e la musica che diventa voce e, il tutto, che infine produce una gemmazione verticale di altro senso, sino a raggiungere i territori dell’installazione, quindi delle Arti Visive.

La stessa “Biblioteca del Corpo” è definita da Ivo “installazione coreografica”, così come “installazione umana” si annuncia, sempre seguendo le parole del direttore, “1POR1PRAUM” sempre di Balé T. C. Alves, su ideazione di Jorge Vermelho.

 

Balé Teatro Castro Alves / 1POR1PRAUM

 

La natura installativa trova la sua ragion d’essere nel gesto raccolto dei singoli ballerini e nella definizione di “abitacoli” entro cui agire la propria performance, esattamente come le “informazioni uniche e originali” di un libro, di vari libri, sono contenute nel singolo corpo danzante dei performer impegnati nella “Biblioteca”.

 

Sadler's Wells & Sylvie Guillem

 

Forse è proprio la visione esplicitamente ripresa da Jorge Luis Borges, di sentieri che si biforcano e di libri come spazi virtualmente infiniti, che contengono un infinito numero di pagine infinitamente sottili, quindi tutto il sapere, che può essere accostata all’impalcatura teorica su cui è costruita questa edizione di B.D.

Di più: un ologramma concettuale  in forma di (insieme di) corpi, con facies sempre diverse, per così dire monadicamente diverse. 

 

Shobana Jeyasingh Dance/ TOO MORTAL

 

Si pensi all’installazione coreografica, in forma di riflessione morale, Too Mortal della compagnia Shobana Jyasingh Dance: richiede ogni volta un luogo di culto diverso, nella fattispecie il salone SS. Filippo e Giacomo presso il Museo Diocesano e mette in consonanza o contrasto movimento dei ballerini e staticità (eterna) del luogo.

Il ragionamento sulla nostra natura mortale, indotto dalla cinesi ma richiamante la fissità dello spazio costruito, diventa esso stesso architettura del pensiero: quindi ologramma concettuale, come si diceva.

 

Balé Teatro Castro Alves / A quem possa interesar

 

 

04: In praise of.

 

è obbligatorio, in calce alla nostra breve presentazione di quella che sarà sicuramente un’edizione memorabile di Biennale Danza, dedicare qualche riga all’operato eroico di chi si è trovato, mesi fa, a passare da uno stato di temporanea sospensione del mandato al rinnovato (e immediato) impegno organizzativo della Presidenza di Fondazione Biennale, tra nomine dei Direttori annunciate in piene festività e nuovo impulso dato a quello che, ormai, possiamo chiamare il “sistema dei Laboratori”.

 

Trisha Brown con la scuola Paolo Grassi di Milano

 

Per farlo, per una volta dobbiamo autocitarci, prendendo le nostre parole dall’articolo conclusivo su Biennale Teatro 011, dedicato ai “Sette Peccati” pensati da Alex Rigola:

 

“(…)La catena che unisce Laboratori, Festival vero e proprio e Asac (quest’ultimo inteso come luogo in cui si tenta di archiviare, fissandoli, quel fuoco e gli altri eventi prodotti dalla Biennale), produce, dopo la teoria di gruppo o sul singolo (lab/oratorio) la pratica biennale fatta di spettacoli. Oggi affermiamo che tale catena dev’essere tenuta viva da chi proseguirà, si spera, l’opera di Paolo Baratta, il primo alchimista, che, come tutti i direttori da lui scelti in questi anni, ha peccato.  Non d’ira, avarizia, accidia, invidia o superbia: ha peccato di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Negli ultimi anni, poi, vedendo scorrergli davanti un’imbarazzante teoria di personaggi autoproclamatisi ministri dell’arte, pastori di cultura, si è reso responsabile persino di atti di fede, speranza e carità. 

L’intera Italia della vera Cultura ha peccato di ogni tipo di virtù teologali o cardinali, sino ad arrivare a limiti di disumana sopportazione. Quanto più il Paese si trova in uno stato di totale abbandono e le giovani generazioni non trovano appigli di sorta, che siano nel passato, nell’ideologia, in semplici ideali o nella battaglia nella e per la Polis, tanto più l’arte diventa incredibilmente necessaria, radicalmente indispensabile, in quanto indicatrice dello stato complessivo della comunità e unico, vero terreno di lotta politica.

Sempre di più, negli anni a venire, vogliamo diventare schiavi della Bellezza, come in Dostoevskij, e sempre meno potremo prescindere da chi questa bellezza la gestisce, la indirizza, la fonda, come fa da sempre l’istituzione veneziana (…)”

 

Wim Vandekeybus

 

Gli eventi, quasi la loro sceneggiatura (mai così ben pensata), hanno detto altro: Paolo Baratta è tornato al suo posto e ha fatto scelte in grado, nel giro di qualche settimana, di ri-puntellare un edificio pericolante e pronto a essere picconato da personaggi che con la Cultura hanno pochissimo a che fare.

Dall’attivazione di laboratori anche per il settore cinema - se ne parlò durante le conferenze/incontri che chiudevano Biennale Arte - al progetto “Your Film Festival”, dalle nomine dei direttori al nuovo Arsenale della Danza (con significative anticipazioni della visione interdisciplinare e multietnica di Ivo, tra Bollywood, candomblè e butoh sublime) è stato tutto un susseguirsi d’iniziative e un vero e proprio rinascere della Fondazione, dopo il breve/lunghissimo momento di sospensione in cui abbiamo trattenuto il fiato, sospesi tra lo sguardo diabolico di Romeo Castellucci nelle Sale Apollinee oro-rosso-sangue (altro altissimo facitore di cultura, incompreso e quasi martirizzato a Milano col suo CONCETTO DI VOLTO NEL FIGLIO DI DIO, presentato proprio a Biennale Teatro) e il corpo senza età di Francesca Harper.

 

OPEN DOORS 

 

Nel momento più difficile, la Biennale è riuscita, insomma, a dare lo start-up ad attività (quasi) permanenti, chiudendo il cerchio di un percorso iniziato nel 1998-9 e allo stesso tempo tenendosi aperta a nuovi sviluppi.

Biennale Danza 012, dall’8 al 24 giugno, sarà una festa totale, globale e locale, un rito pagano officiato anche in luoghi sacri, una riconciliazione tra città e istituzioni, in nome di una ricostituita idea di Comunità cui dobbiamo tendere, in cui dobbiamo e vogliamo vivere e che desideriamo raccontare anche a chi sembra preferire ad essa forme di deriva o isolamento culturale.

