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VENETO JAZZ 2011
cesaria evora giugno -settembre 2011 Gran Teatro la Fenice, Venezia
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30/lode |
Noi vogliamo
l’Europa come amica,
L’Asia e l’intero
pianeta
(Cesaria Evora, “Sodade”).
Il Venezia Jazz Festival, non una semplice appendice del Veneto J.F., ha già ben definito alcune peculiarità in questi primi anni di vita: è (sempre) più virato al femminile e si apre alle contaminazioni provenienti da ogni parte del mondo, oltre che a molti, seppur selezionatissimi, generi musicali. Le donne dell’ edizione “011” hanno portato energia e anima/soul (Ty Leblanc), ma anche anima e infinita, struggente malinconia, con l’ ultima intensissima e commovente apparizione di Cesaria Evora. Per chi ha avuto la fortuna, ancora bambino, di trascorrere le vacanze estive tra Antibes e l’ Umbria, quindi di vedere dal vivo Bill Evans, Jaco Pastorius insieme ai Weather Report e il duo Corea/Hancock, anche la data del 26 luglio 2011 rimarrà per sempre impressa nella memoria a ricordo di uno dei concerti più significativi e affascinanti di sempre. Dopo i problemi di salute che ne avevano messo in forse un ritorno sul palcoscenico, la magica ragazza dai piedi nudi era attesa come un’ apparizione epifanica a metà tra l’ ancestralità rituale del proprio paese d’ origine (Capo Verde) e la fantasmaticità del Dopo assoluto. Cize ha effettivamente cantato alla Fenice, ma era già entrata in un’ altra dimensione: sembrava chiusa in un cupo raccoglimento, in una celebrazione condivisa e pagana di qualcosa di sacro e privato. Quasi disorientata dal calore del pubblico, che ne seguiva i passi sempre più brevi e stanchi, Evora ha trasformato la seduzione delle caladeiras e il senso di perdita delle mornas in un canto sacro che era già “sodade” della vita, intriso di rassegnazione e rallentato nel passo. La Fenice ha trattenuto il fiato per un’ora e mezza, tra incanto e timore, mentre gli sguardi dei presenti sembravano voler trasmettere nuova energia alla diva. Il vasto programma di Cize ha incluso mornas agrodolci, caratterizzate da una miscela inimitabile di melodia e ritmica compassata e più veloci e segmentate coladeiras : è cantando le prime che l’ incredibile voce della capoverdiana ha dato il meglio di sé, lavorata e resa più scura dall’ età, che ne ha approfondito il registro basso. L’ accompagnamento della band -otto elementi talentuosi: Carlos Alberto Pereira Tavares Silva al pianoforte, Julian Corrales Subida e Domingos Antonio Gomes Fernandes al violino e al sax, Daneilson Neves Fonseca alla chitarra, Paulino Soares Vieira al cavaquinho, José Manuel Paris al basso e i vocalist Renato Lourenco Lopes Almeida e Nilza Maria Rocha Silva- talvolta è sembrato addirittura sovrastare la minuta cantante, salvo ri/adattare dinamica e tempi alle esigenze della performer. E’ un tipo di world music anomala quella di Evora, forse frenata, negli anni, dal filtro linguistico, che ne ha rallentato i tempi di diffusione: il grande successo degli ultimi anni è stato, quindi, una doppia vittoria per l’ artista, in quanto ha costretto (diremmo “piegato”) un vastissimo pubblico ad apprendere un po’ di portoghese e i termini dialettali di Capo Verde. Sax, violino e pianoforte, cui vengono concessi brevi momenti solistici, fanno capolino dall’ omogeneo amalgama sonoro su cui va distendendosi il canto. Cize muove leggermente le spalle al ritmo delle percussioni africane, quindi si sporge sull’ incommensurabile profondità del fado e infine si lascia cadere nella eco dei canti di mare britannici, che risuona in brani come l’ allegro Serpentina, Ligereza, Sentimento (una morna),, Miss Perfumado e Vida Tem Um So Vida.La scaletta dei brani pone l’ accento sull’ ultimo, definitivo album NHA SENTIMENTO, ma non trascura i già noti MAR AZUL, RADIO MINDELO e SODADE. Alcune esecuzioni sono addirittura percorse dai fremiti brasiliani del frevo e del samba, che rimescolano le comuni radici afro in una feijoada ritmico-timbrica unica, e talvolta accolgono persino arie arabo-andaluse. In un’ occasione, ci sembra di ascoltare addirittura Clara Nunes. Il ballo collettivo, comunque, c’è stato: durante SODADE (14° di ben 18 brani complessivi, persino troppi per la Evora) la Fenice si è unita in una danza che ha percorso come una “ola” la platea e i palchi e ha preso forma e significato di un saluto finale all’ artista. Cesaria Evora ha vissuto indossando un “sorriso sem gusto”, indugiando “sem certeza” tra amori perduti “sem brincadeira” (veramente, non per scherzo). E se le sue liriche sono percorse dall’ Assenza (“sem”,”sem”,”sem”), quello che ci lascia è un messaggio di stupenda e universale semplicità: “DAR SEM FIM”.
prima pubblicazione 30/7/2011 ripubblicato 18 dicembre 2011 |
cesaria evora
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