IL CINEMA DI NERONE

CAPITOLO tre: IL CASO TORINO
 

di Marco GROSOLI


IL CINEMA DI NERONE
Capitolo 3: IL CASO TORINO


I vari resoconti, dell'una o dell'altra parte (ultimo in ordine di tempo quello dello stesso Rondolino su "Sentieri Selvaggi") hanno delineato un quadro ormai sin troppo chiaro della questione. Con buona pace del piccolo cinismo di chi vorrebbe queste manovre di corridoio ammantate da un'aura di fatale inconoscibilità - senza contare il cinismo ancora più piccolo e ahimé anche più diffuso di chi si dice convinto che "stringi stringi alla fine tutto è sempre e solo una questione di soldi".
Il quadro è sin troppo chiaro perché è folgorantemente esemplificativo di una situazione strutturale pressoché onnipresente nel nostro panorama culturale e non solo. Da una parte l'autonomia, che riesce ancora grazie al cielo a dire e produrre qualcosa di sensato e meritevole, e dall'altra il circolo vizioso del capitale con i suoi piccolissimi servitori che godono nel sacrificare tutto il sacrificabile in nome della Sua onnipotenza invisibile. La politica sta gloriosamente nelle mani di entrambi (ancora alla faccia del piccolo cinismo di chi la vuole morta): nelle mani di Rondolino che ha salvaguardato l'autonomia degli adepti grazie a decenni di salti mortali in un ambiente scivolosissimo come quello, e nelle mani dei Veltroni e dei Veltrini per gli intenti opposti.
Moretti, non c'è dubbio, di questa situazione è incolpevole. La sua nomina (sfacciatamente strumentale) non è per forza una tragedia. A patto però che Moretti faccia quello che finora non ha fatto in veste di produttore ed esercente. Il Sacher è (stato) una triste promessa mancata, appiattitosi su quegli sterili livelli midcult che poi il Moretti produttore ha colpevolmente contribuito a fomentare (Luchetti, Mazzacurati, Calopresti...). Avrebbe potuto fare tanto per una distribuzione ridicola come quella italiana: niente.
Fino ad ora insomma il Moretti non-cineasta è stato un furbissimo cavalcatore di mode e/o contromode (cui ovviamente vanno comunque riconosciuti diversi meriti cinematografici in senso ampio). Ci auguriamo di cuore che il Moretti direttore di Festival (del migliore, fino ad oggi, Festival d'Italia) non sia così, ma sappia garantire autonomia a chi se la merita, come gli eccellenti ex direttori D'Agnolo Vallan e Turigliatto. Che non ammorbi il festival di cortometraggi insipienti di "piccoli maestri" ventenni che immaginiamo già troppo simili ai suoi ex adepti. Che non sacrifichi il coraggio delle passate gestioni all'autoindulgenza radical chic del pubblico che (lo) ha sempre coccolato. Che continui a mostrare, come egregiamente ha fatto il Festival in questi ultimi anni, l'esatto baricentro del cinema mondiale con le sue novità e le sue scoperte, e non a tirare l'acqua al mulino dell'italica parrocchietta mediatica. che non si lasci irretire dalle ridicole mire espansionistiche di sindaci invidiosi che dovrebbero (ri)vedersi "La salita" di Martone. Che non pensi nemmeno per un istante all'obbrobrio che è la "Festa" veltroniana. Che lasci spazio alle sacrosante retrospettive, infinitamente più "nuove" di qualunque cinema anagraficamente "ggiovane". Che non viva con l'assillo ossessivo della valorizzazione di ciò che è italiano, ma piuttosto con l'imperativo della sprovincializzazione. Auguri.
 

Capitolo 3: ECCE BOMBO

 

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