 

biennale danza 2012

programma completo

 

Arsenale della Danza / Ismael Ivo
8 / 9 / 10 giugno ore 20.00
Teatro alle Tese - Arsenale
ARSENALE DELLA DANZA / ISMAEL IVO (Italia)
Biblioteca del corpo (prima assoluta)
ideazione, coreografia Ismael Ivo
con i danzatori dell’Arsenale della Danza
Patrícia Bergantin, Giulia Brenzan, Elisa Capecchi, Marina Cervo, César Dias Cirqueira, Martina Fasano, Giampaolo Gobbi, Arianna Henry, Tunai Denise Jones, Malcolm Matheus, Stefano Marletta, Jane Alison McKinney, Ariadne Mikou, Antonio Nicastro, Guilherme Nunes, Giuseppe Paolicelli, Domenico Russo, Valentina Schisa, Paula Sousa, Leilane Teles, Felipe Torquatto, Lucas Valente, Richard Villaverde, Elisabetta Violante, Miles Edward Yeung
scene Marcel Kaskeline
luci Marco Policastro
produzione la Biennale di Venezia

Inaugura l’8. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, l’8 giugno al Teatro alle Tese (ore 20.00), Biblioteca del corpo, la nuova coreografia di Ismael Ivo con i 25 danzatori dell’Arsenale della Danza, giovani tra i 19 e i 30 anni provenienti da Italia, Stati Uniti, Grecia e Brasile. Dopo il debutto a Venezia, la nuova creazione di Ismael Ivo proseguirà in tournée in Italia, in collaborazione con Arteven, e all’estero, in collaborazione con il SESC (Serviço Social do Comércio) di San Paolo del Brasile. Biblioteca del corpo sarà a Legnago (13 giugno), Vicenza (14 giugno), Treviso (16 giugno) e infine a San Paolo del Brasile (27 e 28 luglio).

Riecheggiando il celebre racconto di Borges, La Biblioteca di Babele, Ismael Ivo compone una sua personale “biblioteca del corpo” distribuita in tante “sale”, ognuna intitolata a un tema diverso, seguendo un percorso circolare: Bozzolo, Studio di Marina, Risvegli, Studio di Muybridge, Il giardino dei sentieri che si biforcano, Bozzolo.

“Con Biblioteca del corpo – scrive Ismael Ivo - continuo il mio percorso di esplorazione fisica. È per me infinitamente affascinante vedere il corpo come un sensore e un documento delle nostre vite e delle nostre esistenze. Biblioteca del corpo è una installazione coreografica, una sorta di impalcatura concettuale in cui i corpi sono raccolti come un libro. Il punto di partenza è l’idea che ogni individuo rappresenta di per sé un libro che contiene informazioni uniche e originali. Queste informazioni segrete sono inimitabili. Ma il libro individuale deve essere aperto per poter rivelare i suoi diversi aspetti, i difetti, le qualità e le potenzialità. In questo processo, ogni singolo libro, pur se originale di per sé, è solo un volume della grande enciclopedia umana.

Qui sta il miracolo, la sfida e la partita. In che ordine devono essere messi i libri? C’è una combinazione chiara o una determinata logica da seguire? Il corpo è un libro. Ogni funzione o disfunzione del corpo può condurre alla chiave di una nuova scoperta. La forma simmetrica è completa solo se può aggiungere il suo contrario. Il concetto tradizionale di funzionamento perfetto del corpo ha senso solo se lascia spazio alla coesistenza con l’imperfezione. Questa composizione e scomposizione cerca di trasformare lo spazio fisico. È un modo per esplorare e rivelare nuove possibilità. Al centro c’è l’investigazione del processo creativo. Il corpo è un libro di strane idee e possibilità. Questa scoperta è abbracciata con passione. Potrebbe aiutarci a rinnovare la capacità di capire noi stessi”.

Con Biblioteca del corpo, lo spettacolo che conclude la sessione di studi dell’Arsenale della Danza per il 2012 e inaugura contemporaneamente l’8. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, il programma di laboratori e ricerca della Biennale di Venezia trova un punto di ricongiungimento all’attività festivaliera, instaurando un rapporto attivo tra festival e creatività.

In linea di continuità con il programma Educational della Biennale, che intende sollecitare l’interesse e la percezione del contemporaneo nei giovani, fornendogli gli strumenti necessari per accedervi, il mese di prove che precede il debutto dello spettacolo prevederà anche appuntamenti dedicati agli studenti. Il movimento come espressione artistica, l’approfondimento del processo coreografico, il vocabolario della danza oggi troveranno dimostrazione efficace e diretta nei workshop pratico-interattivi organizzarti nel luogo stesso dell’ideazione coreografica, al Teatro Piccolo Arsenale, dove Ismael Ivo e i 25 danzatori dell’Arsenale della Danza sveleranno la genesi di uno spettacolo.


Compagnia Virgilio Sieni

8 / 9 / 10 giugno ore 18.00
Teatro Piccolo Arsenale
COMPAGNIA VIRGILIO SIENI (Italia)
De anima (prima assoluta)
regia, coreografia, scene, costumi Virgilio Sieni
interpretazione e collaborazione alla coreografia Ramona Caia, Giulia Mureddu, Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Andrea Rampazzo, Davide Valrosso
musica originale Ernst Reijseger
luci Davide Cavandoli
produzione Compagnia Virgilio Sieni, la Biennale di Venezia

Ritorna a Venezia Virgilio Sieni, coreografo di statura internazionale e autore di una delle più significative ricerche nel campo della danza, di cui è uno dei protagonisti a partire dagli anni ’80. A Venezia e alla Biennale Sieni presenterà in prima assoluta il suo nuovo lavoro, dopo Tristi Tropici, lanciato proprio all’ultima edizione del Festival di Danza prima di approdare alla Biennale di Lione. Spesso ispirato alla grande poesia, alla letteratura e alla filosofia – dal lucreziano De rerum natura all’ultimo Kore, sul mito di Persefone riletto da Giorgio Agamben – l’artista toscano accoglie questa volta le suggestioni del De anima di Aristotele.

“Le danze sono come una raccolta di appunti. Arrivano dal buio, dal fondo, vicine. Danzano sempre nel loro essere attratti l'uno dall'altro. Entrano a folate, sembrano gruppi di famiglie, giochi di amici, esistenze lasciate e poi cullate: il tutto si sostiene tra corpi che cedono. Folate che fanno emergere una raccolta di quadri: tutti appunti, margini, pieghe sull'anima. Ogni quadro, come dei brevi racconti, cerca di esporre dei quesiti sul filo della narrazione: sono danze composte di accelerazioni, declinazioni e sospensioni verso l'attesa. Figure compassionevoli che rimandano lontanamente ai saltimbanchi, giocolieri e arlecchini di Picasso.

In questo arrivare dal fondo, nel presentarsi in scena, si cerca di esporre un ciclo di figure ai bordi di stanze immerse nella penombra dove il realismo si scioglie nella caduta continua nelle forme dell'anima.

Stanze del vivere in quanto sempre in attesa dell'altro.

L'anima come forma del vivente (Aristotele) apre a squarci dell'umano.

