associazione culturale questa nave
 

infactory

di Matteo Latino e Fortunato Leccese

Teatro Aurora, Marghera, domenica 4 marzo ore 21

Regia Matteo Latino
Con Matteo Latino e Fortunato Leccese


Vincitore Premio Scenario 2011

 

di Ambra MURA

 

30/30

 

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è difficile cercare di descrivere uno spettacolo così complesso come quello di "Infactory". è difficile definirlo perché raccoglie insieme tanti elementi eterogenei e ancora di più ne richiama. Si può dire una metafora esistenziale raccontata attraverso un linguaggio fatto di elementi davvero contemporanei. Un linguaggio così forte, seppure discontinuo, a balzi, a random, che fa assumere alla rappresentazione un significato anche politico nell’irruenza con cui viene presentato.

Due vitelli, due ragazzi-vitello, e il loro flusso mentale alla soglia del mattatoio. Due condizioni esistenziali che si sovrappongono, si confondono, si mescolano.

I giovani inerti, statici, sognano una fuga come quei vitelli che nella stanza buia immaginano, sentono il profumo dei fiori di campo provenire da fuori, da quelle tre finestre che illuminano il buio. L’immaginazione, il desiderio di compiacere, la paura del futuro, gli stivali di gomma che segnano l’incedere del destino-uomo, del tempo, pronto a dare la morte. Le incomprensioni in famiglia, l’umana fragilità del padre e dei fratelli, il calore materno e rassicurante della mamma, della mammella. La ribellione. La difficoltà di inserirsi in un mondo che spinge a dover essere ciò che si fa ma che impedisce di fare. I giovani come corpi senza testa che eseguono i voleri di altri, dei genitori, della società. La condizione di un vitello-uomo che non può scappare dalla macelleria sociale.

La crudezza però si presenta anche in una dimensione di contrasti che mette in mostra l’indifferenza che si ha per gli animali-bestie da macello.

La messa in scena, per quanto la scenografia sia pressoché inesistente, è piuttosto complessa.

I ragazzi alternano momenti di danza, tipica del teatro contemporaneo, a monologhi intimisti, di metafore che sfociano nella surrealtà.

Lo sfondo scenico è nero ma Leccese e Latino riempiono questo vuoto usando una serie di scatole da cui tirano fuori le cose più disparate, i mondi del possibile. I due dimostrano di aver interiorizzato a pieno i linguaggi moderni, indossando magliette sempre diverse, con slogan che definiscono l’identità del momento, un forte richiamo al mondo della pubblicità.

In altri momenti invece i giovani attori ammiccano a quell’arte contemporanea che fa dell’esposizione del corpo, della carne una metafora universale della precarietà dell’esistenza.

C'è poi un momento in cui i due fingono di mostrare delle diapositive, all’interno però di questo spazio luminoso c’è solo la narrazione di recinti di cose e di idee, di finestre sul mondo che si affacciano su idee del mondo.  Così partendo dalla metafora di un animale che si esprime e valuta la vita come farebbe un bambino, gli attori colgono il nostro bisogno di mettere delle cornici ovunque, di diverse forme, per conoscere e per narrare.

Poco prima della chiusura si lascia nello spettacolo un altro richiamo alla contemporaneità, a metà strada fra l’espressione artistica e la ribellione. Non a caso questa volta indossano delle felpe su cui è scritto “be wrong”. Su un muro allestito durante lo spettacolo, fatto di cellophane, richiamano gli artisti di strada disegnando sulla plastica, con bombolette di vernice spray, forme di uomini-vitello.

In questo spettacolo, che a livello di composizione potrebbe sembrare quasi un accozzaglia, tutto si richiama reciprocamente. La plastica, la vernice, la musica progressive che accompagna lo spettacolo con quei rumori metallici e seriali, i ricorrenti stivali di gomma, richiamano la dimensione industriale del nostro tempo, la stessa dimensione dell’industria mortifera che è il mattatoio. Dimensione che si contrappone all’immaginario di natura libera dei vitelli.

Con un piede nella fabbrica e uno nel campo dell’arte delle installazioni luminose è l’uso di quelle poche luci bianche al neon, dalle forme rettangolari, puntate da vicino o lasciate distanti nella penombra.

La lingua usata dagli attori sembra quasi un flusso di coscienza. Si adatta bene a questo spettacolo dagli elementi eterogenei, uniti per associazione, che potrebbe quasi sembrare la trasposizione di un sogno. Quella parlata veloce, sboccata, che non ricerca nessuna perfezione metrica ma semmai delle associazioni di significato il più possibile sintetiche ed emotivamente cariche credo possa essere una espressione tipica dei giovanissimi poeti di oggi, dei poeti nati negli anni ’80, cresciuti col rap, i computer e la frenesia di vivere.

Si capisce bene da tutto ciò perché Fortunato Leccese e Matteo Latino abbiano meritato il Premio Scenario e perché il Teatro Aurora abbia deciso di invitarli sul palco.

questa nave presenta...

infactory

Mestre, dal 22 al 26 Febbraio 2012
di Matteo Latino e Fortunato Leccese

Regia Matteo Latino