IL CINEMA DI NERONE
Capitolo 3: IL CASO TORINO
I vari resoconti, dell'una o dell'altra parte (ultimo in ordine di tempo
quello dello stesso Rondolino su "Sentieri Selvaggi") hanno delineato un
quadro ormai sin troppo chiaro della questione. Con buona pace del piccolo
cinismo di chi vorrebbe queste manovre di corridoio ammantate da un'aura di
fatale inconoscibilità - senza contare il cinismo ancora più piccolo e ahimé
anche più diffuso di chi si dice convinto che "stringi stringi alla fine
tutto è sempre e solo una questione di soldi".
Il quadro è sin troppo chiaro perché è folgorantemente esemplificativo di
una situazione strutturale pressoché onnipresente nel nostro panorama
culturale e non solo. Da una parte l'autonomia, che riesce ancora grazie al
cielo a dire e produrre qualcosa di sensato e meritevole, e dall'altra il
circolo vizioso del capitale con i suoi piccolissimi servitori che godono
nel sacrificare tutto il sacrificabile in nome della Sua onnipotenza
invisibile. La politica sta gloriosamente nelle mani di entrambi (ancora
alla faccia del piccolo cinismo di chi la vuole morta): nelle mani di
Rondolino che ha salvaguardato l'autonomia degli adepti grazie a decenni di
salti mortali in un ambiente scivolosissimo come quello, e nelle mani dei
Veltroni e dei Veltrini per gli intenti opposti.
Moretti, non c'è dubbio, di questa situazione è incolpevole. La sua nomina
(sfacciatamente strumentale) non è per forza una tragedia. A patto però che
Moretti faccia quello che finora non ha fatto in veste di produttore ed
esercente. Il Sacher è (stato) una triste promessa mancata, appiattitosi su
quegli sterili livelli midcult che poi il Moretti produttore ha
colpevolmente contribuito a fomentare (Luchetti, Mazzacurati, Calopresti...).
Avrebbe potuto fare tanto per una distribuzione ridicola come quella
italiana: niente.
Fino ad ora insomma il Moretti non-cineasta è stato un furbissimo
cavalcatore di mode e/o contromode (cui ovviamente vanno comunque
riconosciuti diversi meriti cinematografici in senso ampio). Ci auguriamo di
cuore che il Moretti direttore di Festival (del migliore, fino ad oggi,
Festival d'Italia) non sia così, ma sappia garantire autonomia a chi se la
merita, come gli eccellenti ex direttori D'Agnolo Vallan e Turigliatto. Che
non ammorbi il festival di cortometraggi insipienti di "piccoli maestri"
ventenni che immaginiamo già troppo simili ai suoi ex adepti. Che non
sacrifichi il coraggio delle passate gestioni all'autoindulgenza radical
chic del pubblico che (lo) ha sempre coccolato. Che continui a mostrare,
come egregiamente ha fatto il Festival in questi ultimi anni, l'esatto
baricentro del cinema mondiale con le sue novità e le sue scoperte, e non a
tirare l'acqua al mulino dell'italica parrocchietta mediatica. che non si
lasci irretire dalle ridicole mire espansionistiche di sindaci invidiosi che
dovrebbero (ri)vedersi "La salita" di Martone. Che non pensi nemmeno per un
istante all'obbrobrio che è la "Festa" veltroniana. Che lasci spazio alle
sacrosante retrospettive, infinitamente più "nuove" di qualunque cinema
anagraficamente "ggiovane". Che non viva con l'assillo ossessivo della
valorizzazione di ciò che è italiano, ma piuttosto con l'imperativo della
sprovincializzazione. Auguri.
Capitolo
3: ECCE BOMBO
Capitolo
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