In questo contesto emergono le figure dello spettacolo, apparentemente malinconiche. Un'oscurità profonda, un'instabilità umana che nutre, in questo caso, il sorriso e l'ingegno originario dei danzatori.

La tattilità agita come sostanza trasparente è la vera origine di ogni quadro, pensando alla luce del gesto sempre procurata dal calore delle rotazioni.

Ogni danza è anche pensata secondo alcune indicazioni tratte dal De anima di Aristotele sui “sensibili comuni” a più sensi, il movimento, la quiete, il numero, la figura, la grandezza, che ci avvolgono in una ampia consapevolezza nei confronti degli altri corpi; così come il medium di ogni senso, quel canale che ci lega organicamente al flusso denso dell'invisibile.

E infine, chi sono questi giovani dal viso pallido che arrivano dal fondo, declinati con forza e abbandono al gesto della danza, e che noi incontriamo lungo il sentiero impervio della quotidianità? Senza volerlo ci indicano il tempo racchiuso nelle particelle di movimento che formano la figura fragile del passaggio nel trasparente del bosco: come boscaioli vedono nella fitta selva i sentieri erranti che edificano il corpo nel suo abbandono al gioco fanciullesco della maturità” (Virgilio Sieni).


Cristiana Morganti
12 / 13 giugno ore 20.00
Sala delle Colonne - Ca’ Giustinian
CRISTIANA MORGANTI (Italia)
Moving with Pina
una conferenza danzata sulla poetica, la tecnica, la creatività di Pina Bausch
di e con Cristiana Morganti
produzione Centro Culturale il Funaro – Pistoia

Moving with Pina nasce nel 2010 da un omaggio ideato da Leonetta Bentivoglio, a lungo critico di danza e appassionata esegeta del Tanztheater di Pina Bausch. Racconta Cristiana Morganti - danzatrice della storica compagnia di Wuppertal - che dell’assolo è autrice e interprete: “Per l’occasione mi chiese di realizzare una performance di circa un’ora e io mi ricordai delle lezioni di danza espressionista che avevo preparato assieme a Pina nelle quali, accanto alla tecnica, mi aveva consigliato di utilizzare molti esempi esplicativi e frasi di movimento. Da questo è nato il mio spettacolo e l’intento di spiegare il lavoro che c’è dietro il teatro e la danza”. Dopo il debutto e l’accoglienza partecipata del pubblico, la Biennale di Venezia, che aveva consacrato questa sacerdotessa della danza con il Leone d’oro alla carriera nel 2007, si è unita ai molti teatri che hanno via via voluto ricordarla, presentando anche a Venezia Moving with Pina.

Il ritratto di Pina Bausch, velato da affettuosa nostalgia, è soprattutto la rievocazione danzata – tra narrazione e brani di repertorio, a partire dal celebre Sacre - del suo universo creativo, il suo metodo di lavoro, la genesi di un gesto e di uno spettacolo, i modi e i tempi e anche la vita di una intera compagnia. Tutto ciò riannodando, lungo il filo della memoria, i momenti di vita vissuta in prima persona da Cristiana Morganti, il suo percorso artistico e umano nella compagnia di Wuppertal. Svelare com’è costruito un assolo, qual è la relazione dell’emozione con il movimento, quando il gesto diventa danza, come si crea il misterioso e magico legame tra l’artista e il pubblico, è una singolare lezione di danza ma anche di vita.

Cristiana Morganti, diplomata in danza classica all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e poi alla Folkwang Hochschule di Essen, dal 1993 è danzatrice solista del Tanztheater di Wuppertal, dove lavora tutt’oggi. Accanto all’impegno costante nella compagnia di Pina Bausch, Cristiana Morganti ha lavorato anche con Susanne Linke, Urs Dietrich, Joachim Schlömer, Felix Ruckert e nella compagnia di Wanda Golonka, Neuer Tanz. Insegna all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e al Conservatoire National Supérieur di Parigi.


Balé do Teatro Castro Alves
13 / 14 / 15 / 16 / 17 giugno ore 14.00 > 17.00
Corderie dell’Arsenale
BALÉ DO TEATRO CASTRO ALVES (Brasile)
1POR1PRAUM (prima italiana)
ideazione, direzione artistica Jorge Vermelho
con Adriana Bamberg, Agnaldo Fonseca, Ajax Vianna, Ângela Bandiera, Dina Tourinho, Evandro Macero, Fátima Berenguer, Gilberto Baia, Iracema Cersósimo, José A. Sampaio, Konstanze Mello, Lila Martins, Lilian Pereira, Luis Molina, Maria Ângela Tochilovsky, Paullo Fonseca, Renivaldo Nascimento (Flexa II), Rosa Barreto, Solange Lucatelli, Sonia Gonçalves, Ticiana Garrido
collaborazione alla drammaturgia Marcos Barbosa
supervisione coreografica Renata Melo
assistenti alla coreografia Anna P. Drehmer, Renivaldo Nascimento (Flexa II)
tecnica di contact improvisation Cristiano Karnas
suono Math Carvalho, Elias Batista
luci Irma Vidal
costumi Rino Carvalho in collaborazione con Centro Técnico do TCA
produzione Teatro Castro Alves

Da un Paese in forte accelerazione in tutti i campi - economico, sociale, intellettuale – come il Brasile, ricco di un meticciato culturale che nella danza ha trovato una delle sue espressioni più genuine, anche grazie a un patrimonio quotidiano fatto di riti tramandati nei secoli, arriva il Balé do Teatro Castro Alves di Salvador di Bahia. La compagnia di 36 elementi, fondata nel 1981, fa parte delle compagnie statali impegnate principalmente nella valorizzazione delle danze tradizionali – samba, capoeira, axé, candomblè, danze afro-americane – tutte legate alle radici afro e rivisitate alla luce della coreografia brasiliana contemporanea. Dopo aver girato tra America ed Europa, a 31 anni di distanza dalla sua fondazione, il Balé do Teatro Castro Alves raccoglie oggi danzatori di generazioni diverse e per i “veterani” del gruppo, la nuova direzione di Jorge Vermelho, ha cercato un repertorio calibrato, sull’esempio di Jirí Kylián con il Nederlands Dans Theater III, dedicato a performer-interpreti che hanno superato i 40 anni.

Nei nuovi lavori, 1Por1Praum di Jorge Vermelho e A quem possa interessar di Henrique Rodovalho, presentati alla Biennale in prima nazionale, i danzatori del Balé do Teatro Castro Alves costruiscono una partitura di gesti attingendo ai contenuti della memoria del corpo che è anche memoria della vita. 1Por1Praum, come recita il titolo, è un vis à vis tra spettatori e ballerini, ognuno dei quali ha a disposizione uno spazio dedicato, raccolto, segreto, in cui rivelare la propria anima danzante. Dieci “abitacoli” per dieci danzatori, autori di altrettante brevi performance, piccole schegge di un vissuto personale, di cui si fa testimone uno spettatore per volta.

