“Non
chiederci la parola che squadri da ogni lato
L’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
Lo dichiari..”
Eugenio Montale
L’emozione del teatro inizia quando le luci
si spengono e il sipario si apre: è l’emozione dell’attesa, è l’emozione
della sorpresa e, in questo caso, l’emozione della partecipazione. Quando la
prima flebile luce inquadra il volto di Ugo Pagliai, ansimante e dolorante,
la sorpresa e l’attesa non restano deluse e diventano partecipazione al suo
dolore di personaggio: l’incanto del grande attore che si dona intimamente
al suo pubblico. Colpisce ed emoziona il ritratto così vero che Pagliai fa
della vecchiaia: quasi a farci riflettere, quasi a farci pensare che per noi
stessi quel momento non arriverà mai.
In scena dall’8 al 20 gennaio in prima assoluta romana al Teatro Vascello a
Monteverde, "Wordstar(s)" di Vitaliano Trevisan racconta in due atti gli
ultimi giorni di vita di Samuel Beckett, il grandissimo scrittore e
drammaturgo irlandese. Il testo esplora in profondità la personalità e la
quotidianità del grande genio del Teatro dell’Assurdo, ormai costretto in un
corpo anziano e malato. Nel I atto Pagliai-Beckett declama “Il corpo è
stanco di portare in giro il peso di questa testa, la testa è stanca di
farsi portare in giro da questo corpo. Ma quale altro corpo potrebbe
sopportare il peso di questa testa?”: genialità e umanità, eccezionalità e
routine avvolgono di meraviglia e sofferenza la confessione teatrale di
questo personaggio.
Al monologo di Sam, fanno eco le due figure femminili, Suzanne e Billie,
rispettivamente la moglie e l’amante, che “nel loro chiacchiericcio post
mortem, logorroico e delirante, sembrano proprio (e così le ho trattate
registicamente) due creature beckettiane nel loro teatrino purgatoriale,
così da avere sullo stesso palcoscenico lo scrittore e il suo teatro”
(Giuseppe Marini). E così la memoria di vita di Beckett si ricostruisce
attraverso le memorie delle due donne, ormai morte e “ridotte a
soprammobili” e, contemporaneamente, attraverso la memoria dei suoi ricordi,
spesso incardinati sarcasticamente in parole-chiave, e della sua scrittura.
D’altronde, il titolo stesso evoca la centralità tematica della scrittura:
Wordstar era, infatti, il più diffuso programma di scrittura prima
dell’avvento di Microsoft Word (un programma ormai obsoleto anche nel 1989,
anno della morte del drammaturgo). Ha dichiarato Vitaliano Trevisan: “Allo
stesso modo, come un programma di scrittura ormai obsoleto, si spegne un
vecchio scrittore”. 27/30 |