biennale architettura 2012

common ground

 

13. mostra internazionale di architettura

29 agosto > 25 novembre 2012

 

di Gabriele FRANCIONI

BIENNALE ARCHITETTURA 2010

12. EDIZIONE

29 agosto/21 novembre 2010

Giardini, Arsenale, Centro Storico


08: Arsenale/ AtmosphEthics

AtmosphEthics – Out there people meet in architecture – Less is more, more or less.

             

Comunque la si voglia definire, la Biennale di Sejima sigla, ancor più di quella betskyana, una forte linea di discontinuità col recente passato (2004, “Metamorph”, ad esempio). Non si era mai visto un Leone d’Oro coraggioso e tempisticamente perfetto come quello assegnato alla partecipazione nazionale del Bahrein, che tratta, in qualche modo, di Culture Refugees, assimilabili in qualche modo ai Climate Refugees.
In un Arsenale magistralmente riadattato a sequenza precisa ma non discontinua di spazi  a tema (meglio: a singolo architetto/artista), “RECLAIM” interpreta con grande sensibilità il richiamo del pianeta (che soffre) verso una maggiore attenzione per i vuoti, gli “Empty” cui fa riferimento lo stesso Perrault, anche se limitati a strisce di terra lentamente ridotte dalla speculazione edilizia. I Culture Refugees sarebbero, secondo la nostra definizione, gli anziani e i bambini del Bahrein che desiderano continuare a godere della presenza del mare, andando a porsi tra questo e l’urbanizzazione che avanza.
Muovendosi inaspettatamente in controtendenza rispetto all’immagine stereotipata di quello Stato, il Ministero della Cultura ha deciso d’ignorare la sfavillante ricchezza degli edifici-avamposto della speculazione, per dare visibilità a un esperimento di sopravvivenza culturale, sociale e spaziale, come quello di sostenibilissime abitazioni temporanee su palafitte, poste quasi a difesa della linea ideale disegnata dall’acqua che tocca la spiaggia. Similmente a molte strisce di terra ancora per poco emerse, queste zone di fascia costiera sopravvivono a un diverso tipo di tsunami che va formandosi alle loro spalle.  Lo tsunami di un’incultura urbanistico-edilizia destinato, prima o poi, a cancellarle per sempre. 
Anton-Garçia Abril & Ensamble Studio rappresentano invece la voluta opposizione del pesante rispetto al leggero palafitticolo: due travi gigantesche s’incrociano andando a disporsi di taglio tra le enormi colonne in mattoni delle Corderie, trovando qui precario equilibrio garantito da grandi molle. Palafitte/ Travi/ Nuvole: continuando ad attraversare le sale accuratamente predisposte e messe in successione, si comincia a cogliere l’estrema coerenza tra assunti di partenza e sviluppi dei singoli progettisti e artisti, chiamati a confrontarsi sulle possibilità di ricreare atmosfere architettoniche riuscendo, nel contempo, a renderle eticamente plausibili e condivisibili. AtmosphETHICS, appunto. Ecco allora lo stupefacente “Cloudscapes” di Tetsuo Kondo Architects e Transsolar. Un ponte in metallo leggero forma il camminamento sospeso curvilineo che permette di penetrare il cuore di vapore della nube. Aria densa, attraversando la quale arriviamo ai lampi di luce e acqua - tubi da giardino innervati da luci stroboscopiche - di Olafur Eliasson (Your blind movement/ Your split second house 2010) e alle interviste del curatore-star Hans Ulrich Obrist, che si confronta con tutti coloro che espongono alla Biennale.

Tocchiamo poli etici - il Bahrein, Mumbai, l’Iran - avendo il tempo di meditare in between: come voleva Sejima, siamo in un parco politico e collettivo, ma con aree d’isolamento e meditazione.

Ecco allora che l’altra grande epifania etica si materializza nella grande sala del Mumbai Studio, presente con “Work Place”, una riproduzione accumulativa, meticolosamente infinita dello Studio Mumbai inteso come spazio fisico, tra plastici lignei di travi appoggiate su casseformi - ritorna l’equilibrio precario annunciato da Ensamble Studio - oggettistica varia e riproduzioni dei progetti e dei dati sulle competenze collaborative, che mettono miracolosamente in rapporto sinergico falegnami, architetti, ingegneri e muratori.

La Cardiff mette alla prova le possibilità di ricreare, in una specie di ovale, un’architettura di suoni, ovvero un volume plasmato dal suono proveniente da varie posizioni, quelle di 40 casse acustiche destinate a riprodurre le voci di altrettanti esecutori, impegnati nel canto di “Spem in alium” di Thomas Tallis, ricampionato e spazializzato. Si tratta in pratica di una sonata per 40 casse da impianto stereo: un coro insieme agli strumenti, l’intera partitura divisa, sezionata e ogni pezzo affidato ad una cassa. La peculiarità è che il visitatore viene a trovarsi nella posizione di (ciasc)uno degli esecutori di questa affascinante composizione rinascimentale.

Berger & Berger presentano «Ça va, a prefabricated movie theater», sorta di cinematografo smontabile impegnato nella proiezione di film francesi, 6 ore al giorno. Anche questo un luogo di ritrovo e di raccoglimento nel Parco di Sejima.

L’altra menzione speciale all’Arsenale è invece per i cinesi Amateur Architects, che hanno portato in mostra una costruzione archetipale del loro Paese: una cupola fatta di assi di legno, ottenuta incrociando quattro assi secondo una ritmica costruttiva condivisa dalla popolazione. è una semplice tecnica che adoperano tutti in Cina.

Nel loop Atmosf/Ethics, è ancora il momento dell’impegno, quando ci soffermiamo davanti alle fotografie della città iraniana di Isfahan, presentata con grande semplicità. In un altro spazio osserviamo disegni molto curati di edilizia popolare.

10 ottobre 2010

SITO UFFICIALE

 

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