A quem possa interessar ritorna al tema autobiografico mettendo questa volta a confronto la ricerca di un’identità individuale all’interno della collettività. I ballerini si raccontano attraverso la parola e attraverso il gesto, guidati dal coreografo Henrique Rodavalho, direttore della compagnia di danza di Quasar e coreografo anche per il Nederlands Dans Theater. In scena con i danzatori, la chitarrista e cantante di fama internazionale Badi Assad, che con la voce e il corpo ha esplorato il mondo dei suoni creando un personalissimo linguaggio musicale. Ben nota anche in ambito jazz, Badi Assad, ha al suo attivo collaborazioni con artisti del calibro di Pat Metheny e John Abercrombie.


Shobana Jeyasingh Dance
14 / 15 / 16 giugno ore 18.00, ore 20.00
Salone SS. Filippo e Giacomo, Museo Diocesano di Venezia
SHOBANA JEYASINGH DANCE (Gran Bretagna)
TooMortal (prima assoluta)
ideazione, coreografia, regia Shobana Jeyasingh
costumi Ursula Bombshell
commissionato da Dance Umbrella (Londra), la Biennale di Venezia, Dansens Hus (Stoccolma) nell’ambito di ENPARTS – European Network of Performing Arts
con il sostegno del Programma Cultura della Commissione Europea

Pioniera di una danza “plurale” (come l’ha efficacemente definita Elisa Vaccarino) - quella danza nata nel mondo senza confini della globalizzazione contemporanea e frutto di innesti culturali diversi - Shobana Jeyasingh fonde la tradizione classica indiana, il Bharatanatyam, con il linguaggio della danza occidentale. Una tendenza nata sulle sponde della Manica, quando Shobana si trasferisce da Madras (l’odierna Chennai) a Londra nel 1981 e alla fine di quegli anni fonda la compagnia omonima, che debutta con un quartetto tutto al femminile in Configurations, su musiche di Michael Nyman, compositore con il quale nascerà una collaborazione duratura. Successivamente la compagnia si amplierà ad altri danzatori, includendo anche elementi maschili, ma sempre secondo il principio del plurilinguismo.

Shobana arriva per la prima volta a Venezia per la Biennale con TooMortal, un’opera che si pone come intima riflessione sull’uomo e che per questo, sia nella città lagunare che a Londra e a Stoccolma, dove sarà in tournée, verrà rappresentato ogni volta in un luogo di culto diverso. Scrive Shobana nelle note di presentazione: “La chiesa è costituzionalmente il luogo dove l’uomo è necessariamente portato a riflettere sulla propria natura mortale; il lavoro esplora dunque la fragilità e la resilienza dell’uomo, la caducità del singolo di fronte all’eternità della vita in uno spazio contemplativo e sacro per eccellenza. Concepito in e per uno spazio devozionale, TooMortal è un lavoro gravido di atmosfera, ispirata dalla drammaticità dell’architettura del luogo, e il movimento mette in rilievo per contrasto e nello stesso tempo integra il ritmo e lo spazio di questi storici edifici. Esplorando il concetto di chiesa come santuario, il pezzo offre una pausa meditativa, intima e riflessiva rispetto al caos terrificante del mondo esterno”.

Presentato in prima mondiale a Venezia per l’8. Festival Internazionale di Danza Contemporanea e frutto di una coproduzione internazionale con Dance Umbrella di Londra e Dansen Hus di Stoccolma, partner della Biennale per il progetto europeo ENPARTS (European Network of Performing Arts), lo spettacolo si svolgerà nel cuore di Venezia, dietro San Marco, all’interno dell’ex convento e chiesa benedettina del 1200 circa, dedicati a San Filippo e Giacomo, oggi spazio del Museo Diocesano di Venezia. Successivamente sarà nelle chiese anglicane di Londra St. Mary’s Old Church (28>30 giugno), unico esempio di chiesa elisabettiana nella capitale, St. Pancras Church (12>14 luglio), situata in uno dei distretti più celebri di Londra, Bloomsbury; poi a Worcester, nella St. Swithun’s Church (19>21 luglio), uno dei primi esempi di architettura georgiana giunti fino a noi; infine a settembre a Stoccolma e Belgrado, in luoghi di culto ancora da definire.


Balé do Teatro Castro Alves
15 / 16 / 17 giugno ore 20.00
Teatro alle Tese - Arsenale
BALÉ TEATRO CASTRO ALVES (Brasile)
A quem possa interessar (prima italiana)
coreografia Henrique Rodovalho
con Adriana Bamberg, Agnaldo Fonseca, Ajáx Vianna, Alice Becker, Ângela Bandeira, Anna Paula Drehmer, Dina Tourinho, Evandro Macedo, Fátima Berenguer, Gilberto Baía, José Antônio Sampaio, Konstanze Mello, Lila Martins, Lilian Pereira, Luis Molina, Maria Ângela Tochilovsky, Mônica Nascimento, Paullo Fonseca, Renivaldo Nascimento (Flexa II), Rita Brandi, Rosa Barreto, Solange Lucatelli, Sônia Gonçalves, Ticiana Garrido
assistente alla coreografia Anna Paula Drehmer
musiche eseguite dal vivo da Badi Assad
scene, suono Henrique Rodovalho
luci Irma Vidal, Henrique Rodovalho
costumi Márcia Ganem
produzione Teatro Castro Alves

Da un Paese in forte accelerazione in tutti i campi - economico, sociale, intellettuale – come il Brasile, ricco di un meticciato culturale che nella danza ha trovato una delle sue espressioni più genuine, anche grazie a un patrimonio quotidiano fatto di riti tramandati nei secoli, arriva il Balé do Teatro Castro Alves di Salvador di Bahia. La compagnia di 36 elementi, fondata nel 1981, fa parte delle compagnie statali impegnate principalmente nella valorizzazione delle danze tradizionali – samba, capoeira, axé, candomblè, danze afro-americane – tutte legate alle radici afro e rivisitate alla luce della coreografia brasiliana contemporanea. Dopo aver girato tra America ed Europa, a 31 anni di distanza dalla sua fondazione, il Balé do Teatro Castro Alves raccoglie oggi danzatori di generazioni diverse e per i “veterani” del gruppo, la nuova direzione di Jorge Vermelho, ha cercato un repertorio calibrato, sull’esempio di Jirí Kylián con il Nederlands Dans Theater III, dedicato a performer-interpreti che hanno superato i 40 anni.

Nei nuovi lavori, 1Por1Praum di Jorge Vermelho e A quem possa interessar di Henrique Rodovalho, presentati alla Biennale in prima nazionale, i danzatori del Balé do Teatro Castro Alves costruiscono una partitura di gesti attingendo ai contenuti della memoria del corpo che è anche memoria della vita. 1Por1Praum, come recita il titolo, è un vis à vis tra spettatori e ballerini, ognuno dei quali ha a disposizione uno spazio dedicato, raccolto, segreto, in cui rivelare la propria anima danzante. Dieci “abitacoli” per dieci danzatori, autori di altrettante brevi performance, piccole schegge di un vissuto personale, di cui si fa testimone uno spettatore per volta.

