LAISSEZ-PASSER
di Bertrand Tavernier
con Jacques Gamblin



Proprio a Berlino, la storica capitale del Reich, Bertrand Tavernier decide di presentare il suo ultimo lavoro e per di più in concorso!. Ma la narrazione del regista, come lui stesso vuole sottolineare, non ha pretese storiografiche: è piuttosto un omaggio a quelli che durante l'occupazione tedesca di Parigi, nel 1942, cercavano di fare cinema e cercavano di sopravvivere, mantenendo salde le proprie idee. Lui li chiama "Eroi" e così li rappresenta, dimenticando ogni tipo di realismo e di obiettività. L'unico punto di vista che utilizza è quello dei personaggi che hanno ispirato questo film e che sono realmente esistiti: lo sceneggiatore e poeta Jean Aurenche (Denis Podalydès) ed il regista Jean-Devaivre (Jacques Gamblin). E' infatti la loro storia che Bertrand Tavernier mette in scena, la storia di due artisti divisi tra le loro convinzioni e la necessità di dover lavorare per una casa di produzione tedesca, la Continental, che realizza film francesi, ma a favore del Regime. Per fare ciò ha ovviamente bisogno di artisti parigini e quindi cerca di scritturare i più grandi talenti del momento per delle grandi produzioni. Ma mentre lo sceneggiatore si limiterà a delle scritture "alimentari" e cioè fatte per riuscire a mangiare, il regista, che ha una moglie e un figlio e tanta passione per il cinema, inizierà a collaborare a tempo pieno. E paradossalmente proprio questo canale con i tedeschi lo porterà a scoprire molte carte e documenti utili alla resistenza francese e a suo modo combatterà anche lui gli invasori.
Sembra quasi di esserci nella Parigi di Tavernier: sembra di dover scampare ai Raid tedeschi e di toccare con mano la fatica, la paura e la devastazione dei protagonisti. Questo grazie per l'effetto della camera a spalla che il regista spesso usa e che si sponge fino a rendere sfocate le figure, per quanto gli si avvicina. Anche se non mancano i riferimenti al Truffaut di EFFETTO NOTTE e soprattutto de L'ULTIMO METRO', questo appassionato tributo al cinema e alle idee ha un'originalità innegabile e sorprendente. Unica pecca: l'eccessiva lunghezza (2 ore e 50), che appesantisce il racconto non essendo utile né alla storia né al suo significato.

Voto: 28/30

Francesca MANFRONI
08 - 02 - 02


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