teatro toniolo  PRESENTA...
 

questo buio feroce

Mestre, giovedì 29 aprile 2009

Compagnia Pippo delBono

di Cecilia COTUGNO

Collegamenti:

- Teatro Toniolo

- Compagnia Pippo delBono

Quale bambino non ha mai avuto paura del buio e non ha mai chiesto di poter dormire con la luce accesa?

La paura che invade le stanze della nostra infanzia, fatte di ombre, fantasmi e mostri, non è altro che la camera buia della nostra mente, il terrore di essere e/o non essere (permettetemi la citazione).

Se “da grandi” non possiamo più neutralizzare le nostre angoscie semplicemente lasciando acceso l'abat-jour sul comodino, si tenta però di nasconderle dietro un corpo rifatto, diete ultra-anoressizzanti, guêpière e calze a rete.

Ognuno, a modo suo, combatte “questo buio feroce”.

Pippo Delbono, sicuramente, sconfigge, con le sue istantanee dai colori accecanti, il tabù della morte.

Non a caso, la pièce teatrale nasce dalla scoperta di “Wild Darkness” di Harold Brodkey, ritenuto uno dei maggiori scrittori americani del ventesimo secolo, malato di aids, che racconta il suo viaggio verso la morte.

Ma forse, più che altro, distrugge il tabù della vita.

La vita meschina dell'uomo che ora è un numero in attesa di essere chiamato al destino finale, ora è una sacca di sangue, ora soltanto un corpo che guarda impotente nello specchio il suo deterioramento.

Le tre pareti bianche sterilizzate, realizzate da Santerre, racchiudono il dolore dell'essere umano, vivo e allo stesso tempo già morto nella sala d'attesa di quel ospedale poco accogliente che è il mondo.

La scenografia è essenziale, bianca, e il suo candore aggressivo fa da sfondo a una sfilata di zombie, in coloratissimi abiti d'epoca, imprigionati in corpi del passato estranei a loro, e costretti a sfilare per l'eternità.

Una sorta di inferno dantesco contemporaneo, ma è impossibile dipingerlo in parole e rileggerlo.

Il superbo cast attoriale, compreso lo stesso Pippo Delbono, non si dà tregua, è immobile, canta, balla, corre, esce ed entra dai lati del palco, frenetico come in una metropolitana parigina.

Non mancano citazioni di Emily Dickinson, Sandro Penna e Antonin Artaud che completano l'opera poliedrica di Delbono: scene visionarie alla David Lynch si alternano a danze tarantolate, ritratti di donne alla Modigliani, crudeli riprese pasoliniane con Sinatra di sottofondo.

Nell'originalità avanguardista dei suoi spettacoli, Pippo Delbono fonde così tasselli importanti della storia artistica nazionale ed internazionale e ci sbatte in faccia, senza nessun riguardo o preavviso, un' œuvre d'art da sindrome di Stendhal.

Il coinvolgimento del pubblico durante lo spettacolo è inevitabile.

Nel bene e nel male, “Questo buio feroce” non lascia indifferenti né gli spettatori più giovani e inesperti né i veterani del teatro classico; è teatro vivo, che rende vivi.

Ancora una volta, ma sempre troppo poco spesso, l'eccezionale avanguardia italiana approda sui palcoscenici veneziani (ricordiamo il nostro amatissimo Teatro del Lemming, ciliegina sulla torta dell'ultima Biennale Teatro), e per questo dobbiamo ringraziare il Teatro Aurora che chiude in bellezza e “con bellezza” la Stagione di Teatro Contemporaneo 2008/2009.

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Mestre, giovedì 29 aprile 2009
Compagnia Pippo delBono