A quem possa interessar ritorna al tema autobiografico mettendo questa volta a confronto la ricerca di un’identità individuale all’interno della collettività. I ballerini si raccontano attraverso la parola e attraverso il gesto, guidati dal coreografo Henrique Rodavalho, direttore della compagnia di danza di Quasar e coreografo anche per il Nederlands Dans Theater. In scena con i danzatori, la chitarrista e cantante di fama internazionale Badi Assad, che con la voce e il corpo ha esplorato il mondo dei suoni creando un personalissimo linguaggio musicale. Ben nota anche in ambito jazz, Badi Assad, ha al suo attivo collaborazioni con artisti del calibro di Pat Metheny e John Abercrombie.


The Forsythe Company
15 / 16 / 17 e 22 / 23 / 24 giugno ore 19.00 > 23.00
Artiglierie dell’Arsenale
THE FORSYTHE COMPANY (Germania)
Nowhere and everywhere at the same time (prima italiana)
oggetto coreografico di William Forsythe
con Brock Labrenz
realizzazione tecnica Max Schubert
produzione The Forsythe Company
The Forsythe Company è sostenuta dalla città di Dresda e dalla regione Sassonia, dalla città di Francoforte e dalla regione Assia, è compagnia in residenza al Centro Europeo per le Arti HELLERAU di Dresda e al Bockenheimer Depot di Francoforte.

Leone d’oro alla carriera all’ultimo Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia nel 2010, William Forsythe è un artista in costante evoluzione che non cessa di interrogarsi sui processi della danza, la sua struttura e la sua dinamica. Anche gli ormai celebri “oggetti coreografici”, creati da Forsythe ed esposti nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo, sono uno degli strumenti di questa indagine. A Venezia, l’artista newyorchese, porterà, in prima per l’Italia, l’installazione coreografica Nowhere and everywhere at the Same Time.

“Dal momento che danza e coreografia sono due pratiche differenti, è possibile per la coreografia - si chiede Forsythe - esprimere i suoi principi e i suoi concetti in assenza del corpo?” È per rispondere a questo interrogativo che sono nati i suoi molteplici oggetti coreografici, oggetti che comunque non sostituiscono il corpo, semmai rappresentano “un luogo alternativo per capire dove risiedono la creazione e l’organizzazione del movimento”, un altro modo di esprimere il pensiero coreografico. Nowhere and everywhere at the Same Time, presentato per la prima volta a New York nel 2005, quindi a Dresda e a Francoforte nel 2007, alla Tate Modern di Londra nel 2009 e all’Arts Festival di Taipei lo scorso anno, arriva ora alla Biennale di Venezia. Invaderà gli spazi delle Artiglierie dell’Arsenale con le sue centinaia di pendoli appesi a sottili fili metallici, oscillanti sotto la spinta dei movimenti del danzatore Brock Labrenz, teso all’esplorazione della forza di gravità e delle potenzialità cinetiche di questo ambiente.

Forsythe era stato per la prima volta alla Biennale di Venezia con You Made Me a Monster, con cui aveva inaugurato il 3. Festival Internazionale di Danza Contemporanea nel 2005; alla Biennale è poi tornato quattro anni dopo con The Fact of Matter/Choreographic Object, questa volta invitato alla 53. Esposizione Internazionale d’Arte dal Direttore Daniel Birnbaum, prima di ritirare il premio alla carriera, occasione per la quale ha presentato la coreografia N.N.N.N.



Erna Ómarsdóttir
15 / 16 giugno ore 18.00
Teatro Piccolo Arsenale
ERNA OMARSDOTTIR/SHALALA (Islanda)
We saw monsters (nuova versione)
direzione artistica Erna Omarsdottir
ideazione Erna Ómarsdóttir, Valdimar Jóhannsson
interpretazione e collaborazione alla performance Erna Ómarsdóttir, Valdimar Jóhannsson, Sigrígridur Soffía Níelsdóttir, Sigtryggur Berg Sigmarsson, Ásgeir Helgi Magnússon e Lovísa Ósk Gunnarsdóttir
drammaturgia Karen Maria Jónsdóttir
musica Valdimar Jóhannsson
costumi Gabríela Fridriksdóttir, Hrafnhildur Hólmgeirsdóttir
luci Larus Björnsson, Sylvain Rausa
produzione shalala ehf, Le CNDC di Angers - progetto «accueil studio/Ministère de la Culture et de la Communication», The National Theater of Iceland, Reykjavíks Artfestival, città di Kópavogur
in coproduzione con la Biennale di Venezia, Berliner Festspiele - Spielzeit’europa nell’ambito del progetto ENPARTS – European Network of Performing Arts
con il sostegno del Programma Cultura della Commissione Europea
con il sostegno del Ministero della cultura islandese e WP Zimmer/Antwerpen, PAF e CC De Warande in Turnhout

Sarà forse la natura estrema dell’Islanda ad aver forgiato un’artista singolare come Erna Omarsdottir, autrice di performance potenti e inquietanti, dove la danza si fa fisicità istintiva, quasi animalesca, e si fonde con una musicalità estrema che viene dalle viscere. Questo modo personalissimo di utilizzare la voce per la Omarsdottir significa “danzare con la voce”. E spiega: “La voce è un muscolo. Si tratta di uno sviluppo naturale del mio lavoro, si aggiunge al movimento o lo incide trasformando anche l’ambiente. L’uso della voce per me conduce più vicino all’anima. Mi piace sperimentare le differenze nella struttura di tutti i suoni, effetti acustici che vengono dal basso più profondo, dagli angoli più strani e sconosciuti del corpo. Lascio che il movimento determini la voce ma anche l’opposto. Mi abbandono ai contrasti tra una voce satanica o il canticchiare innocente delle ragazzine, mi faccio attraversare da tutti i suoni istintivi dell’uomo e dell’animale, ma li estrapolo da un contesto narrativo e li ricompongo in un paesaggio sonoro...” (A. Cacciagrano e P. Di Matteo, “Art’o”).

Cresciuta alla scuola di Anne Teresa De Keersmaeker, il Performing Arts Research and Training Studios di Bruxelles, dove le tecniche più avanzate della danza contemporanea si coniugano con le altre discipline artistiche, in particolare il teatro e la musica, poi a lungo nella compagnia di Jan Fabre, che per lei ha coreografato un assolo che ha fatto il giro del mondo, My Movements are alone like Street Dogs, e infine con Sidi Larbi Cherkaoui e Les Ballets C de la B di Alain Platel, oggi Erna Omarsdottir è artista in proprio e si divide fra la sua città natale, Reykjavík, e la culla delle sue maggiori esperienze artistiche, Bruxelles. Negli ultimi anni le sue creazioni, di cui è autrice e interprete, nascono dalla collaborazione con musicisti, come Jóhann Jóhannsson e Valdimar Jóhannsson: IBM 1401 (a user manual) nel 2002, The Mysteries of Love nel 2005 e il suo ultimo lavoro, We saw monsters, presentato in una nuova veste alla Biennale.

Con We saw Monsters la coreografa e performer islandese intende risalire alle radici primordiali delle nostre paure: “I mostri sono spesso creati dalla nostra mente per paura della vita, della natura, del buio, dell’ignoto e della morte – scrive. Perciò a volte diamo inavvertitamente forma alla nostra idea astratta del terrore. Con il tempo, le parti si capovolgono e i mostri reali che si trovano nella società moderna diventano la causa stessa del terrore… Le apparenze possono ingannare e i confini tra la realtà e l’immaginazione rischiano di confondersi”. Nato nell’ambito del progetto ENPARTS (European Network of Performing Arts), la rete di collaborazioni avviato dalla Biennale di Venezia con festival e istituzioni europee che operano nel settore dello spettacolo dal vivo, We saw monsters - coprodotto da Biennale e Berliner Festspiele - Spielzeit’europa - è un lavoro in cui danza, canto, musica e arti visive si integrano in un’unica, poetica, espressione artistica.



Koffi Kôkô
19 / 20 giugno ore 20.00
Teatro Piccolo Arsenale
KOFFI KÔKÔ (Benin)
La Beauté du Diable (prima italiana)
ideazione, coreografia, danza Koffi Kôkô
musica Achille Acakpo, Janos Crecelius
percussioni Pape Sambe, Achille Acakpo, Janos Crecelius
luci Peter Göhler

Dalla tradizione alla creazione. Così si potrebbe riassumere la ricerca spirituale e insieme artistica del performer, danzatore e coreografo beninese Koffi Kôkô, apripista della scena moderna della danza africana in Europa, che trova espressione in un’originale sintesi tra radici nere e cultura occidentale, di cui è esemplare Passage, l’assolo dell’84 portato in tournée in tutto il mondo.

La sua formazione artistica è una vera e propria iniziazione alla danza, passata attraverso i riti animisti della regione d’origine e la cultura Nago-Yoruba, che rivivono nel potere sciamanico emanato da un originalissimo linguaggio del corpo, veicolo di misteri inaccessibili alla parola. Il retaggio di una danza “oracolare”, che si fa tramite della saggezza divina, trova nuova linfa proprio quando Koffi Kôkô, a metà degli anni settanta, si trasferisce dal Benin a Parigi e poi a New York, entrando in contatto con la lezione di artisti come Peter Goss, Yoshi Oida, oltre alle scuole di Katherine Dunham e Alvin Ailey.

La particolare simbiosi fra matrice afro ed esperienza occidentale di Koffi Kôkô trova spazio anche nelle collaborazioni con alcuni tra i più importanti rappresentanti della danza e del teatro contemporanei, tra cui figurano Pierre Doussaint, Bruno Boêglin, Shiro Daimon e Yoshi Oida, Gabriel Gbadamosi e i ballerini di flamenco Mari Carmen Gracia e Peter Badejo. Con Ismael Ivo, Koffi Kôkô ha interpretato The Maids, dall’omonimo testo di Jean Genet, per la regia di Yoshi Oida, spettacolo premiato nel 2003 con il Time Out Award come miglior produzione dell’anno.

Koffi Kôkô arriva per la prima volta alla Biennale di Venezia con il suo ultimo assolo, La Beauté du Diable, una novità per l’Italia, che affronta il paradosso della vita, la dualità umana e universale del bene e del male. Provenendo da una cultura dove questi due concetti sono considerati un’espressione inscindibile, Koffi Kôkô s’interroga sulla percezione giudaico-cristiana che al contrario li separa.

“Chiunque venga stregato da Koffi Kôkô dimenticherà immediatamente che l’uomo ha creato il diavolo per spiegare il male intrinseco alla sua stessa natura. L’assolo è spirituale, raffinatissimo... Koffi Kôkô sta in piedi, danza, fluttua sopra ogni cosa, incluso se stesso. Ci mostra che l’Africa ha qualcosa a che fare anche con il Butoh, quando si presenta istintivamente molto concentrato, meditativo, con i piedi piantati a terra e allo stesso tempo assume un’aria spirituale, fremente di energia dentro e con una calma quasi stoica fuori. Se solo lo volesse, potrebbe facilmente entrare in contatto con il regno dei morti. … A questo punto il vocabolario della tradizione appartiene solo a lui, e lui gli ridà vita, con semplicità e imprevedibilità. Non c’è dubbio che Kôkô sia un numero uno della danza. E come tale si permette assoluta libertà e fa suonare tutti i “tasti” del suo corpo con grande carica ironica. La Beuaté du Diable è free jazz, danzato in dialogo con i musicisti che lo accompagnano sul palcoscenico” (Thomas Hahn, “Tanz”).


Corso di Teatrodanza della Scuola Paolo Grassi di Milano
21 giugno ore 20.00 / 22 giugno ore 18.00
Teatro Piccolo Arsenale
TRISHA BROWN DANCE COMPANY / MILANO TEATRO SCUOLA PAOLO GRASSI (Italia)
Line Up
un progetto della Trisha Brown Dance Company con la Milano Teatro Scuola Paolo Grassi
coreografia Trisha Brown
con gli allievi del III anno del corso di Teatrodanza coordinato da Marinella Guatterini
Giuseppe Brancaccio, Clarissa Colombani, Eugenia Coscarella, Simona Cutrignelli, Anita Faconti, Anna Guarinoni, Mauro Losapio, Francesco Marilungo, Bianca Migliorati, Francesco Napoli, Camilla Parini, Eleonora Soricaro, Marta Ventura
direzione delle prove Lisa Kraus, Elena Demyanenko
musica Bob Dylan, istruzioni verbali, metronomo
luci Paolo Latini
costumi originali di Trisha Brown, realizzati da Enza Bianchini e Nunzia Lazzaro

Accanto all’Arsenale della Danza, un altro esempio di impegno nella formazione di nuovi talenti è il Corso di Teatrodanza della Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano. Progettato e diretto da uno dei maggiori critici italiani del settore, Marinella Guatterini, sul modello delle maggiori scuole europee, il Terzo Corso di Teatrodanza presenta uno spettacolo che nasce dall’incontro con la “lezione” della coreografa americana Trisha Brown.

Figura chiave del post modern americano, Trisha Brown ha stupito il mondo portando la danza fuori dai teatri, in spazi pubblici e luoghi totalmente inediti, sviluppando un linguaggio del movimento libero e fluido, in cui è assimilato anche il gesto quotidiano. Negli anni settanta, in un clima di accesi sperimentalismi e di esplosione creativa di tutte le arti, le sue idee hanno rivoluzionato i presupposti stessi della danza: è il periodo delle “coreografie aeree”, in cui la Brown sfida la legge di gravità e fa camminare i danzatori lungo le facciate dei grattacieli (Man Walking Down the Side of the Building 1970, Walking on the Wall 1971) o danzare sui tetti di New York (Roof Piece 1973).

Line Up e parte degli “Early Works” della coreografa - Sticks, Scallops, Clackers, Spanish Dance, Solo Olos, Corners e Figure 8, qui ricreati dal Corso milanese - risalgono a questo fervido periodo, il 1976/’77, e sono un saggio dell’ironia e della semplicità che contraddistinguono la coreografa americana oltre che una pietra miliare del suo repertorio. Alla Brown basta una fila di danzatrici per dispiegare le innumerevoli possibilità combinatorie del movimento.

Per la creazione di Line Up, gli allievi della “Paolo Grassi” sono stati parte integrante sia del processo creativo che del risultato finale. Le due direttrici delle prove, Lisa Kraus ed Elena Demyanenko, in passato parte della Compagnia di Trisha Brown, hanno insegnato agli studenti le sequenze esatte delle coreografie originali, per poi guidarli attraverso un esteso processo di improvvisazione comprendente lo stesso impianto di istruzioni che la Brown dette ai danzatori della sua compagnia nel 1976. In Line Up, Trisha Brown ha chiesto ai suoi ballerini di improvvisare sulle indicazioni dell’allineamento e di memorizzarne il risultato, rendendo ripetibile la coreografia.



Sadler's Wells
22 giugno ore 20.00
Teatro Malibran
SADLER’S WELLS LONDON & SYLVIE GUILLEM (Francia)
6000 Miles Away
Rearray
coreografia, luci, costumi William Forsythe
con Sylvie Guillem, Nicolas Le Riche/Massimo Murru
musica David Morrow

27’52”
coreografia, scene Jirí Kylián
con Aurélie Cayla, Kenta Kojiri
musica Dirk Haubrich
luci Kees Tjebbes
costumi Joke Visser

Bye
coreografia Mats Ek
con Sylvie Guillem
musica Ludwig van Beethoven (Sonata per pianoforte n.32, Op.111)
scene, costumi Katrin Brännström
luci Erik Berglund
video Elias Benxon
coproduzione Dansens Hus (Stoccolma)

Ballerina dalla perfezione tecnica unica, Sylvie Guillem ha saputo imporsi come una delle più grandi del nostro tempo. La sua fama esplode negli anni ‘80, quando non solo Guillem rivoluziona l’estetica della ballerina classica con un’altezza “fuori misura” e gambe lunghissime che avvita e slancia al limite della disarticolazione, ma ne muta per sempre il cliché, affermando la sua personalità artistica con decisione e indipendenza nelle scelte. Osannata dal pubblico di ballettomani, la Guillem non è soltanto dotata di potenza fisica e tecnica d’acciaio, ma ha anche il carisma della vera diva.

Formatasi alla scuola dell’Opéra di Parigi, dove entra a 12 anni, a 16 è già nel corpo di ballo e a 19 è nominata étoile - la più giovane étoile della storia dell’Opéra di Parigi - da Rudolf Nureyev per la sua interpretazione de Il lago dei cigni. Una serie di importanti ruoli seguono questo riconoscimento, a volte con lo stesso Nureyev come partner. Dall’Opéra di Parigi al Royal Ballet e poi ancora all’Opéra, la Guillem costruisce un repertorio vastissimo, che ha contribuito alla sua longevità artistica sulle scene di tutto il mondo: dai più importanti titoli del repertorio classico - Giselle, Don Chisciotte, Romeo e Giulietta, La Bella addormentata, Cenerentola, Raymonda, La Bayadère, Agon, Apollon musagète – a pezzi coreografati per lei dai maggiori artisti contemporanei, come William Forsythe, Maurice Béjart, Karole Armitage, Mats Ek, cui si aggiungono recentemente Russell Maliphant e Akram Khan.

Per la prima volta alla Biennale di Venezia, Sylvie Guillem porta l’ultimo spettacolo 6000 Miles Away, composto da un trittico di pezzi che per lei hanno creato i massimi coreografi: il pas de deux Rearray di William Forsythe, su musiche di David Murrow, l’assolo Bye di Mats Ek, sulle note dell’ultima Sonata di Beethoven e il duetto da 27’52’’ di Jirí Kylián, quest’ultimo interpretato da Aurélie Cayla e Kenta Kojiri, sulle musiche di Dirk Haubrich. Un appuntamento da non perdere.



Ultima Vez / Wim Vandekeybus
23 / 24 giugno ore 20.00
Teatro alle Tese - Arsenale
ULTIMA VEZ / WIM VANDEKEYBUS (Belgio)
booty Looting (prima assoluta)
regia, coreografia, scene Wim Vandekeybus
interpretazione e collaborazione alla coreografia Jerry Killick, Birgit Walter, Elena Fokina, Dymitry
Szypura, Luke Jessop, Kip Johnson
assistenza artistica, drammaturgia Greet Van Poeck
musica originale eseguita dal vivo di Elko Blijweert
suono Antoine Delagoutte
luci Davy Deschepper, Francis Gahide, Wim Vandekeybus
costumi Isabelle Lhoas
fotografia dal vivo Danny Willems
produzione Ultima Vez
in coproduzione con La Biennale di Venezia, KVS (Bruxelles), Schauspiel Köln
Ultima Vez è sostenuta delle Autorità e della Comunità fiamminga

Danzatore, coreografo, regista, film maker, Wim Vandekeybus appartiene alla fertilissima area fiamminga, da cui provengono tanti nomi della scena contemporanea tra gli anni ottanta e novanta: Anne Teresa De Keersmaeker, Jan Fabre, Frédéric Flamand, Ann De Mey, artisti che, malgrado le differenze, fanno sfoggio di un acceso plurilinguismo.

Wim Vandekeybus, apparso sulle scene alla fine degli anni ottanta con What the Body Does Not Remember, spettacolo dall’impatto travolgente, premiato con un Bessie Award a New York, porta alle estreme conseguenze le premesse di una formazione antiaccademica, modellando una danza talmente aggressiva e adrenalinica da trasformare la scena in un campo di battaglia, dove i corpi, dominati da dinamiche di attrazione-repulsione, sono scossi in un vortice di corse, cadute, lanci, prese rapide, spinte. Un’estetica del conflitto che si incarna in un’umanità ferina, mossa da impulsi istintuali. Spiegel, composto per i vent’anni della sua compagnia - Ultima Vez, fondata nel 1986 - offre un campionario del vocabolario di Vandekeybus, dove diventa sempre più costante l’impiego di altri media, come video e cinema. Monckey Sandwich, presentato nel 2010 al Koninklijke Vlaamse Schouwburg, il teatro reale fiammingo di Bruxelles, è infatti costruito interamente attorno a un filmato. Lo scorso anno Vandekeybus collabora con Cidi Larbi Cherkaoui, per cui aveva già creato un assolo al Festival di Avignone del 2002, a una performance che è una lezione di danza assieme, IT 3.0.

A Venezia e all’8. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, Vandekeybus ha riservato il debutto in prima mondiale di booty Looting, così intitolato perché i sei performer coinvolti, cui si aggiungono un musicista e un fotografo, “si rubano l’un l’altro ciò che è già stato rubato”. La sequenza di fermo-immagine che compone il pezzo è così descritta dalle prime note informative della compagnia: “Un mago ha inventato uno specchio dotato di memoria. Guardo dentro e mi ricordo la mia stessa nascita. Il vestito di mia madre. La stanza dell’ospedale. … Del ghiaccio sulla barba. Fiamme tra gli alberi. Due ubriachi che si tengono in piedi appoggiandosi l’un l’altro. Una bambola sporca distesa per strada. Una Mercedes-Benz nuova di zecca, mai guidata. Una bottiglia di vodka passata sul fuoco. … Una foto uccide il presente e congela il passato. I ricordi si radicano in questi momenti congelati e crescono… I corpi si muovono e il sudore gronda mentre all’interno della cornice nulla cambia”.



Marathon of the Unexpected
24 giugno ore 15.00 > 20.00
Teatro Piccolo Arsenale
MARATHON OF THE UNEXPECTED

Dopo il successo della passata edizione, che aveva portato sul palcoscenico del Teatro Piccolo Arsenale 21 compagnie da Italia, Olanda, Giappone, Slovenia, Stati Uniti, Taiwan, ritorna Marathon of the Unexpected, una sezione specifica all’interno del Festival destinata alle nuove proposte, scelte fra le esperienze più sperimentali nel campo della danza, con l’idea di portare allo scoperto realtà che difficilmente troverebbero visibilità e di promuovere occasioni per scoprire e favorire l’originalità creativa di nuove talenti.

Nella giornata conclusiva del Festival, il 24 giugno, dalle 15.00 alle 20.00, si svolgerà una non stop di brevi performance, tutte novità di non più di 15 minuti ognuna, scelte tra le proposte che arriveranno entro il 15 maggio all’indirizzo marathon@labiennale.org .

A questo scopo è già stato annunciato un bando attivo sul sito della Biennale di Venezia (www.labiennale.org). Rivolto a quei danzatori e coreografi che hanno avuto esperienza professionale coreografica e di spettacolo, la selezione, ad opera del direttore del Settore Danza Ismael Ivo, privilegerà proposte inedite e innovative. Ai prescelti la Biennale offrirà il palcoscenico del Teatro Piccolo Arsenale, dove saranno a disposizione le condizioni tecniche di base per ogni allestimento.


Awakenings Dance Party
24 giugno ore 22.30
AWAKENINGS DANCE PARTY


Il Festival si concluderà con un momento di festa condivisa, per celebrare la danza come una fondamentale espressione della gioia di vivere. Ismael Ivo invita il pubblico del Festival a celebrare la bellezza della danza in una serata costruita sull’incrocio delle arti, complici alcuni allievi dell’Arsenale della Danza, e all’insegna del divertimento.



Laboratori e Masterclass
Joy of Movement


8 > 24 giugno, Tese dei Soppalchi e Salone SS. Filippo e Giacomo, Museo Diocesano di Venezia
Choreographic Collision 6
Corpo a corpo
percorso di formazione coreografica a cura di Danzavenezia
direzione artistica Ismael Ivo
con la partecipazione di Shobana Jeyasingh

9 / 10 giugno ore 11.00 - 15.00, Tese dei Soppalchi
Virgilio Sieni
per danzatori professionisti e non professionisti, con selezione

13 giugno ore 10.00 - 14.00, Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian
Cristiana Morganti
Me, Myself and I
laboratorio di teatrodanza per danzatori professionisti, con selezione

15 / 16 giugno ore 10.00 - 13.00, Tese dei Soppalchi
Rosa Barreto e Gilberto Baía / Balé do Teatro Castro Alves
Danza afro-brasiliana
aperto a tutti

17 / 18 giugno ore 14.00 - 18.00, Tese dei Soppalchi
Erna Ómarsdóttir
per danzatori professionisti e non professionisti, con selezione

17 / 18 giugno ore 11.00 - 14.00, Tese dei Soppalchi
Wim Vandekeybus
per danzatori professionisti, con selezione

19 / 20 giugno ore 11.00 - 15.00, Artiglierie dell’Arsenale
Brock Labrenz / The Forsythe Company
Improvisational Movements
per danzatori professionisti, con selezione

21 / 22 giugno ore 10.00 - 14.00, Tese dei Soppalchi
Koffi Kôkô
aperto a tutti


Joy of Movement è un modo per conoscere sul campo le idee e le tendenze della danza contemporanea, per avviare una riflessione sulla coreografia e sulle sue fonti d’ispirazione, per entrare in contatto con le culture del mondo attraverso i laboratori e le masterclass in programma.

Naturale sviluppo di un percorso di perfezionamento sulla coreografia iniziato sei anni fa per iniziativa di Viviana Palucci e Manola Bettio dell’Associazione Danzavenezia e con la direzione artistica di Ismael Ivo, Choreographic Collision rinnova l’approccio multidisciplinare alla formazione sperimentato nell’ultima edizione del Festival. I coreografi selezionati, infatti, saranno allievi di un corso intensivo con la coreografa anglo-indiana Shobana Jeyasingh e Ismael Ivo, ma si uniranno anche a un altro gruppo di studenti - scelti dalle Università di tutta Italia e di Ca’ Foscari e coordinati da Stefano Tomassini - per partecipare insieme agli incontri, alle conferenze, alle prove generali, agli spettacoli del Festival. Un “corpo a corpo” con la danza e il pensiero coreografico che si concluderà con due Open Doors in cui gli allievi si misureranno con la propria creatività elaborando una serie di “studi coreografici” presentati nella giornata conclusiva del Festival.

Destinati a professionisti del settore, ma anche a un pubblico di appassionati che vogliano approfondire le loro conoscenze nella danza contemporanea, sono in programmazione cicli di masterclass con i protagonisti del Festival, occasione unica per entrare in contatto diretto con gli strumenti e i processi creativi di maestri di oggi: Virgilio Sieni, Cristiana Morganti del Tanztheater Wuppertal, Rosa Barreto e Gilberto Baía del Balé Teatro Castro Alves, Erna Ómarsdóttir, Wim Vandekeybus, Brock Labrenz della Forsythe Company e Koffi Kôkô.

SITO UFFICIALE

 

biennale danza 2012

awakenings
08 giugno > 24 giugno 2012